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Raccogliamo l’invito a restare a casa,
siamo custodi gli uni degli altri

la lettera ai fedeli dell’Arcivescovo Pennacchio

FERMANO - L'arcivescovo di Fermo ha scritto una lettera ai fedeli con inviti e raccomandazioni: "In questa Quaresima, seppur privati della comunione sacramentale, nell'intimità della nostra casa la Scrittura sarà l'indispensabile nutrimento della giornata. Dobbiamo riscoprire l'importanza del sacramento della Riconciliazione"

L’arcivescovo Rocco Pennacchio

di Monsignor Rocco Pennacchio

Carissimi fedeli, nel tempo difficile che stiamo vivendo, non è facile per me rivolgere a tutti voi una riflessione che sostenga la vita a partire dalla fede. Mi accade, e penso anche a molti di voi, di essere tempestato di messaggi, di lamentele, di istruzioni per l’uso, a volte di false notizie…Stiamo arricchendo la conoscenza del Coronavirus e dei rischi che esso comporta per la nostra salute ma ciò che ritengo veramente importante è chiederci come vivere questa circostanza da cittadini cristiani perché, alla luce della fede, tutto racchiude una grazia.
Voglio ribadirlo con forza: il decreto ulteriormente restrittivo emanato ieri dal Governo è una misura sacrosanta che ci mette di fronte alla responsabilità di essere l’uno il custode del proprio fratello, quindi dobbiamo accogliere sul serio l’invito a restare a casa, evitando uscite non strettamente necessarie. Il Comunicato della Cei Coronavirus ‘Un tempo di responsabilità, che trovato sul sito diocesano‘, esprime i miei stessi sentimenti.
So bene che la cosa più difficile da accettare è l’impossibilità di partecipare alla Santa Messa ma questa restrizione non è il capriccio di un governo anticlericale assecondato da Vescovi codardi. Accogliendo questa disposizione accresciamo la solidarietà, e diveniamo solleciti per il bene comune, che viene prima di quello dei singoli.
Alcuni evocano i martiri di Abitene, perseguitati agli inizi del IV secolo. Essi vennero torturati ed uccisi per avere celebrato la domenica. Chi fa continuamente riferimento a questa testimonianza dei primi secoli forse ritiene che i cristiani, anche ai nostri giorni, dovrebbero riaffermare che senza la domenica non possiamo vivere, a costo della vita. Si dimentica, tuttavia, che oggi, favorire occasioni di contagio non comprometterebbe solo la nostra vita ma anche quelle dei nostri fratelli e sorelle, messe a rischio dal comportamento irresponsabile di qualcuno.
Consentitemi un chiarimento. La domenica esiste in quanto Pasqua domenicale; isolata dal mistero di passione, morte e risurrezione del Signore, la celebrazione eucaristica si riduce a precetto o a devozione. I martiri di Abitene celebrarono il rendimento di grazie offrendo il loro corpo e versando il sangue in unione alla Pasqua di Cristo. Questa emergenza sanitaria, che forse non ci chiederà il sacrificio della vita, ci fa ugualmente soffrire e morire ai nostri desideri e alle nostre abitudini, vivendo la Pasqua anche se non possiamo partecipare alla Messa. Rendiamo grazie, abitando e offrendo questo tempo di passione e morte nell’attesa della risurrezione, quando ritorneremo a celebrare la domenica.

In questa Quaresima, seppur privati della comunione sacramentale, nell’intimità della nostra casa la Scrittura sarà l’indispensabile nutrimento della giornata; messi in crisi dalla Parola, possiamo e dobbiamo riscoprire l’importanza del sacramento della Riconciliazione, per ricominciare sempre da Dio, aiutati dai nostri presbiteri.
Al momento, le chiese vengono aperte per la preghiera personale ma l’esigenza primaria è restare a casa. Per questo motivo non verrà proposta l’esposizione del Santissimo Sacramento ma ciò non preclude l’adorazione personale davanti al tabernacolo, rispettando le norme indicate. Per limitare ulteriormente i contatti ravvicinati, non è opportuno distribuire l’Eucaristia. I nostri sacerdoti continuano, ogni giorno, a celebrare in privato la Santa Messa, che è un grande atto d’amore per il mondo intero: uniamoci spiritualmente a loro, sotto lo sguardo di Maria, madre della Chiesa.
Per ridurre le occasioni di contagio, le norme impongono di non celebrare le esequie; accettiamo con pazienza il sacrificio della sola benedizione della salma al cimitero. La visita agli ammalati sia riservata strettamente ai casi di estrema necessità o in articulo mortis.
Carissimi sacerdoti, mi rivolgo in particolare a voi, senza addentrarmi in ulteriori prescrizioni particolari; sono certo che il vostro discernimento saprà accompagnare e incoraggiare il popolo a voi affidato perché, come Israele nel deserto, riscopra la fede nuda ed essenziale. Nel dubbio, adottate la soluzione che maggiormente preserva dal rischio di contagio; sapete che, insieme ai vicari, anche io sono a disposizione per ulteriori chiarimenti. Sono certo che usciremo da questa prova più uniti e rafforzati nel ministero. Vi affido all’intercessione della Madonna del Pianto, protettrice nelle calamità, e dei nostri santi Patroni. Amen”.

* Arcivescovo Metropolita di Fermo



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