Il Pd ha deciso a stragrande maggioranza: Maurizio Mangialardi sarà il candidato governatore a Marche 2020. La direzione regionale, dopo quattro ore di riunione, ha dato il via libera con due soli voti contrari e un astenuto (il sindaco di Macerata Romano Carancini) e con il bene placet del vicesegretario nazionale Andrea Orlando alla candidatura del sindaco di Senigallia.
Il nodo relativo al Codice etico, che escluderebbe dalla corsa chiunque sia stato rinviato a giudizio (Mangialardi è a processo per l’alluvione del 2014 a Senigallia), sarà valutato da un organismo terzo. Ma sembra chiaro ormai che non dovrebbe rappresentare un ostacolo. I dem dunque si sono ricompattati, dopo la guerra tra le due fazioni contrapposte di queste ultime settimane che ha visto da una parte Area 70 e dall’altra la minoranza capeggiata dal sindaco di Pesaro Matteo Ricci scontrarsi su un’eventuale ricandidatura del governatore uscente. Uno dei punti di svolta in questo senso dunque è stato senza dubbio il passo di lato di Luca Ceriscioli e l’investitura di Mangialardi. A quel punto anche i big come Ricci e la sindaca di Ancona Valeria Mancinelli, nonché il segretario regionale Giovanni Gostoli che fino a qualche giorno fa aveva dettato la linea di un civico come candidato, si sono trovati d’accordo sul sindaco di Senigallia. Il problema ora è rappresentato dagli alleati, che quasi in contemporanea con la fine della direzione regionale, hanno inviato un comunicato non proprio incoraggiante per la tenuta della coalizione. «Domani si riuniranno le forze politiche e le liste civiche che condividono il percorso di tenere una alleanza larga e civica e che sia esplicitata con una candidatura civica capace di rappresentare questa fase nuova», il lapidario quanto chiaro messaggio arrivato da Art.1, Azione, Diem 25, Italia in Comune, Le nostre Marche, +Europa e Uniti per le Marche (Psi, Verdi, Civici), Italia Viva.
(G. De.F.)
(foto Giusy Marinelli)
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