di Andrea Braconi
Non sono soltanto i numeri a fare di Fermo un punto di riferimento delle Marche sui disturbi del comportamento alimentare. C’è anche la grande professionalità dimostrata da un equipe attenta alle esigenze delle utenti. Un gruppo di lavoro che in questi anni è riuscito, grazie alla guida della direttrice Patrizia Iacopini, ad avviare un percorso che sta producendo risultati molto interessanti sul fronte delle cure. A confermarlo è la stessa dottoressa, intervistata a margine del 2° convegno regionale tenutosi proprio nel capoluogo di provincia e avente come tema “La gestione del paziente grave con disturbi alimentari: implicazioni organiche e psicologiche in un’ottica integrata”, convegno che ha visto la partecipazione di numerosi operatori ed operatrici del mondo socio sanitario.
Partiamo dai dati regionali, che lei ha elencato nella sua introduzione.
“Per quanto riguarda la presa in carico totale nelle Marche, sono 920 i pazienti, tra i quali abbiamo fatto 10 ricoveri tra 2018 e inizio 2019 per la fase acuta, nello specifico 8 nella Medicina a Fermo e 2 a Jesi. Poi ci sono gli invii in residenza esterna extraregionale per i percorsi riabilitativi psiconutrizionali, che in questo anno e mezzo sono stati 32 in tutta la regione.”
A colpire è soprattutto il dato che emerge da Fermo sulle dimissioni.
“C’è sempre l’importanza di poter affrontare queste problematiche in un’ottica di dimissioni dalle cure e qui c’è un dato bello, interessante e vincente, con 40 dimissioni. Un dato che ci fa ben sperare perché mentre negli anni precedenti non si parlava di dimissioni e di guarigione, oggi possiamo farlo perché le ragazze possono guarire, stabilizzarsi e fare la loro vita, mediamente dopo 2 anni di trattamento.”
Quante sono le prese in carico del Centro che lei dirige?
“A Fermo sono 520, escluse le 40 dimissioni. Nelle Marche i centri sono Pesaro, Jesi e, appunto, Fermo. Quest’ultimo ha l’incidenza maggiore perché ha un’utenza che comprende tre province, oltre ad avere un’equipe al completo. Perciò possiamo anche permetterci in via sperimentale di utilizzare il centro diurno, quindi l’assistenza ambulatoriale intensiva dove le ragazze arrivano, fanno lo spuntino di metà mattina, il pranzo e la merenda da noi, con l’aggiunta delle attività riabilitative. È comunque un trattamento di cura più intensivo, che poi porta naturalmente a risultati positivi. Riuscivamo anche a valutare l’efficacia di questi trattamenti, perché è un modello di cura che funziona.”
E per quanto concerne le fasce d’età con la maggiore incidenza?
“Sono due le fasce d’età in cui c’è una maggiore rilevanza di presa in carico: dai 14 ai 25 anni c’è il picco percentuale, poi c’è uno spaccato e dopo i 45 siamo di fronte ad un altro picco.”
C’è da rimarcare come le entrate e le uscite dal Centro restino due dimensioni diverse.
“Le richieste di visite sono nettamente superiori alle dimissioni, ed è questo che ci porta ad uno sbilanciamento nel non riuscire ad evadere tutte le richieste che abbiamo. Non c’è un vaso comunicante, tanti ingressi tante uscite. E comunque gli anni di trattamento li dobbiamo fare. Sì, sono dimensioni diverse, ma se riusciamo a fare le dimissioni significa che il trattamento funziona ed è efficace per la cura.”
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