Il film apparentemente si presenta come un thriller sugli intrighi e sulla corruzione che circondano il programma “Oil for Food” di Saddam Hussein sponsorizzato dalle Nazioni Unite, ma l’aspetto più eccitante è dato dalle interazioni tra i co-protagonisti Theo James e Ben Kingsley, molto dettagliate e astute, studiate dal regista Per Fly. James è un vortice di energia, Kingsley è più dinamico, il duo è riuscito davvero bene ad entrare nella parte.
Basato sul memoriale di Michael Soussan, il vero funzionario delle Nazioni Unite che denunciò la truffa, la pellicola è ambientata nel 2003 e ruota attorno al suo omologo immaginario Michael Sullivan (James), investment banker di 24 anni che butta via la sua carriera finanziaria per seguire i passi del defunto padre come diplomatico. Così Michael ottiene un lavoro all’ONU, dove inizia a lavorare per lo spumeggiante diplomatico cipriota Pasha (Kingsley), non così dedito all’onestà e all’idealismo, che esprime la sua visione con l’emblematica frase: “La prima regola della diplomazia, ragazzo, è che la verità non è un dato di fatto, ma una questione di consenso”.
Pasha è responsabile del programma progettato per fornire aiuti umanitari al popolo iracheno, finanziato con i proventi delle vendite petrolifere dell’Iraq. Non ci vuole molto per il giovane Michael, a rendersi conto che il programma è pieno di corruzione. Ulteriori particolari che si aggiungono all’intrigo sono il fatto che il suo predecessore nel lavoro è morto in circostanze misteriose e il tentativo di reclutare Michael da parte di un agente della CIA (Aidan Devine) alla ricerca di informazioni.
Michael si dirige in Iraq, dove incontra Nashim (Belcim Bilgin), una bellissima traduttrice che mantiene segreta la sua identità e parla di Saddam Hussein come “L’angelo della morte”. I due finiranno inevitabilmente in una storia d’amore che alimenterà sempre più il desiderio di Michael di arrivare alla verità.
Caratterizzato da molteplici narrazioni fuori dal personaggio di Michael che rallentano un po’ lo svolgimento dell’intreccio e lo rendono a tratti stile “documentario”, il film è comunque avvincente e interessante, sia per le sceneggiature che per gli eventi narrati.
di Eraldo Di Stefano
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