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Terapia del dolore,
attenzione massima a chi soffre:
“Diritto sancito dalla legge”

SANITÀ - Intervista alla dottoressa Sonia Scriboni, medico anestesista rianimatore dell'Ospedale “Murri”, sui meccanismi di accesso e sulle attività degli ambulatori dislocati a Fermo ed Amandola

di Andrea Braconi

foto e video di Simone Corazza

Di pazienti le dottoresse Sonia Scriboni, Linda Ameli e Gloria Mancini ne incontrano circa 5.000 all’anno. È questa, infatti, la cifra che contraddistingue l’attività degli ambulatori di terapia del dolore dislocati nell’Area Vasta IV tra Fermo ed Amandola.

“La medicina del dolore è una branca relativamente giovane – spiega la Scriboni – che tratta il dolore non più come sintomo ma come malattia. In Italia esiste da tempo una legge, la 38 del 2010, che sancisce il diritto per ogni cittadino italiano di accedere a questa terapia e alle cure palliative”.

Dall’approvazione di quella norma, anche nel territorio regionale di passi avanti ne sono stati registrati diversi. “Nel 2015 c’è stata la costituzione di una rete clinica della regione Marche di terapia del dolore, con gli ambulatori di Fermo ed Amandola che ne fanno parte. La rete opera affrontando il dolore in una forma piramidale per complessità. Il primo approccio diagnostico e terapeutico al paziente che soffre viene dato dal medico di famiglia che poi invierà i pazienti, selezionandoli, all’ambulatorio della terapia del dolore. Qui avviene la seconda selezione secondo dei percorsi condivisi: quei pazienti che hanno necessità di terapie più invasive avranno come centro di riferimento Macerata”.

Ambulatori che, va detto, sono collocati in tutto il territorio nazionale ma che, a tutt’oggi, – come evidenziato anche da una costante attività di monitoraggio – sono sconosciuti ancora da 2 cittadini su 3. “Nell’Area Vasta 4 abbiamo un buon rapporto con i medici di Medicina Generale, consolidatosi negli anni. E crediamo molto nella comunicazione, soprattutto grazie al nostro primario di Anestesia e Rianimazione, dottoressa Luisanna Cola, che ci dà un grande input a crescere in questo senso”.

Ma come si accede agli ambulatori?  “A quello di Fermo, che opera per 5 giorni a settimana e a quello di Amandola, che opera per 12 ore settimanali, si accede con una semplice impegnativa fatta dal medico di Medicina Generale per visita di terapia del dolore, che poi andrà programmata al Cup, salvo quei casi di visita urgente”.

E proprio sull’ambulatorio di Amandola, la responsabile evidenzia come questo sia stato mantenuto nonostante le difficoltà che attualmente persistono in una città duramente colpita dal terremoto. “È un segnale importante: è stato mantenuto il servizio anche grazie al desiderio del nostro primario”.

Un’attività articolata, quella dell’equipe, dove risulta fondamentalmente la diagnosi di quel dolore complesso, cronico, “i cui meccanismi patogenetici – rimarca la Scriboni – non sono stati evidenziati con il primo approccio ambulatoriale dal proprio medico di famiglia”. “È un’attività che facciamo visitando il paziente – prosegue – ma poi ci avvaliamo anche di esami ematici, di esami strumentali di secondo livello, neuroradiologici ma anche di altre consulenze specialistiche intraospedaliere”.

Un aspetto che la Scriboni tiene a sottolineare è come la medicina del dolore sia un approccio al dolore di tipo multidisciplinare e polispecialistico: “Un’attività di supporto farmacologico, nella quale utilizziamo varie tipologie di farmaci non solo in base all’intensità del dolore”.

Tantissime le patologie che vengono trattate:“Dalle forme di nevralgia del trigemino a quelle post erpetiche, tutti i dolori della colonna vertebrale, compresi quelli della colonna che residuano dopo interventi chirurgici; poi disfunzioni dell’articolazione sacroeliaca, le patologie dolorose delle grandi articolazioni su base degenerativa artrosica, le patologie dolorose che si affiancano a malattie neurologiche e a malattie di tipo remautologico”.

Ultimo tassello da incastonare è il rapporto con le persone che si rivolgono al servizio.  “Il mercoledì mattina andiamo a casa del paziente. Ci teniamo tanto perché se sono  così importanti i bisogni del paziente che viene in laboratorio, sappiamo che lo sono molto di più i bisogni del paziente che sta a casa, che viene dimesso dall’ospedale, che è affetto da una patologia dolorosa di tipo cronico, spesso di tipo tumorale. Così, dietro semplice segnalazione del medico curante, siamo noi che andiamo a domicilio e prospettiamo un piano terapeutico, concordando gli eventuali accessi successivi per la valutazione dei risultati”.

Molto elevata, quindi, risulta l’incidenza della componente umana. “Si parla tanto di leggi; il diritto alla lotta al dolore è un diritto sancito per legge, con una sua forza interiore. Cosa afferma? La centralità del paziente che soffre e della famiglia che lo sostiene; ribadisce che è un nostro dovere lottare contro questo dolore per dare alle due figure, paziente e famiglia, il sollievo, restituendo  loro la dignità. A chi soffre dico di considerare che nell’ambito di tutto il territorio nazionale c’è questa nuova figura specialistica: l’algologo, che vuole credere sempre al paziente che soffre e vuole soprattutto collaborare con tutti coloro che ne condividono gli stessi obiettivi”.


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