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Antibiotico resistenza e sicurezza alimentare: un problema crescente per la salute pubblica

 

L’antibiotico resistenza, ovvero la ridotta efficacia degli antimicrobici nel trattare infezioni batteriche, è stata descritta dalla World Health Organization (WHO) come una delle più grandi minacce alla salute pubblica, allo sviluppo e alla sicurezza alimentare. Il dott. Luca Sacchini, medico veterinario specializzato in ‘Igiene ed Ispezione degli alimenti’, fa chiarezza su questo importante argomento.

 

Che cos’è esattamente l’antibiotico resistenza?

E’ la capacità dei batteri di resistere ed adattarsi ad un ambiente ostile. Ciò porta, con il tempo, ad una minore efficacia o ad una completa inefficienza dei trattamenti farmacologici: un numero sempre crescente di agenti eziologici, inclusi quelli di salmonellosi, tubercolosi e polmonite stanno mostrando una crescente refrattarietà all’azione dei farmaci e pertanto diventano sempre più difficili da trattare. L’antibiotico resistenza in medicina umana è sia un problema a sé stante sia strettamente correlato a ciò che accade negli allevamenti intensivi poiché i farmaci vengono assunti dalla persona anche attraverso l’ingestione di cibo. Inoltre, è stato stimato che fino al 90% degli antibiotici consumati dagli animali sono escreti nell’ambiente circostante e nelle acque di scolo. Nel 2016, l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha riconosciuto l’uso degli antibiotici nel settore allevamenti come una delle cause primarie di antibiotico resistenza.

 

Proviamo a indagarne le cause. Qual è l’uso globale di antibiotici negli allevamenti?

L’uso di antibiotici negli allevamenti eccede di gran lunga quello negli umani: anche se i dati di cui si dispone sul loro uso in alcuni paesi è poco documentato, si è stimato che il consumo globale veterinario di antibiotici nel 2013 si aggirava intorno alle 131.000 tonnellate. Come gli esseri umani, gli animali sono suscettibili alle infezioni batteriche e quindi questi farmaci sono usati per trattare gli infetti. Tuttavia, ad oggi il loro uso va ben al di là di questo. Per i proprietari di allevamenti intensivi, che hanno a che fare con un’enorme popolazione di animali (e di conseguenza con una maggior probabilità di diffusione batterica) la salute del loro allevamento è essenziale. Ciò ha condotto ad un uso degli antibiotici come misura preventiva piuttosto che come trattamento di infezioni esistenti. Oltre a ciò in alcuni paesi (pratica vietata nell’Unione Europea) essi vengono addizionati ai mangimi per incrementare la produttività e le rese in carne. Oggi, il consumo medio globale di carne continua a crescere e le nazioni in via di sviluppo si stanno orientando verso metodi di allevamento sempre più intensivi: è previsto un uso globale di antibiotici veterinari di oltre 200.000 tonnellate nel 2030 . Questo enorme incremento rappresenta una minaccia significativa all’efficacia di detti medicinali. Per fare un esempio concreto, negli allevamenti extra europei di gamberetti l’aumento della domanda conduce ad incrementare la tecnologia, la produzione e i profitti. La produzione può essere ridotta in caso di malattia causata da batteri. Quindi devono essere usate grandi quantità di antibiotici per limitare queste malattie, rifornire in quantità sovrabbondante le vasche per l’acquacoltura e stimolare i tassi di crescita dei gamberetti. Tutto questo può selezionare resistenze a vari antibiotici. Anche qui sarebbe necessario uno stretto controllo di rispetto delle norme perché residui di antibiotici (es. chinoloni) sono già stati trovati nei tessuti dei gamberetti e risultano presenti anche se limitati E.coli resistenti ai chinoloni. Le Nazioni Unite hanno pertanto emanato delle linee guida sul loro uso negli allevamenti e raccomandato ai diversi paesi di ridurne l’utilizzo.
 

Come si riduce l’uso degli antibiotici negli allevamenti ?

