di Paolo Bartolomei
FERMO – Personaggio al di fuori degli schemi, dal carattere vulcanico, esuberante ma allo stesso tempo generoso e schietto, che gestiva tutto in modo molto personale, paragonabile ad altri protagonisti del calcio degli anni 70 e 80.
Personaggio d’altri tempi verrebbe da dire oggi, eppure questa definizione gli fu attribuita in una intervista del 1982, quando aveva solo 50 anni. Però non gli possono non essere riconosciuti meriti sportivi e imprenditoriali.
Luciano Balestrini diventa presidente della Fermana nel 1970, è convinto a farsi avanti dall’avvocato Alessandro Chiodini, tifoso e socio gialloblù, che insieme ad altri sostenitori aveva costituito una cordata provvisoria per salvare la società dal fallimento dopo che i precedenti imprenditori Santori e Mori, che avevano sfiorato la promozione in serie C, erano stati costretti ad abbandonare.
Balestrini è già attivo nella compravendita dei calciatori, ha un suo “parco giocatori” si direbbe oggi e quindi con pochi mezzi economici riesce a gestire la Fermana in serie D per alcune stagioni da solo come presidente e factotum, garantendo dignitosi campionati. La piccola imprenditoria del Fermano non può usufruire dei fiumi di soldi statali che hanno fatto la fortuna di altri manager sportivi a pochi chilometri dal Colle Sàbulo e quindi fa di necessità virtù.
Tipico imprenditore a 360°, partito dalla cantina del padre, sotto piazzale Azzolino, poi apre la nota pizzeria (Biccirè) di piazza del Popolo che successivamente resta al fratello Mauro. Organizza spettacoli musicali a Rivafiorita, ma anche alla Palazzina Azzurra di San Benedetto, al Kursaal, o ad Ancona.
“Era capace di organizzare due spettacoli alla stessa ora a chilometri di distanza” racconta oggi Renzo, pasticciere storico del Gran Caffè Belli, che ha collaborato a lungo con lui. Prende in gestione la Casina delle Rose, costruita nel dopoguerra da Ignazio Desideri, e la sopraeleva di un piano.
Sono gli anni in cui nasce il tifo organizzato sia sugli spalti (“Ultras”, “Panthers” e poi “Brigate gialloblù”) sia al di fuori con il “Circolo Canarino” finalizzato a bilanciare lo strapotere di Balestrini nella gestione della squadra canarina.
Fino ad allora infatti la U. S. Fermana era stata sempre società collegiale, governata da un direttivo formato da molti consiglieri, eletti da un’assemblea formata anche da centinaia di soci, cioè tifosi, abbonati e sponsor. Talmente tanti che si dovevano riunire nella Sala dei ritratti del Comune. Un club molto ben radicato nella città tra i professionisti e i commercianti. Gli imprenditori che si erano avvicendati tra i maggiori soci sostentori (Da Desideri a Sagripanti, dai Santori a Mori) avevano sempre rispettato questa formula.
Balestrini invece è il primo dei moderni “patron” che accentra tutti i poteri, con il risultato di un crescente conflitto con tutti e la nascita di simpatici nomignoli, da “Panzetta” (quello con cui era più noto) a “Simsalabim“, attribuito più che altro dai giornalisti per la sua abilità a far apparire e sparire calciatori.
Si, perché sono in molti a testimoniare che al calciomercato comprava giocatori che, prima ancora di arrivare a Fermo, aveva già rivenduto. Pioniere delle plusvalenze di cui tanto si parla oggi.
Nel grand hotel di Milano, nei giorni in cui si svolgeva il calciomercato pagava un addetto che lo doveva chiamare spesso dall’altoparlante per darsi importanza e far aumentare il prezzo dei suoi calciatori, anche questo è un fatto testimoniato da molti, in prima persona. Giochi di prestigio di una volta che però riuscivano: per un certo periodo lo cercavano anche le società di serie A.
Un giornalista racconta che Balestrini sarebbe riuscito addirittura a vendere al calciomercato di Milano un giovane che faceva il portiere dell’Hotel Astoria, spacciandolo per portiere di calcio; storia incredibile questa, ma con “Panzetta” tutto diventava possibile.
Per un decennio abbondante, in tutta Italia la Fermana è Balestrini e Balestrini è la Fermana. Tutti lo chiamano presidente anche quando la carica è ricoperta da altri, tanto fa quasi tutto ancora lui.
Dopo aver rifiutato la fusione della Fermana con la Sangiorgese, verso la fine degli anni ’70’ riesce a farsi affiancare da nuovi imprenditori come Paolo Belleggia e Giovanni Santini; la squadra canarina si avvicina alla promozione in C2 e la centra alcuni anni dopo, nel 1984, che paradossalmente diventerà l’ultimo con Balestrini factotum.
La Fermana tornerà per alcuni anni ad essere gestita direttamente dai tifosi; Balestrini, anche se partecipa a tutte le assemblee popolari, non avrà più spazio nel direttivo e si limiterà a portare un po’ di giocatori. L’ultimo dispiacere, la retrocessione a tavolino dell’estate 1988 per motivi burocratici.
Due giorni prima di Natale del 1988 muore a quasi 57 anni, ad Ancona, dove viveva con i tre figli (Andrea, Cristiana e Barbara) la moglie, parrucchiera che ancora oggi racconta, scherzando: “A casa non c’era quasi mai, sembrava che volesse più bene ai giocatori della Fermana che ai sui figli“. Però lei lo adorava, e da come parla gli vuole bene ancora oggi. Si chiama Luciana, quasi un destino.
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