“Ti basta la mia grazia”: così è nato il nuovo stemma episcopale di Mons. Pennacchio

FERMO - Ecco il nuovo stemma dell'Arcivescovo di Fermo. Colori e forma sono una variazione dello stemma dell’Azione Cattolica Italiana, alla cui scuola Mons. Pennacchio si è formato

di Paolo Paoletti

Nel giorno dell’ordinazione episcopale del nuovo Arcivescovo di Fermo è stato reso noto anche il nuovo stemma episcopale di Mons. Rocco Pennacchio. Colori, forma, stemma, tutto è stato studiato in ogni singolo dettaglio e tutto ha un significato relativo all’esperienza di pastore di Mons. Pennacchio, del legame alla sua terra e del suo percorso di fede.

Per lo stemma di Mons. Rocco Pennacchio, eletto alla sede metropolitana di Fermo, è stato scelto uno scudo sannitico semplificato. Nel campo, tripartito secondo lo schema dell’incappato, ma rivoltato in calza, trovano posto alcuni elementi simbolici riferiti all’esperienza personale, vocazionale e ministeriale del vescovo.

Nel campo principale campeggia una grande croce raggiata, a significare la centralità del sacrificio di Cristo nella storia della salvezza e, quindi, dell’annuncio del Vangelo, compito precipuo del vescovo: “Anch’io, o fratelli, quando sono venuto tra voi, non mi sono presentato ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso” (1Cor 2, 1-2). Infatti, il Vangelo, poggiato come giogo sulle spalle del
vescovo durante il rito della ordinazione episcopale, indica la preminenza dell’annuncio della Parola nel ministero del vescovo.

Colori e forma sono – con ogni evidenza – mutuati dallo stemma dell’Azione Cattolica Italiana, alla cui scuola Mons. Pennacchio si è formato e per la quale ha speso parte del suo ministero presbiterale. Nella destra è collocata la sinopia stilizzata del rosone della Cattedrale di Matera, reso con il colore chiaro della pietra con cui furono edificati i luoghi dove si svolgeva la vita di uomini e donne che abitavano le terre murgiane, segnate dalla  esperienza della civiltà rupestre. S’intende così rappresentare il legame con la diocesi di origine, nella quale la vocazione del vescovo è stata vagliata e confermata con il conferimento dell’ordine sacro a servizio della chiesa. L’immagine del rosone poggia su una campitura di colore rosso bruno, alludendo alla devozione mariana verso la Beata Vergine Maria, patrona della città e della diocesi e invocata con il titolo di Madonna della Bruna.

Nella sinistra i simboli del pecten e del bordone rimandano alla figura di S. Rocco, santo eponimo del novello vescovo. San Rocco è patrono della gran parte dei comuni lucani, nonché di Grottole, paese di origine della famiglia del vescovo. I simboli agiografici tipici del santo pellegrino sono così trasposti in bianco riferito all’argento con cui sono realizzati i doni votivi con i quali si adorna l’immagine del santo nel giorno festivo – colore che rappresenta lo splendore della testimonianza e dell’esempio dei santi la cui intercessione accompagna e sostiene la Chiesa in cammino. Il verde del campo evoca la campagna, ad indicare il legame con la terra della famiglia d’origine.

Gli ornamenti esteriori sono quelli propri della dignità di arcivescovo; dallo scudo, accollato alla croce arcivescovile, pende l’insegna della dignità metropolitica. Infine, nella striscia si legge il motto attinto dall’epistolario paolino (2Cor 12, 9): “Ti basta la mia grazia”, ad indicare la centralità dell’opera di Dio nel mistero episcopale, la cui efficacia non si fonda sulle forze e doti umane della persona, ma nella potenza divina. Il riferimento a San Paolo Apostolo esprime anche l’importanza che la sua figura ha rivestito nella formazione e nella vita presbiterale del vescovo.

 


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