di Paolo Paoletti
(foto Federico De Marco)
“Abbiamo bisogno di parole di vita eterna davanti al nostro fratello Emmanuele, non del suo cadavere, ma davanti a lui, che in virtù del battesimo è stato ed è tempio dello Spirito Santo. Avevo chiesto un pò di silenzio mercoledì scorso durante la veglia di preghiera, non sono stato ascoltato soprattutto dai media che forse per professionalità hanno altre norme ed altri criteri. Avevo chiesto silenzio consapevole della gravità del momento per la nostra comunità, adesso vi chiedo la fede“. Con queste parole l’arcivescovo di Fermo Luigi Conti ha aperto la sua omelia nella cerimonia per dare l’ultimo saluto ad Emmanuel. Cattedrale gremita. Navata sinistra riservata alle autorità con in prima fila la presidente della Camera Laura Boldrini, il ministro Maria Elena Boschi, il vice presidente del parlamento europeo David Sassoli, l’europarlamentare Cecile Kyenge, l’ambasciatore della Repubblica di Nigeria presso la Santa Sede. E ancora il prefetto di Fermo Mara Di Lullo, quello di Macerata Roberta Preziotti, il sindaco di Fermo Paolo Calcinaro con la sua giunta, il presidente del consiglio regionale Antonio Mastrovincenzo e quello del consiglio comunale di Fermo Lorena Massucci, l’assessore Fabrizio Cesetti, gli On. Paolo Petrini, Francesco Verducci, il questore di Ascoli Fermo Mario Della Cioppa e le altre autorità militari e civili. Nella navata destra i migranti ospiti del seminario arcivescovile, vestiti a lutto con i colori rosso e nero, e gli ospiti della comunità di Capodarco. Dietro i cittadini fermani che hanno voluto garantire la loro presenza.
Toccanti e forti le parole dell’arcivescovo Luigi Conti che, facendo rifermento dalla parabola dei briganti ha aggiunto: “Gesù qui non apre un’inchiesta, non apre un’inchiesta penale, quasi si disinteressa dei briganti. Sembra disinteressato a fare giustizia. Peraltro la giustizia umana è bene che faccia il corso ma attenzione, a ciascuno di noi Gesù chiede ‘fatti vicino’, ‘fatti prossimo a chi è nel dolore’ da una parte e dall’altra. Io sono davvero preoccupato, sono davvero nella tristezza profonda per la divisione di questa comunità. No, non possiamo permettercelo, non possiamo essere divisi, qualunque sarà in futuro l’esito del giudizio umano noi rischiamo di morire per la divisione, si rischia la morte per la divisione”
Mons. Conti ha poi difeso la città di Fermo da come è stata dipinta dai media nazionali: “Negli anni questa città si è dimostrata veramente ospitale. Lo riconoscono i nostri fratelli immigrati scappati dalle guerre, dalla fame, dalla persecuzione religiosa. Lo ha riconosciuto anche nostro fratello Emmanuel e la sua promessa sposa che è qui. Noi fermani siamo stati e siamo ospitali. Il dolore che accomuna tutti noi oggi chiede con forza e con urgenza un supplemento di vicinanza, di prossimità di fraternità di dialogo: va a anche tu fa lo stesso, avvicinati all’altro non stare lontano, perdona, perdona, perdona, perdona, perdona“.
Arcivescovo che ha aggiunto:”Mi da fastidio quando sento i media definirli disperati, ma dove? Ma quando? Semmai noi lo siamo con la nostra vita spesso inutile e insensata. Se loro sono qui è perchè nutrono la speranza e noi richiamo di uccidere questa speranza e non sia mai fatto. E’ la divisione che uccide non è questo o quel fratello della comunità è la divisione che uccide. Senza la fede, senza credere che il sangue di cristo ha il potere di riconciliarci, noi non ce la faremo”
Luigi Conti ha concluso:”Dio benedica questa nostra città, benedica la nostra nazione, benedica anche questa povera chiesa fermana che negli ultimi mesi ha tanto tanto sofferto per tante ragioni che voi conoscete, la nostra chiesa ha sofferto tanto, aiutateci, così sia“.
Nel corso della cerimonia momenti di apprensione per un malore di Chinyere (leggi l’articolo).
Conclusa la cerimonia funebre a prendere la parola sono stati i ragazzi migranti ospiti del seminario di Fermo: “Se sei bianco o sei nero è per volontà di Dio – hanno detto sia in lingua francese che in lingue inglese – non c’è differenza tra bianchi e neri, se vedi un fratello di colore in difficoltà tu fratello bianco lo puoi aiutare. E’ Dio che ci ha creati di colori differenti, ma tutti noi abbiamo lo stesso sangue“. Ragazzi che hanno aggiunto: “Se oggi Emmanuel è morto questo ci fa molto male ma noi crediamo che questa è la volontà di Dio. Emmanuel sarebbe potuto morire nel mar Mediterraneo, ma se Dio ha voluto che morisse qui in terra italiana dove si trovava da 7 mesi questa è la volontà di Dio. Nostro fratello è andato via, che la volontà di Dio sia fatta e che Dio vi benedica”. Discorso che è stato accolto con un applauso da parte di tutti i presenti. Migranti che poi si sono riuniti in cerchio attorno alla bara del loro amico, intonando canti e preghiere.
Altrettanto toccante è stato l’intervento dell’ambasciatrice nigeriana presso la Santa Sede e dei rappresentanti dell’etnia Ibo: “Siamo venuti dopo aver sentito il canto disperato di Chinyere durante la veglia fatto nella nostra lingua. La razza umana è solo una, ogni persona è la fantasia del creatore“. Sono stati poi intonati diversi canti tra qui quello gospel ‘When the Saints Go Marching In’ utilizzata spesso come marcia funebre.
E’ stato infine Don Vinicio Albanesi a dare il suo personale addio ad Emmanuel e rispondere alle polemiche degli ultimi giorni: “Qualcuno mi dice di abbassare il tono, io non lo abbasso perchè non ce l’ho con quel ragazzo, Amedeo è un ragazzo come tanti” (Leggi l’articolo).
Questa mattina, durante l’Angelus, Papa Francesco ha lanciato il messaggio “Alla fine saremo giudicati sulle opere di misericordia. Il Signore potrà dirci: ma tu, ti ricordi quella volta sulla strada da Gerusalemme a Gerico? Quell’uomo trovato mezzo morto ero io. Ti ricordi? Quel bambino affamato ero io. Ti ricordi? Quel migrante che tanti vogliono cacciare ero io. Quei nonni soli, abbandonati nelle case di riposo, ero io. Quell’ammalato solo in ospedale, che nessuno va a trovare, ero io”.
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