di Paolo Paoletti
Una mattinata in fila, numero in mano, in attesa di conoscere le comunicazioni in merito al loro destino. Oltre al danno la beffa. Nuclei familiari spaccati a metà, anziani (in alcuni casi invalidi) separati dal resto dei loro parenti per scelte fatte ‘sulla carta’. Non finisce qui. Persone che tutti i giorni si devono recare al lavoro a Pieve Torina che sono venute a conoscenza di essere state trasferite a Pedaso. Dopo la rabbia dei giorni scorsi, questa mattina tra le popolazioni terremotate dell’Holiday si respirava amarezza, delusione per l’operato delle istituzioni, senso di abbandono da parte del mondo della politica che nelle settimane successive al sisma si era presentato in massa a portare sostegno. Oggi i riflettori si sono spenti. Restano solo tanti problemi e domande a cui pochi sembrano voler dare risposte. Un via vai di gente che ha presto tutto, proveniente anche dalle strutture ricettive vicine, tutti increduli per quanto gli veniva comunicato.
Abbiamo incontrato uno di loro. “Una situazione caotica – ci racconta Giorgio Ortolani anche lui in attesa che il suo numero venga chiamato – lavorano su dati sbagliati. Non hanno neanche l’idea di cosa sia il mio nucleo familiare. Non ha nessuno senso. Una lista usata così. Non si tratta di conoscere la destinazione, il mio nucleo familiare controllabile benissimo al Comune è di cinque persone e sulla lista il mio nucleo si riduce a due persone, quegli altri tre non si sa dove vanno a finire. Anche con gente che hanno l’invalidità. Non c’è un criterio”.
Diego Camillozzi dell’associazione La Terra Trema Noi No invita tutti a fare squadra e non arrendersi. Si reca dai vari ospiti in attesa mostrando loro la lettera inviata dal presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli ai titolari delle strutture turistiche in cui viene fatto presente l’invito, dove possibile, ad evitare spostamenti di persone che oltre ad essere state colpite dalla tragedia del terremoto, stavano ricostruendo nuove relazioni sociali. E proprio queste persone, leggendo la lettera, restano spiazzate. Da una parte la parole di Ceriscioli dall’altra il foglio che li invita a recarsi nella nuova destinazione.
“I patti erano quelli – ci spiega Diego Camillozzi – non c’era l’obbligo di spostarsi. Invece dalla riunione di ieri sera le persone hanno appreso questo messaggio. Quando ti danno un foglio in cui ti dicono dove andare lo vedono proprio come un’esecuzione di sfratto”.
Camillozzi che invita tutti a non demordere e a lottare per i propri diritti: “Liste fatte anche male, hanno diviso nuclei della stessa famiglia, due da una parte e due da un’altra. Cose fatte davvero con i piedi. Anche nel mio caso, siamo in sette a dover andare via su una struttura che ha solo 5 stanze, figuriamoci, dove ci mettiamo tutti? Tutto questo viene recepito come una sfratto. Dopo le parole incoraggianti di giorni scorsi la situazione sembra essersi tranquillizzata ma finché non c’è una ordinanza concreta di non far trasferire le persone, la gente non sa cosa fare. Nella struttura della zona eravamo 500 e siamo scesi a 400. Stiamo diminuendo non per volontà ma perchè questo è un obbligo”.
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