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IL FUTURO DELL’ORTOPEDIA
Chirurgia mini invasiva all’anca, specializzazione nel trauma e ambulatori dedicati (video)

FERMO - L'intervista al primario Federico Lamponi, in carica dalla scorsa estate: "Vogliamo che il paziente trovi sempre lo stesso medico e poi, collegialmente, rivediamo i casi e decidiamo quale sia l'iter terapeutico o chirurgico da attuare"

di Andrea Braconi

foto e video di Simone Corazza

La specializzazione nel trattamento del trauma. Il ricambio generazionale all’interno di un reparto che ha voglia di crescere. La nuova medicina come strumento per migliorare la qualità della vita dei pazienti. Dall’intervista con Federico Lamponi, primario di Ortopedia all’Ospedale “Murri” di Fermo, emergono in maniera inequivocabile questi tre elementi.

Classe 1971, originario di Porto San Giorgio, Lamponi per anni si è formato all’estero e in centri universitari italiani. Prima di vincere l’incarico nella nostra Area Vasta 4, la sua ultima destinazione è stata Rimini, dove ha appreso molto in termini di organizzazione. Da traumatologo puro, si è sempre dedicato ai traumi della strada, reputando questo percorso   “fondamentale nella formazione di un ortopedico”.

Successivamente si è indirizzato verso ulteriori segmenti e oggi si occupa a 360 gradi dell’anca, suo cavallo di battaglia: si va dalla patologia del bambino alla degenerativa dell’anziano, passando per tutte le fasi intermedie. Un aspetto, questo, sul quale a Fermo sta puntando molto. “La chirurgia mini invasiva all’anca – spiega – prevede l’inserimento delle protesi utilizzando un accesso anteriore, con una cicatrice che può variare dai 7 ai 12 centimetri in base alla grandezza del soggetto. La cosa importante è che questo accesso non fa toccare i piani muscolari. Come vantaggio c’è una riduzione netta dei sanguinamenti ma, soprattutto, un recupero funzionale più veloce perché il paziente, una volta eseguito l’intervento, in un paio di giorni è già capace di rimettersi in piedi”.

Si tratta di una tecnica che può essere utilizzata nell’anziano, ma anche in quella fascia di giovani dove sempre più si riscontrano degenerazioni artrosiche. “Penso a sportivi come i calciatori che vogliono tornare ad essere performanti. Con protesi e materiali opportuni si può tornare a fare attività sportiva, ovviamente senza esagerare” tiene a precisare.

Arrivando al “Murri”, Lamponi ha cercato di apportare tutto il proprio know-how anche nel  distribuire le varie competenze ad un’equipe che vede personale tra i 38 e i 40 anni. “Siamo al momento in 8, anche se dovremmo essere 11 più me. La strategia è quella di far occupare ogni ortopedico di un segmento in particolare e uno dei progetti sarà quello di sviluppare ambulatori dedicati: lunedì ambulatorio della mano, martedì della spalla, mercoledì del ginocchio, in modo che il paziente trovi sempre lo stesso medico e poi noi, collegialmente, possiamo rivedere i casi e decidere qual sia l’iter terapeutico o chirurgico da attuare”.

Fondamentale, per attivare questo processo, è capire con quale tipo di popolazione  interagire. “Fermo è l’unico ospedale della sua provincia, qui raccogliamo dai Sibillini alla costa. Il nostro è un bel reparto e abbiamo 34 posti letto, ma come sappiamo, occorre sempre fare i conti con quanto si ha a disposizione in risorse e quanto si può erogare. Poi c’è il tipo di popolazione che abbiamo nelle Marche, una delle regioni con il grado di longevità maggiore, per cui ci troviamo ad operare parecchi pazienti anziani, e per anziani intendo anche 92-93 anni. Non è accanimento, ma è gente che stava in piedi e faceva la sua vita in casa, per cui è giusto dare una loro una chance”.

 


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