Le norme che regolamentano l’uso degli antibiotici si sono dimostrate molto efficaci in diversi paesi Europei ed annualmente vengono raccolti dati che possono testimoniarlo. Da queste informazioni possiamo evincere come l’uso di questi farmaci nei paesi scandinavi (Svezia, Norvegia, Finlandia e Danimarca) è fino a 100 volte inferiore a quello di altri paesi Europei come Spagna, Cipro e Italia. Negli anni 90 e primi 2000 le nazioni scandinave eliminarono gradualmente l’uso degli antibiotici come promotori della crescita: ciò ha portato di conseguenza ad un significativo declino anche nel loro uso terapeutico. Questi paesi mantengono livelli molto bassi di uso di antibiotici sia tramite delle buone pratiche di allevamento (che riducono quindi la necessità di trattamenti), sia tramite norme restrittive. Nel 2006 L’Unione Europea ha bandito l’uso degli antibiotici per scopi non medicinali, azione che ha avuto successo variabile: Germania, Francia e Regno Unito più degli altri paesi hanno visto un decremento significativo grazie a stringenti azioni di monitoraggio e obblighi di segnalazione. Il Regno Unito si era posto l’obiettivo di ridurre il tasso di utilizzo sotto ai 50 mg/Kg di carne per il 2018 e lo ha raggiunto con 2 anni di anticipo. Affrontare la minaccia dell’antibiotico resistenza richiederà che questi sforzi siano estesi a tutto il mondo. Diversi studiosi hanno ipotizzato potenziali scenari di riduzione per l’anno 2030 ed il meccanismo chiave di ciò è stato settare il limite a 50 mg/Kg di carne prodotta.

 

Cosa possiamo fare per limitarne l’impatto?

L’Istituto Superiore di Sanità (Ar-Iss) coordinato dal dipartimento Malattie infettive dell’I.S.S. raccoglie i dati della sorveglianza dell’antibiotico-resistenza, essi indicano che in Italia la resistenza agli antibiotici, per le specie batteriche sotto controllo, si mantiene tra le più elevate in Europa. E’ necessario che i veterinari aziendali e pubblici controllino e agiscano sia attraverso la farmacosorveglianza che attraverso la farmacovigilanza. L’attività di farmacosorveglianza è finalizzata alla tutela della salute dei consumatori di alimenti di origine animale e si attua con il controllo sull’utilizzo del farmaco veterinario. Tale controllo è eseguito a livello di produzione (industrie farmaceutiche veterinarie), di commercializzazione (farmacie e depositi all’ingrosso di medicinali veterinari) e di utilizzo (allevamenti, ambulatori e cliniche veterinarie, canili e gattili, allevamenti di animali non destinati alla produzione di alimenti per l’uomo, medici veterinari liberi professionisti). La farmacovigilanza valuta invece l’efficacia e la sicurezza di un farmaco dopo l’immissione in commercio attraverso la raccolta di informazioni sulle reazioni avverse che si evidenziano nel corso dell’uso di medicinali veterinari e nell’uso improprio o abuso degli stessi.
I distributori di medicinali sono sottoposti a controllo per valutare i requisiti igienico strutturali delle strutture, la gestione e la rintracciabilità del farmaco veterinario:
– corrispondenza tra entrate e uscite;
– presenza di ricette;
– compilazione dei registri di carico e scarico;
– presenza della documentazione commerciale di entrata e di uscita;
– corretta gestione dei prodotti scaduti;
– corretto mantenimento del freddo nel caso di vaccini o altri medicinali da conservarsi in    frigorifero.

I sopralluoghi negli allevamenti di animali destinati alla produzione di alimenti per l’uomo, sono effettuati per poter sottoporre a controllo le ricette, per verificare la correttezza delle informazioni riportate nel registro dei trattamenti, per valutare l’identificazione degli animali trattati, la presenza di flaconi di medicinali o altre sostanze, il rispetto dei tempi di sospensione e la corretta conservazione dei medicinali veterinari residui in seguito a trattamento.
Fondamentale in questo settore è inoltre il controllo effettuato mediante campionamenti a livello di macello o di allevamento, che permette di individuare la presenza di residui di medicinali o altri prodotti vietati, garantendo la salubrità dei prodotti di origine animale che giungono al consumatore. Mentre i controlli negli allevamenti di animali non destinati alla produzione di alimenti per l’uomo, nei canili, gattili, ambulatori e cliniche veterinarie e presso i medici veterinari liberi professionisti autorizzati alla detenzione di scorte personali sono effettuati con la finalità di rilevare eventuali irregolarità relative a prescrizioni di farmaci per animali da compagnia, utilizzati illegalmente e senza controllo in animali produttori di alimenti.

 

Il dott. Luca Sacchini, medico veterinario specializzato in ‘Igiene ed Ispezione degli alimenti’ riceve per appuntamento al n. 328 8487029

 

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