di redazione CF
Dalle angosce, più che motivate, nel vivere una parabola discendente, che poi per fortuna ha invertito radicalmente la rotta, alle parole di enorme stima e gratitudine nei confronti di tutto il personale dell’ospedale Murri dove il padre è stato ricoverato a causa del Coronavirus. Tutto in una lettera aperta che i due figli di un paziente, anzi meglio dire, ormai e fortunatamente ex paziente Coronavirus, si sono sentiti di scrivere per descrivere quel mondo terribile che si cela dietro al virus, controbilanciato però dai sanitari, da quelli che oramai da qualche settimana, ma purtroppo ‘solo grazie’ al Covid-19 in tanti hanno iniziato a chiamare ‘eroi’. I due figli vogliono mantenere l’anonimato (ma la loro mail, inviata alla redazione di Cronache Fermane, è comunque firmata). Ma dinanzi a simili parole, dinanzi al dramma vissuto e al cuore che torna a riempirsi di gioia con il padre a varcare la soglia di casa, la loro identità passa in secondo piano.
“‘Non uscite di casa perché è cattivo’. Questa frase, questa semplice frase rimarrà impressa nella nostra mente per sempre. Il motivo è semplice: è stata una delle prime frasi che abbiamo sentito dire da nostro padre dopo che è uscito dalla terapia intensiva ed è stato portato nel reparto di Malattie Infettive.
Da sabato 21 marzo, dopo una settimana di febbre, è risultato positivo al tampone per il Covid-19 a cui si è aggiunta una polmonite interstiziale e pertanto lo hanno ricoverato d’urgenza nel reparto di malattie infettive. Ma se anche così non fosse stato sufficiente per ‘terrorizzarci’, nel corso della degenza i medici hanno deciso che era meglio intubarlo e trasferirlo in terapia intensiva, altrimenti rischiavamo di non vederlo più. Difficile spiegare come tutto questo avvenga tramite i fili invisibili dello smartphone. Impossibile affrontare serenamente il saluto al proprio padre prima della sedazione, l’incoraggiamento a lui ma anche a noi. Drammatico sentire il suo ‘vi voglio bene’ potendo solo sperare, con tutto il cuore, che quelle non siano le sue ultime parole. Una settimana in terapia intensiva. A ripensarci oggi capiamo quanto siamo stati fortunati che sia durata solo sette lunghissimi, interminabili giorni.
‘Non uscite di casa, perché è cattivo’, queste parole ce le ricorderemo. Perché il Covid-19 è un osso duro, non colpisce solo direttamente la persona ricoverata, sola in un letto di ospedale, accudita da angeli vestiti da extraterrestri, come se fosse un loro caro, ma anche, i familiari di quella persona, che possono solo sentirsi impotenti, sperare e pregare che tutto passi. Lo slogan sentito questi giorni ‘distanti ma uniti’ assume, per chi ha persone care ricoverate, un nuovo significato, più profondo, una specie di mantra a cui ti attacchi sempre di più.
Ora che nostro padre è finalmente tornato a casa, noi siamo qui, a scrivere questa breve lettera, consci del periodo duro e provante che abbiamo passato, consci dell’importanza di dover rispettare le regole, non solo per proteggere noi stessi, ma anche, e soprattutto, i nostri cari e tutte le altre persone.
Ma soprattutto siamo qui per ringraziare con tutto il cuore, l’ospedale Murri di Fermo, il reparto di Rianimazione e quello di Malattie Infettive, medici, infermieri e tutto il personale sanitario, gente che non hai mai visto in vita tua ma che, dall’altra parte del telefono, ha sempre avuto una parola di conforto. Persone da ammirare, questi professionisti, questi eroi, con una vocazione dentro, con una grandissima dedizione al loro lavoro, una professionalità unica ma anche con grandissimi valori morali e senso di appartenenza alla comunità. Purtroppo, ci stiamo accorgendo di questi angeli solo ora, solo nel momento del bisogno quando invece, loro sono sempre lì a svolgere il loro lavoro 365 giorni l’anno, Coronavirus o non Coronavirus, ma nel nostro piccolo, con queste righe vogliamo far sapere loro che qualcuno qui fuori lo ha capito. Grazie, grazie, grazie! Continuate così, siete eccezionali“.
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