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Lettera di un ragazzo autistico al mondo

Giuseppe Fedeli

Caro mondo,

non ho bisogno di dirti il mio nome, io rappresento tutti i figli di un dio “minore”, fratelli in questa avventura burrascosa, esaltante come una scalata, dolorosa come una Via Crucis. Io ti ho accolto, mondo, come un giorno tu, Natura, al mondo mi désti. Il primo esasperato pianto ha decretato il mio statuto di uomo, uguale agli altri mille miliardi di esseri sulla terra, soli in questa solitudine astrale. Amo la vita, anche se all’inizio facevo fatica ad accettarla, tanto era disseminata di ostacoli, che talvolta mi toglievano il fiato, tal altra mi facevano salire le lacrime agli occhi, che poi scendevano giù in un pianto fluviale. Ho visto i tuoi colori, ho annusato i tuoi odori, ho toccato le tue forme, ho gustato le tue delizie, e le primizie di una stagione, il cui volo ebbro si perde nell’orizzonte infinito. Ma ho tribolato a far capire che anch’io ci sono, e ho il diritto di esserci e di essere considerato nella mia dignità di uomo e figlio del comune Padre Celeste. Non crediate, signori benpensanti, che il mio non esprimermi a parole sia spia di un deficit intellettivo. Sì, me ne rendo conto, è una disabilità, che troppe volte mi fa star male perché non riesco a farmi capire e a comunicare i miei bisogni, e allora devo usare altri mezzi per dire che esisto anch’io, per Giove!… ma io “sento” le cose prima ancora che esse si presentino al mio cospetto. Sento chi mi è vicino, se lui ha intenzioni buone o cattive, respiro profumi inenarrabili, sottovento e sottotraccia. Vedo i tramonti accesi da bagliori fosforescenti, e aurore tracciate da dita di angeli, pimentate dei colori dell’iride. Io non parlo, ma ti scruto, mondo, da tutte le angolazioni, e i miei occhi penetrano quella cortina di indifferenza e di stolido, nauseante perbenismo che voi, signori benpensanti, esibite quando le mie traiettorie s’intrecciano, mio malgrado, con le vostre. E non fate finta, quando v’imbattete nella mia persona, che vi è entrato un sassolino nella scarpa, ché ben altri sarebbero i sassolini che dovreste togliervi!… Il mio papà, fiero di me, ormai non ci fa più caso, vi guarda con malcelata compassione. Perché i veri malati siete voi, ipocriti col vestito della festa, che discriminate sulla base di assiomi e di dogmi per anime belle. Il mio respiro si confonde ai palpiti della natura, le corse a perdifiato mi danno la misura del mio essere, il trasalimento improvviso di un’ala mi trapassa il costato, cospargendolo di un dolce balsamo. Posso dire tutto di voi. Solo che non so “dirlo”. Un giorno forse lo scriverò, se ne avrò voglia. Ma perché sprecare inchiostro per chi vuol esser sordo? Stamattina mi ha accudito il mio papà,  perché la mamma era a scuola. Mi sono lasciato coccolare e vestire, anche se sono ormai un ragazzo fatto, tra l’altro di presenza (lo giudico da come mi guardano le ragazze, che però mi scansano, quasi fossi portatore di un virus letale…), ho ubbidito alla lettera a quanto mi ha detto di fare. Ho eseguito le semplici consegne, e via al centro, dove ci sono persone buone e comprensive!…Stasera sarà la volta della mamma: il mio Angelo Custode, che ha dato tanta della sua bellezza e delle sue energie per “salvarmi” da quest’orbe di idioti omologati e invertebrati. Appariscenti e apparenti, con dentro un abisso di vuoto. Spero non vi dispiaccia, signori miei, se ci sono anch’io, e se talvolta metto a soqquadro il mondo, che si ostina a non volermi (capire). Ma il mondo ha bisogno di estri, di fantasia, di “diversità”…. quel mondo che sento profondamente mio, ma che spesso sfugge al mio tatto, si mostra impermeabile ai miei perché, alla mie vaghezze. É quando esso incomincia a vorticare intorno a me, come una giostra impazzita…allora mi rifugio nel mio “mondo”, popolato di elfi e chimere. Agli abitanti del pianeta vorrei dire: non ci buttate via, siamo una risorsa, siamo vita, sorriso e pianto, costanza e mutamento. Come d’altronde lo siete tutti voi, solo che non vi stimate abbastanza, e ve ne restate chiusi nel vostro bozzolo, specchiandovi sulle vostre miserie. Perché vi costa fatica specchiarvi nell’anima di chi, della vostra, sa esplorare ogni piega, mettendo a nudo paure e fantasmi, che vi illudete di tenere a bada, soffocandoli nel rumore e con un’abulica, studiata indifferenza. Viceversa, nessuno potrà mai conoscere i tragitti della mia anima, e del mio pensiero. Perché il mio mistero è chiuso in me, nei miei occhi”.

 

(non) firmato

Giuseppe Fedeli

 

PS Mi sono perduto -padre- per ritrovarmi -figlio-


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