Confartigianato si dice “basita di fronte all’ordinanza, firmata dal Commissario straordinario per l’emergenza Covid-19, Domenico Arcuri, che impone un prezzo massimo di 50 centesimi (più Iva) per la vendita al pubblico delle mascherine chirurgiche che dovranno rispettare lo standard previsto dalla norma Uni En 146883”.
“Previsti interventi di sostegno alle imprese per la produzione di mascherine, esaltate le performance dei distretti per la loro di dinamicità e velocità di trasformazione delle produzioni per i dispositivi di protezione personale, elogiate le caratteristiche delle produzioni italiane e poi? Il nostro Governo ci chiede di produrre a 50 centesimi? Come sarà possibile – afferma Francesca Bracalenti, vicepresidente Abbigliamento di Confartigianato Imprese Macerata-Ascoli Piceno-Fermo – per una impresa artigiana impegnata nella produzione di mascherine, produrre il vero Made in Italy a quel prezzo? Sapete che per cucire una mascherina artigianale occorrono 3 minuti e mezzo e circa 0,21 centesimi di euro al minuto? Il costo dei tessuti per produrle ha avuto un incremento di circa il 200%, per non parlare del costo degli elastici e dell’energia. Considerando quindi tutti i costi di manodopera e materiali necessari, il totale per una mascherina con materie prime interamente italiane è di circa 1,08 euro”.
“Proponiamo il 100% Made in Italy, chiediamo di comprare italiano per far riprendere le nostre attività, stimolando gli acquisti nazionali – continua Moira Amaranti, presidente nazionale della Calzatura – ma con l’ultimo decreto non mi sembra si vada in questa direzione. Aziende ancora chiuse fino al 4 maggio, contributi decisamente insufficienti e fondo perduto ancora in attesa. Ad oggi non capiamo ancora quale sia la ricetta per riprendere e pensare al nostro futuro”.
“Sulle mascherine – aggiunge Cristina Orlandi, vicepresidente della Pelletteria – il prezzo doveva essere concordato tenendo conto delle esigenze della piccola impresa, con un confronto doveroso con le associazioni di categoria che conoscono le dinamiche delle realtà aziendali. La mia impresa, come molte altre, si è ben attrezzata per la produzione di questi dispositivi, ma ora non credo che saremo più in grado di continuare, con buona pace di tutti gli investimenti già effettuati e senza l’ausilio di alcun contributo”.
“In sostanza – conclude Paolo Capponi – si dà il via libera alle importazioni di materiale di protezione da paesi esteri che non affiancheranno più le nostre imprese nella produzione ma, a tutti gli effetti, si sostituiranno a loro. Di certo le mascherine delle nostre imprese risultano essere costruite con tutti i criteri di salubrità ed ergonomia che si addicono al lavoro di qualità artigianale. Sarebbe stato necessario per la costruzione del costo della protezione, prendere in considerazione tutte le variabili necessarie per il criterio di determinazione del costo o, quanto meno, aprire una forchetta di valutazione”.
Confartigianato rinnova l’invito ad “acquistare sempre prodotti italiani che rispettano i canoni sanitari e del lavoro per il bene dei consumatori, delle imprese e dei lavoratori, creando così ricchezza nei nostri territori”.
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