di Paolo Bartolomei
FERMO – Auguri di buon compleanno a Paolo Belleggia, uno dei presidenti più importanti nella storia della Fermana. Oggi compie 79 anni. Il suo nome resta legato, insieme a quello di Giacomo Battaglioni, alla promozione in serie B del 16 maggio 1999, ma Belleggia ha vissuto da sostenitore della società gialloblù ben cinque promozioni e due mancate per un pelo.
Paolo è stato sempre un personaggio schivo e discreto, non ha mai amato comparire sulla stampa o in passerelle pubbliche, carpirgli un’intervista era un’impresa. Eppure ha sempre fatto tantissimo per la Fermana, spesso preferendo restare dietro le quinte.
Nasce a Magliano di Tenna (Fermo) il 20 aprile 1940, è operaio calzaturiero fino a 24 anni quando, nel luglio 1964, diventa imprenditore e fonda insieme ad altri soci “Abanella“, calzaturificio che troverà la sua grande sede nella zona industriale di Campiglione, raggiungendo la massima espansione tra gli anni ’70 e ’80 con circa duecento dipendenti, uno dei più grandi di Fermo e dintorni.
Sin da giovane la sua passione è il calcio. Il patron della U. S. Fermana, Luciano Balestrini, lo sa e convince Paolo Belleggia a dare una mano alla società gialloblù che navigava tra tante difficoltà.
A differenza di tanti altri imprenditori, Belleggia, 36enne, non è capace di dire “no”, così nel 1976 tra gli striscioni pubblicitari appesi allo stadio Bruno Recchioni compare anche quello col nome del Calzaturificio Abanella.
Il coinvolgimento di Belleggia è rapido, dopo solo un anno entra in società e accetta subito la carica di presidente, è la stagione 1977/78; gli altri soci sono Francesco Valentini, Raimondo Mosca, Gino Catalini. Più Balestrini che, dopo sette anni di presidenza (sei interi, più il primo a metà con Sandro Chiodini), “scala” a direttore, pur mantenendo la maggioranza in società per altri due anni. Ma anche dopo il 1979 “Panzetta” si occuperà sempre di calciomercato, fino al 1985, quando si farà definitivamente da parte.
In questi primi anni la sfortuna, unita ad una non perfetta organizzazione tecnica e societaria, negano a Belleggia il giusto premio, e per due volte la promozione in serie C2 fallisce solo per un punto (nel 1979, allenatore Paolo Beni) o per due punti (nel 1980, con Marco Bozzi).
La delusione, il sacrificio economico e anche lo scarso riconoscimento di una parte minoritaria della tifoseria, convincono ad un ripensamento Belleggia che resta fuori dal sodalizio dal 1982 al 1987 (presidenti Giovanni Santini, Francesco Valentini, Enrico Ermelli Cupelli ed Enrico Ulissi), annate in cui però non ha mai fatto mancare dall’esterno il suo sostegno economico.
E quando nel 1984 arriva finalmente la promozione in C2 (allenatore Feliciano Orazi) anche Belleggia può festeggiare insieme a tutti gli altri.
Quando però la Fermana torna a navigare in cattive acque, Belleggia capisce che non c’è alternativa al suo rientro in società come consigliere, convincendo a farsi dare una mano anche da Ferrucio Petracci, imprenditore calzaturiero come lui e all’epoca presidente della Campiglionese; è il 1987, presidente gialloblù Edmondo Mecozzi.
Un anno più tardi c’è la mancata iscrizione della Fermana al campionato per errori burocratici e la ripartenza dalla Promozione regionale. Le polemiche portano ad un altro rimpasto societario, via Mecozzi, Roberto Mistretta sarà il nuovo presidente per sei annate ma Belleggia alla Fermana ci tiene davvero, adesso vuole controllare tutto e tutti più da vicino e diventa vice.
Manterrà cariche societarie ininterrottamente fino al 2000 vivendo quattro promozioni, subito quella del 1989 in Interregionale (allenatore Vincenzo Urbani), poi nel 1994 in C2 (Carlo Ripari) quando ridiventa presidente dopo tredici anni e poi, a braccetto con il ds Gianni Rosati e con il trainer Marco Alessandrini, vive l’indimenticabile giugno dei play off 1996 con il ritorno della Fermana in terza serie dopo ben 44 anni di assenza.
«Nel 1996, dopo la sconfitta in casa con la Vis Pesaro i giocatori mi chiesero il premio play off – racconta Belleggia – io lo promisi, e anche sostanzioso, perché eravamo al 6° posto, ben 7 punti dietro alla stessa Vis, quindi mi sentivo sicuro. Invece poi c’è stato nel girone di ritorno il sorpasso al fotofinish sulla stessa Vis, il successo agli spareggi e alla fine mi è toccato pagarlo».
In C1 però il peso del club diventa insostenibile anche perché gli anni d’oro del Calzaturificio Abanella sono alle spalle, tutti gli appelli di Belleggia alla locale imprenditoria vanno a vuoto. Anche degli sponsor promessi dai politici nemmeno l’ombra. Dopo tanti tentativi, l’unico disposto a prendersi in carico la società è Giacomo Battaglioni, un marchigiano a Roma, che aveva già esperienze nel calcio, sebbene dilettantistico. Non è un imprenditore ma dice di poter attrarre sponsor e saper amministrare, difatti ci riesce. Insieme al cugino tolentinate Stefano Battaglioni, con cui aveva già aiutato Belleggia l’anno prima con qualche sponsor, contribuiranno a conservare la C1 appena conquistata.
Nel 1997 Belleggia cede l’80% delle quote ai nuovi soci. Sebbene resti presidente, la carica sarà ricoperta di fatto solo in modo onorario, poiché Battaglioni gestirà il club in piena autonomia, tant’è che anche Rosati è costretto ad andar via.
Belleggia farà in tempo a festeggiare dall’interno della società l’apoteosi della promozione in serie B del maggio 1999, prima di uscire definitivamente di scena al termine del campionato cadetto, tornando a fare solo il tifoso, come fino al 1976, regolarmente accompagnato in tribuna dai figli Stefano e Roberta.
Quasi un quarto di secolo per la Fermana, un record difficilmente eguagliabile, un esempio di passione e attaccamento alla maglia che nel mondo del calcio era più frequente una volta che non oggi. «Paolo Belleggia è stato l’ultimo presidente della Fermana del calcio antico, quello di Rozzi e di Zoboletti, di Massimino e di Romeo Anconetani – conferma anche Sandro Marcaccio, all’epoca segretario della Fermana, che poi conclude – auguri Paolo, di cuore».
«Belleggia è stato uno dei miei migliori presidenti – dice invece oggi Gianni Rosati, in quegli anni ds gialloblù -, lo ringrazio della fiducia che ha sempre riposto in me, tra noi c’è sempre stata stima reciproca, sono stati tre anni bellissimi». Poi Rosati racconta un aneddoto «E’ stato uno dei pochi, se non l’unico presidente, che non si interessava della formazione; quando entravamo nello spogliatoio per parlare con la squadra, lui spronava i giocatori poi diceva “io di calcio non ci capisco niente, quindi seguite quello che dicono Gianni e l’allenatore“».
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