di Silvia Remoli
Si è concluso nel pomeriggio domenicale il week-end in cui protagonista assoluto del teatro dell’Aquila è stato l’attore partenopeo nella sua appassionante interpretazione del più inquieto pittore olandese.
Il colpo d’occhio è totalmente votato al bianco, così freddo, così spoglio, così effettivamente “assordante”, ma ci ha pensato Alessandro Preziosi a metterci i colori: presenza scenica, movimenti corporei a scatti, rabbia, repentini cambi di tono di voce e dei ritmi del parlato.
Scenografia essenziale (in cui si intravede sullo sfondo, in un candido e delicato rilievo, il famoso dipinto “Campo di grano con volo di corvi”), perché in realtà non serviva altro che un algido contenitore di sei impareggiabili attori. Accanto a Preziosi, infatti, hanno riempito il palco anche Massimo Nicolini (negli eleganti abiti del premuroso fratello Theo), Roberto Manzi (nel camice, spudoratamente bianco, dell’insopportabile dottor Vernon-Lazàre), Francesco Biscione (l’intelligente Dottor Peyron), Alessio Genchi e Vincenzo Rampa (i due antipatici, codardi e ‘lecchìni’ infermieri Gustave e Roland, una sorta di ‘il gatto e la volpe’ tra le corsìe).
Tanti, i meriti del regista Alessandro Maggi e degli interpreti, riconosciuti dall’intero pubblico: un lessico rapido e moderno, a tratti squisitamente ironico e tagliente, abbinato a costumi dell’epoca, connubio ben riuscito grazie al profondo studio ed adattamento del testo di drammaturgia contemporanea di Stefano Massini “Vincent Van Gogh – L’odore assordante del bianco”; le luci, modulate assecondando perfettamente l’atmosfera della scena in corso; i suoni in sottofondo che hanno accompagnato senza stonature le angosce del protagonista. Tutto perfettamente amalgamato per far sì che fosse impossibile staccare lo sguardo da Vincent Van Gogh e vivere insieme a lui tutte le turbe psichiche, le paure, la confusione tra fantasia e realtà, la lucida follia e la delirante solitudine. Si soffre con il protagonista che invoca i colori e si dispera per il bianco che lo ingabbia: “I colori ti entrano dagli occhi e ti escono dalla punta dal pennello”. Allo spettatore viene quasi la voglia di aiutare l’inquieto pittore per salvarlo e portarlo via dal ricovero per disturbi mentali in cui fu rinchiuso a 36 anni.
Un finale, che il pubblico avrebbe voluto non arrivasse mai, e la riapertura dei sipario di velluto rosso sulle note di “Dream on” dei Depeche Mode: un sogno, appunto, da cui ci è risvegliati troppo presto.
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Bellissimo! !! Lui arriva dritto al cuore!!!!