di Andrea Braconi
“La posizione di Maurizio Mangialardi non rientra in alcuno dei casi previsti dal nostro codice etico, quindi l’ipotesi di una sua incandidabilità non esiste”. É lapidario il commento di Fabiano Alessandrini, segretario provinciale e vice segretario regionale del Partito Democratico, in replica all’ipotesi circolata nel pomeriggio, sollevata da Cronache, e legata al rinvio a giudizio dell’attuale sindaco di Senigallia per l’alluvione 2014 (LEGGI QUI).
E a chi oppone il codice etico, Alessandrini invita a leggere l’articolo di riferimento. In quale passaggio? Al comma a) del quinto punto del codice. In quel comma si parla infatti di un impegno del Pd a non candidare ” coloro nei cui confronti, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, sia stato emesso decreto che dispone il giudizio”. E questo è il ‘nero su bianco’. Nulla di più ma neanche nulla di meno. Per il vicesegretario regionale dem, però, l’incandidabilità, anche in sede di rinvio a giudizio, sarebbe da collegare ai reati riportati al comma c) del codice, ovvero “reato di mafia, di criminalità organizzata o contro la libertà personale e la personalità individuale; per un delitto per cui sia previsto l’arresto obbligatorio in flagranza; per sfruttamento della prostituzione; per omicidio colposo derivante dall’inosservanza della normativa in materia di sicurezza sul lavoro”. Insomma siamo nel campo delle libere interpretazioni. E a chi accosta il codice a un testo vincolante, per la serie ‘dura lex sed lex’ anche per i candidati, Alessandrini replica che: “il codice etico è una carta di valori non vincolante, quello che è vincolante è lo statuto con regolamento”. Il tutto in attesa della direzione regionale dei dem, dalla quale dovrà uscire una linea chiara ed inequivocabile per le elezioni regionali. E magari anche l’interpretazione prevalente di quel comma divenuto in pochi istanti cruciale.
Di seguito l’articolo 5 del codice etico dei dem
5. Condizioni ostative alla candidatura e obbligo di dimissioni
1. Le donne e gli uomini del Partito Democratico si impegnano a non candidare, ad ogni tipo di elezione – anche di carattere interno al partito – coloro nei cui confronti, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, sia stato:
a) emesso decreto che dispone il giudizio (articolo, questo, riferito ai reati di cui sotto, ndr);
b) emessa misura cautelare personale non annullata in sede di impugnazione;
c) emessa sentenza di condanna, ancorché non definitiva, ovvero a seguito di patteggiamento; per un reato di mafia, di criminalità organizzata o contro la libertà personale e la personalità individuale; per un delitto per cui sia previsto l’arresto obbligatorio in flagranza; per sfruttamento della prostituzione; per omicidio colposo derivante dall’inosservanza della normativa in materia di sicurezza sul lavoro.
2. Le donne e gli uomini del Partito Democratico si impegnano a non candidare, ad ogni tipo di elezione – anche di carattere interno al partito -, coloro nei cui confronti, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, ricorra una delle seguenti condizioni:
a) sia stata emessa sentenza di condanna, ancorché non definitiva ovvero a seguito di patteggiamento, per delitti di corruzione nelle diverse forme previste e di concussione;
b) sia stata emessa sentenza di condanna definitiva, anche a seguito di patteggiamento, per reati inerenti a fatti che presentino per modalità di esecuzione o conseguenze, carattere di particolare gravità ;
c) sia stata disposta l’applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, previste dalla legge antimafia, ovvero siano stati imposti divieti, sospensioni e decadenze ai sensi della medesima normativa;
3. Le condizioni ostative alla candidatura vengono meno in caso di sentenza definitiva di proscioglimento, di intervenuta riabilitazione o di annullamento delle misure di cui al comma 2 lett. c).
Mangialardi incassa il sì anche di Ricci, ma per il codice etico è incandidabile
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