I vulcanelli di Monteleone di Fermo sono sei, si trovano lungo il percorso del fiume Ete e in questo momento vivono un periodo di attività. Un fenomeno naturale di cui ancora si sa poco. Una peculiarità del territorio che, con il progetto “Segni dell’Acqua”, è stata tutelata e valorizzata. In concomitanza con il terremoto, quelli già esistenti di Monteleone hanno eruttato argilla mentre uno nuovo è ‘nato’ in un campo a Santa Vittoria in Matenano (leggi l’articolo). Un fenomeno ancora oggetto di studi, soprattutto per quanto riguarda le sue eventuali relazioni con il sisma che ha colpito le Marche e l’Umbria negli ultimi giorni. A fare il punto sui vulcanelli è il sindaco di Monteleone Marco Fabiani, che spiega quelli che sono stati gli interventi messi a punto per quell’area. “I lavori – spiega il sindaco – hanno riguardato la delimitazione delle zone interessate dai fenomeni e la creazione di aree protette con all’interno dei percorsi per poter osservare da vicino e in sicurezza i vulcanelli. Per ora sono meta di gite didattiche, ma il Comune ha tutta l’intenzione di renderli destinazione di un turismo diffuso. Per questo motivo vi è un ostello della gioventù ed un centro di educazione ambientale dotato di un’aula didattica e di un piccolo laboratorio”.
Ad oggi c’è un vulcanello, sicuramente il più rappresentativo per la zona, quello di S. Maria in Paganico, in passato ha assunto dimensioni rilevanti ed una forma caratteristica; posizionato nel bel mezzo di un campo, appare, dalla strada che raggiunge la zona interessata, come una collinetta ormai ricoperta di vegetazione autoctona. “Il deflusso del fango, scaturito dall’attività sedimento-vulcanica, segue una via preferenziale – spiega Fabiani – colando verso il fiume lungo una fascia, seguendo la linea di massima pendenza che separa la strada dall’Ete Vivo, taglia il declivio e raggiunge l’Ete. Contemplato, sin dall’antichità, come misterioso ed affascinante evento naturale, ribattezzato con plurimi e curiosi appellativi in relazione alle leggende ed ai dialetti propri delle regioni che lo ospitano, il fenomeno del ‘vulcanismo sedimentario’ rappresenta, probabilmente, il capofila di una folta schiera di ricchezze naturalistico-paesaggistiche, proprie del nostro territorio, che male, e molto spesso affatto, vengono protette, valorizzate e ‘sfruttate’ in visione di un ampliamento delle conoscenze scientifiche, del territorio che ci ospita e della promozione turistica”.
Catalogabili principalmente secondo due tipologie fondamentali, i vulcanelli di fango possono rappresentare, rispettivamente, la manifestazione in superficie di processi minori postvulcanici, in zone in cui il vulcanismo è estinto addirittura da 30 milioni di anni, così come essere la diretta conseguenza della risalita di gas pressurizzati correlati a depositi di idrocarburi e petrolio o, nell’ambito della teoria della tettonica delle placche, a zone di subduzione tanto quanto alle dorsali di orogenesi. Per quel che riguarda il territorio italiano, le diverse manifestazioni del fenomeno risultano ricollegabili principalmente alla formazione, da depositi sotterranei di materiale organico, di gas naturale ed idrocarburi che, restando intrappolati in lenti impermeabili di argilla, possono raggiungere pressioni considerevoli fin quando, intercettate vie di fuga attraverso fratture o zone ad argilla non consolidata, trascinano con sé il silt degli strati profondi investendo, talora, riserve di acque fossili (a volte salso-bromoiodiche) e falde acquifere.
“Nei territori in cui queste formazioni naturali sono state protette e valorizzate – spiega il sindaco di Monteleone – la prima azione configuratasi come impellente è stata la designazione delle zone interessate come protette o sottoposte a tutela ambientale, così da salvaguardare le geoformazioni sia da dissacranti, distruttive, inutili, e talora pericolose per gli operatori, lavorazioni agricole, che da inappropriate regimazioni dell’acqua meteorica, con deturpazione del paesaggio e dilavamento verso l’asta fluviale del silt di risulta. In tendenza con la situazione riscontrabile sul versante centro-sud orientale italiano, dall’appennino tosco-emiliano fino alla Sicilia, le Marche presentano una condizione altrettanto ricca in relazione a questa particolare geo-attività“.
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