di Andrea Braconi
Fumo, attività fisica, consumo di alcol, dieta, rischio cardiovascolare, adesione agli screening oncologici, copertura vaccinale antinfluenzale, stato di benessere fisico e psicologico, qualità della vita. E poi misure di sicurezza per la prevenzione di incidenti stradali, così come in ambienti familiari o di lavoro. Sono tutti elementi che permettono all’Unità Operativa di Epidemiologia e Promozione alla Salute dell’Area Vasta 4 di Fermo, attraverso specifici e rigorosamente anonimi questionari, di raccogliere informazioni e dati fondamentali.
A parlarcene è la dottoressa Rossana Belfiglio, responsabile della stessa Unità Operativa: “Il progetto Passi è una sorveglianza utilizzata come strumento di sanità pubblica. Partito nel 2006, è stato affiancato negli ultimi anni da Passi d’Argento, rivolto ai più anziani”.
In cosa consistono queste sorveglianze?
“È un sistema che va a raccogliere notizie sugli stili di vita. Da qui ricaviamo informazioni che sono indispensabili per mettere a punto azioni di promozione della salute, individuando le necessità attraverso l’analisi di queste informazioni, e quindi dove agire con la promozione alla salute; nello stesso tempo i dati ci servono come indicatori dei programmi già in atto. Per fare un esempio: se realizziamo una campagna contro il fumo, come facciamo a verificare che questa possa aver avuto un’efficacia? Andando a vedere se nel frattempo sono diminuiti i fumatori.”
Quindi, ha una duplice funzione.
“Esattamente: funge sia come informazione per far dirigere la sanità verso una determinata esigenza, sia come indicatore per vedere se i programmi di promozione producono risultati o meno.”
Ma come si partecipa a questo tipo di indagine?
“Periodicamente viene fatta un’estrazione a livello regionale. A noi viene inviato un campione di popolazione di età compresa tra i 18 e i 69 anni. Abbiamo questi soggetti titolari, con delle sostituzioni per fasce d’età nel caso qualcuno decida di non partecipare. Una volta che ci arriva il campione noi mandiamo una lettera alla persona che è stata campionata, in cui illustriamo il sistema di sorveglianza e a cosa serve. Contemporaneamente avvisiamo anche il medico curante, in modo che sappia cosa stiamo facendo. Dopo un po’ contattiamo questi soggetti selezionati attraverso le nostre assistenti sanitarie, che li chiamano e spiegano di nuovo cosa stiamo facendo, verificando la disponibilità e somministrando questo questionario che richiede almeno 15-20 minuti di tempo.”
Quante voci compongono il questionario?
“All’incirca sono circa 20 domande, che riguardano alimentazione, fumo, alcol, uso di dispositivi di sicurezza, vaccinazioni, attività fisica, peso, altezza, etc. Attraverso l’analisi di questi dati riusciamo a dire se la popolazione è obesa, se fa un’attività fisica sufficiente e tanto altro ancora. Vengono anche fatte domande da un punto di vista economico: se arrivano a fine mese con lo stipendio, se hanno qualche particolare problema. Riusciamo così a dire che alcuni aspetti sono più diffusi in soggetti che hanno problemi economici rispetto ad altri.”
E questo cosa vi permette di fare?
“Ci fa intrecciare programmi che mirano ad esempio all’attività fisica verso soggetti più disagiati. Coloro che hanno bisogno del nostro intervento possono essere persone fuori da alcune dinamiche, rispetto ad altre più avvantaggiate.”
Altri particolari della vostra azione?
“Facciamo anche domande se hanno effettuato controlli sul diabete, se hanno ricevuto la lettera per lo screening, sia del colon retto, della mammella e del pap test. Gli argomenti sono tanti e ci permettono di fare una fotografia reale. C’è anche l’aspetto psicologico, così come la percezione del rischio in casa, la sicurezza stradale ed altro.”
Cosa è emerso in questi anni dai dati che avete raccolto?
“Qualche anno fa abbiamo fatto anche un profilo di salute partendo dai dati ufficiali. L’unico neo è che i dati vengono pubblicati a livello regionale, non abbiamo la significatività statistica per Area Vasta. Ma abbiamo dati sufficienti per il nostro territorio che ci hanno permesso di pubblicare questo profilo di salute, che stiamo aggiornando.”
Quanto è importante per voi comunicare questa sorveglianza?
“La difficoltà di portarla avanti è legata al trovare la disponibilità delle persone. Generalmente a casa arrivano tante telefonate e la reazione più frequente è quella di dire ‘no grazie, non mi interessa’. Invece noi vogliamo sensibilizzare le persone e far capire loro a cosa serve questa progettualità. Le nostre difficoltà sono maggiormente legate al mondo dei giovani. Tengo a precisare che si tratta di un questionario anonimo, nonostante raccogliamo dati personali.”
Proviamo a quantificare il vostro lavoro.
“Facciamo 99 interviste all’anno, è un’attività che ci impegna sempre. Dovremmo farne circa una decina al mese, saltando agosto perché è più difficile trovare soggetti disponibili. Questi questionari vengono anche inseriti in un programma nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità.”
Tra i collaboratori della Belfiglio ci sono gli assistenti sanitari Mariangela Trovato e Michele Marziali. “Passi d’Argento, che è rivolto agli ultrassessantacinquenni, a partire dal 2019 è stato esternalizzato e viene gestito dalla Regione attraverso un call center – spiega la Trovato -. Le interviste, quindi, verranno fatte da operatori appositamente formati, ma se i cittadini dovessero avere dei dubbi ci potranno contattare al numero 0734.6253381”.
La stessa Trovato ci illustra le modalità di campionamento dei dati: “Vengono raccolti per mese e per anno, con il campionamento che viene realizzato ogni 3 anni. Tra le voci che vengono fatte a tutti troviamo rischio cardiovascolare, consumo di frutta e verdura, fumo passivo, sport e così via. Il numero delle voci cambia, proprio perché il questionario varia se si tratta di un uomo o di una donna, e varia anche in base all’età. Solo la prima parte è uguale per tutti”.
Per Marziali una domanda significativa all’interno del questionario è quella se si ritenga probabile perdere il lavoro. “Riguarda la percezione della persona – sottolinea -, quanto questa si senta sicura nel lavoro e nel rimanere lì o meno. Rientra nella sfera psicologica, che rimane un elemento di valutazione importante. Riguardo agli screening chiediamo anche perché si decide di non farli e da qui si capisce se la persona è intimorita dall’esame in sé o perché proprio non vuole saperne. Insomma, c’è uno spettro di domande molto ampio”.
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