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Omicidio di Maria Biancucci:
c’è un arresto,
decisive le tracce di dna

MONTEGIORGIO - A incastrare l'uomo, originario di Fermo ma ormai stabilizzato a Porto Sant'Elpidio, sono state le tracce del dna trovate dai Ris sotto le unghie della vittima e sul nastro usato per immobilizzarla

Maria Biancucci

di Giorgio Fedeli

Clamorosa svolta nelle indagini sull’omicidio di Maria Biancucci, la 79enne di Alteta di Montegiorgio uccisa la notte dell’11 marzo scorso (leggi l’articolo): c’è infatti un arresto.  Una complessa attività di indagine durata oltre quattro mesi. Si tratta di un uomo L.D., quarantanovenne originario di Fermo, senza fissa dimora, frequentava soprattutto  Porto Sant’Elpidio, nulla facente, con precedenti per reati contro il patrimonio e droga. L’uomo nei giorni scorsi è stato sottoposto a fermo preventivo convalidato dal gip di Fermo che ne ha disposto la custodia cautelare in carcere.

A incastrare l’uomo sarebbero state delle tracce di dna trovate dai carabinieri del Ris sotto le unghie della vittima e sul nastro usato per immobilizzarla. Nello specifico infatti, i successivi rilievi tecnici permisero di repertare tracce di natura biologica (saliva e formazioni pilifere) sul nastro adesivo usato per legare la vittima e sul letto dove era riverso il corpo  mentre, in sede di esame autoptico, fu rinvenuto materiale biologico sub-ungueale (leggi l’articolo). Da quanto emerge dalle indagini sembra che i carabinieri di Montegiorgio e i reparti investigativi e scientifici dell’Arma fossero sulle tracce dell’uomo, o comunque che lo avessero identificato già da diverso tempo. Ma hanno atteso prima di far scattare il fermo per identificare eventuali complici.

L’attività di indagine, consistita anche in analisi dei filmati delle telecamere pubbliche e private presenti sul territorio, dei tabulati telefonici nonché della comparazione dei profili genetici emersi nell’attività di sopralluogo che sono risultati compatibili con quelli di L.D., ha condotto i militari operanti a reperire gravi e precisi indizi nei confronti del fermato che è stato tradotto presso la casa circondariale di Ascoli Piceno. Il GIP presso il Tribunale di Fermo – con udienza tenutasi in data 20/07/2018, ha convalidato il Fermo del P.M. applicando la richiesta di misura cautelare in carcere presso la medesima struttura.

Sì perché fin da subito si era capito che a far irruzione nella casa della 79enne uccisa nella sua dimora di Alteta, erano state almeno due persone. Insomma gli inquirenti, guidato dal procuratore della Repubblica di Fermo, Domenico Seccia e dal sostituto procuratore Francesca Perlini, pensano che la banda sia composta da tre persone.

Quella tragica notte, a trovare la donna priva di vita, immobilizzata sul letto, era stato il figlio Marcello al rientro a casa. Da lì l’sos ai sanitari e ai carabinieri. E subito scattate le indagini, partendo da quella finestra rotta sul retro della casa, dalla quale i criminali si sono introdotti in casa. Per poi fuggire con 300 euro.

 

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