di Emanuela Ferracuti
La Manovra 2020 ha introdotto alcune significative modifiche al regime forfettario originariamente introdotto dalla legge n. 190/2014 (legge di Stabilità 2015). In particolare, sono stati modificati i requisiti di accesso al regime e alcune cause ostative.
La legge n. 190/2014 aveva introdotto un nuovo regime fiscale naturale (in definitiva per il cui accesso non era richiesta alcuna comunicazione all’Agenzia delle Entrate) agevolato, il regime forfetario, destinato alle persone fisiche esercenti attività di impresa o lavoro autonomo con determinati requisiti.
Parallelamente sono stati abrogati tutti i regimi fiscali agevolati precedentemente istituiti.
Con riferimento alle modalità di determinazione del reddito imponibile, e della relativa tassazione dello stesso, il regime prevede:
– la determinazione del reddito imponibile applicando, all’ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti, un coefficiente di redditività determinato in funzione del codice Ateco che individua l’attività esercitata (tali coefficienti si trovano nell’allegato 2 alla legge n. 145/2018. Cfr. Tabella n. 1);
– la tassazione del reddito imponibile (come sopra individuato) con una imposta unica del 15% sostitutiva delle imposte sui redditi, delle addizionali comunali regionali e comunali e dell’Irap.
Il regime forfetario è stato oggetto di numerose rivisitazioni, modifiche e integrazioni, soprattutto per quanto riguarda i requisiti di accesso e le cause ostative alla permanenza nello stesso.
La Manovra 2020 oltre al limite dei ricavi stabilito a 65mila euro (che resta invariato), reintroduce il rispetto di due condizioni da parte dei titolari di partita Iva che volessero usufruire di questo tipo di regime.
In relazione a tali condizioni, potranno accedere al regime forfettario quei contribuenti che abbiano sostenuto spese per un ammontare complessivamente non superiore a 20.000 euro lordi per lavoro accessorio, per lavoratori dipendenti, collaboratori anche assunti secondo la modalità riconducibile a un progetto, comprese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati e le spese per prestazioni di lavoro svolte dall’imprenditore o dai suoi familiari.
Inoltre, è stata reintrodotta la causa di esclusione che consiste nel non aver percepito, nell’anno precedente, redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, eccedenti l’importo di 30.000 euro. Attenzione però al fatto che per espressa previsione normativa la verifica di tale soglia è irrilevante se il rapporto di lavoro è cessato.
Ed è proprio su questa ultima norma che si erano addensati i dubbi degli operatori (e dei contribuenti) nelle ultime settimane. Infatti, da più parti era stato sollevato il dubbio che la nuova ipotesi di esclusione non fosse immediatamente applicabile, perché in conflitto con il principio espresso dallo Statuto dei contribuenti (legge n. 212/2000).
Con riferimento alla nuova causa di esclusione per coloro che hanno redditi di lavoro dipendente o assimilati superiori a 30.000 euro annui, la Sottosegretaria Mef Guerra aveva escluso l’applicazione dei principi dello Statuto dei contribuenti, in quanto non si tratta di nuovi adempimenti.
Con comunicato stampa congiunto del 28 gennaio 2020, Associazione dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili e l’Associazione nazionale dei Commercialisti avevano evidenziato i “non pochi dubbi interpretativi” che emergevano nell’applicazione della legge di Bilancio 2020, sui quali era fondamentale un intervento da parte del Legislatore o, di supplenza, dell’Agenzia delle Entrate. Il dubbio fondamentale, evidenziano Adc e Anc, era come armonizzare lo Statuto del Contribuente con le disposizioni della legge di Bilancio 2020. La risposta che i forfettari attendevano dall’Ade non è arrivata neanche nel corso del Telfisco.
Un chiarimento è arrivato invece nella giornata del 5 febbrario 2020 con la risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-03471 . In definitiva chi ha percepito, nel 2019, redditi di lavoro dipendente o assimilati superiori a 30.000 euro fuoriesce dal regime forfetario già dal 1 gennaio 2020, ed a nulla vale il richiamo allo Statuto dei diritti del contribuente i cui principi non risultano applicabili alle norme in questione. Si può riassumere così la risposta data dal Governo alla interrogazione presentata in Commissione finanze alla Camera. Tale interpretazione sarà “ufficializzata” in una circolare dell’Agenzia delle Entrate di imminente pubblicazione.
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