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«L’11 settembre, 23 anni dopo: la metamorfosi del panorama globale»

L'ANALISI del professor Maurizio Petrocchi: «La guerra in Ucraina del febbraio 2022 ha riportato il conflitto convenzionale su larga scala nel cuore dell'Europa. Questa crisi non solo ha riacceso tensioni reminiscenti della Guerra Fredda tra Russia e Occidente, ma ha anche messo in luce la fragilità dell'architettura di sicurezza europea e l'importanza persistente della deterrenza militare. Parallelamente, il conflitto in corso tra Israele e Hamas ha riportato l'attenzione sul perenne problema mediorientale»

di Maurizio Petrocchi *

Ventitré anni dopo: l’11 settembre e le metamorfosi del panorama globale

L’11 settembre 2001 rimane scolpito nella memoria collettiva come uno spartiacque della storia contemporanea. Dopo 23 anni è doveroso riflettere non solo sul significato di quell’evento, ma anche sul suo lascito duraturo e sulle sfide multiformi che il mondo sta affrontando. L’attentato alle Torri Gemelle segnò l’inizio di un’era caratterizzata dalla “Guerra al Terrorismo”. Questa campagna globale, guidata dagli Stati Uniti, ha portato a interventi militari in Afghanistan e Iraq, ad un rafforzamento delle misure di sicurezza in tutto il mondo occidentale e alla revisione radicale delle relazioni internazionali. Ma a che punto siamo oggi nella lotta al terrorismo e quali nuove sfide globali ci troviamo ad affrontare? Il bilancio è complesso e poliedrico. Se da un lato non c’è stato un attacco della portata dell’11 settembre sul suolo occidentale, dall’altro la minaccia terroristica si è evoluta in modo significativo. Dal terrorismo globale siamo passati a quello “della porta accanto”, con esponenti delle seconde e terze generazioni di migranti pronti a unirsi a gruppi estremisti, o individui solitari radicalizzati sui social network.

Questa metamorfosi ha posto nuove sfide agli apparati di sicurezza, richiedendo strategie e strumenti normativi innovativi, talvolta a scapito delle libertà individuali. La minaccia del terrorismo jihadista, sebbene ridimensionata, non è scomparsa, si è piuttosto evoluta, adattandosi alle nuove tecnologie. Abbiamo assistito all’emergere di nuove forme di estremismo violento, incluso il terrorismo di matrice suprematista bianca, che rappresenta una sfida crescente in molti paesi occidentali. L’evoluzione tecnologica ha aperto nuovi scenari nel modo di condurre la guerra. L’uso di droni e i cosiddetti “targeted killings” hanno trasformato il concetto stesso di conflitto, inoltre non possiamo ignorare il contesto geopolitico attuale, profondamente diverso da quello del 2001. Oggi, il mondo si trova ad affrontare sfide che vanno ben oltre la lotta al terrorismo e che mettono in discussione l’ordine internazionale post-Guerra Fredda. Negli ultimi 20 anni gli Stati Uniti hanno perso la leadership dell’economia mondiale a favore della Cina. L’American Dream si è progressivamente eroso: un migrante ha il doppio di possibilità di essere espulso rispetto al 2001, mentre il livello di disuguaglianza economica della società americana è il più alto tra i paesi del G7. Il panorama geopolitico si è ulteriormente complicato a causa di nuovi conflitti e tensioni. La guerra in Ucraina del febbraio 2022 ha riportato il conflitto convenzionale su larga scala nel cuore dell’Europa. Questa crisi non solo ha riacceso tensioni reminiscenti della Guerra Fredda tra Russia e Occidente, ma ha anche messo in luce la fragilità dell’architettura di sicurezza europea e l’importanza persistente della deterrenza militare. Parallelamente, il conflitto in corso tra Israele e Hamas ha riportato l’attenzione sul perenne problema mediorientale. Questo conflitto, oltre a causare immense sofferenze umane, rischia di destabilizzare ulteriormente una regione già volatile e di complicare le relazioni internazionali, in particolare tra il mondo occidentale e quello arabo-musulmano.

Questi due conflitti, pur essendo profondamente diversi nelle loro origini e dinamiche, condividono alcune caratteristiche significative con l’era post-11 settembre: la polarizzazione dell’opinione pubblica, la sfida alle norme internazionali e il potenziale di escalation regionale o globale. La regione Mena (Medio Oriente e Nord Africa) è stata sconvolta dalla reazione americana all’11 settembre. Il mondo arabo si è dovuto adattare alla “war on terror” americana, con conseguenze che vanno dalle reazioni di giubilo in Palestina alla riconfigurazione della relazione con l’Arabia Saudita, dall’utilizzo delle basi nel Golfo per intervenire contro il regime di Saddam Hussein alle ambivalenze pakistane. Oggi, di fronte al disimpegno militare americano, la regione si trova ad affrontare nuove sfide e scenari inediti, con implicazioni dirette anche per l’Italia e l’Europa. La reazione americana all’11 settembre ha scatenato un’ondata di antiamericanismo in tutto il mondo. È cruciale riconoscere che le sfide alla sicurezza globale sono diventate più complesse e multidimensionali, non si tratta più solo di combattere gruppi terroristici non statali, ma di gestire tensioni tra potenze nucleari, affrontare minacce ibride che combinano tattiche convenzionali e non convenzionali, e contrastare la disinformazione che può destabilizzare le società dall’interno.

La lezione forse più importante che possiamo trarre dall’11 settembre e dagli eventi successivi è la necessità di un approccio più sfumato e comprensivo alla sicurezza globale. La forza militare, sebbene a volte necessaria, non può essere l’unica risposta. È fondamentale investire nella diplomazia, nello sviluppo economico, nell’educazione e nel dialogo interculturale per affrontare le cause profonde dei conflitti e dell’estremismo. Mentre stiamo ricordando l’11 settembre, dobbiamo tenere a mente l’importanza di preservare i valori democratici e i diritti umani anche di fronte a minacce alla sicurezza. La storia ci insegna che sacrificare questi principi in nome della sicurezza spesso porta a risultati controproducenti a lungo termine. Ad oggi la lotta al terrorismo rimane fondamentale, ma è ora parte di un panorama di sicurezza più ampio e labirintico.

* * docente di storia del giornalismo e media digitali all’università di Macerata, storico ed esperto in conflitti, violenza, politica e terrorismo


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