“Sono vestiti di nero ma sotto quelle divise ci sono grandi cuori, grande umanità, sensibilità. E non possiamo che ringraziarli per tutto quello che stanno facendo. Capiamo che non è facile rapportarsi con chi sta soffrendo per non poter riabbracciare i loro cari ricoverati all’ospedale. Ma riescono ad addolcire quel ‘no’ con tanta umanità e professionalità. Di questo li ringraziamo perché con quel ‘no’, con quel loro servizio loro stanno proteggendo anche noi. Non è facile capirlo subito ma è così. Che Dio li benedica per quello che fanno anche loro”. Sono le poche righe di una lettera scritta con cui alcuni familiari di pazienti affetti da Coronavirus e ricoverati all’ospedale Murri di Fermo ringraziano gli agenti della Fifa security, addetti alla vigilanza del nosocomio fermano. E quel ringraziamento vale sicuramente doppio dal momento che è rivolto a chi blocca l’accesso, da chi è bloccato all’ingresso del Murri. Ma la consapevolezza, seppur nel dolore e nella preoccupazione, evidentemente predomina.
La Fifa, in quest’epoca di contagi, è stata incaricata di non far entrare, come da disposizioni sanitarie, i familiari in ospedale. Un incarico non facile. Spesso dinanzi a loro ci sono familiari che vorrebbero rivedere i parenti. Ma non possono. All’ingresso del Murri è stata allestita una postazione dove i familiari dei pazienti possono lasciare dei beni di prima necessita per i loro cari ricoverati. E in caso di necessità, sono i medici a valutare, caso per caso, l’eventuale ingresso. “Vediamo una tristezza straziante nei loro occhi, sentiamo tutto il dolore nelle poche parole che pronunciano. Ma nonostante ciò capiscono – raccontano gli agenti della Fifa security, a partire dal responsabile di Fermo, Salvatore Frassino – è dura non far passare un parente, bloccare un familiare che vuole salutare un suo caro. Un giovane era disperato, voleva poter vedere il padre ricoverato. Ma purtroppo nemmeno lui poteva accedere all’ospedale. E quando glielo abbiamo spiegato, cercando di rincuorarlo, è scoppiato a piangere. Sono scene, gesti che straziano. Alcuni ci chiedono se anche noi non abbiamo paura del contagio. Certo, ma è la paura che in questi casi, ingrossa il cuore. Ma poi diciamo a tutti di lasciar operare al meglio i nostri sanitari, i nostri medici che lavorano senza sosta. Tutti ci ringraziano, e questo ci spinge ulteriormente ad andare avanti, a fare con umanità quello che facciamo”.
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