di Sandro Renzi
“I decreti emanati dal Presidente del Consiglio dei Ministri in costanza di emergenza sanitaria, da provvedimenti aventi natura meramente amministrativo-regolamentare, sarebbero stati elevati, di fatto, al rango di atti legislativi con forza di legge, pur trattandosi, appunto, di semplici atti normativi secondari, come tali sottratti al vaglio successivo del Parlamento e del Presidente della Repubblica, per di più insindacabili ex post, in quanto sfuggono anche all’eventuale controllo successivo della Corte costituzionale. Ciononostante, tali decreti hanno inciso e incidono tuttora in maniera rilevante su diritti inviolabili e libertà fondamentali dell’individuo, fino a giungere a comprimerli completamente“. così il capogruppo di di Italia Viva a Sant’Elpidio a Mare, Marco Mariani, intervenendo sull’ultimo Dpcm approvato dal Presidente Conte. “E a poco rileva la copertura operata dal Decreto Legge 25 marzo 2020, n. 6[4], se si considera che tale “scudo” si risolve, alla fine, nella mera previsione astratta di una facoltà sic et simpliciter demandata, mentre l’applicazione delle misure limitative delle libertà e delle relative sanzioni è in concreto attuata, appunto, per il tramite dei Ddpcm[5]”.
Critico Mariani rispetto all’uso dei Dpcm in tutta la fase dell’emergenza Covid19. “In considerazione delle riflessioni appena esposte, la decisione di ricorrere ai Ddpcm è stata, con riferimento specifico alle parti in cui essi prevedono pesanti compressioni dell’esercizio di certe libertà fondamentali e costituzionalmente garantite,una scelta che ben può essere opinabile quanto agli aspetti giuridico-formali, discutibile sotto il profilo dell’opportunità giuridica (giacché il Governo avrebbe potuto ricorrere ai “più sicuri” decreti-legge) sicuramente infelice dal punto di vista politico”. Il Consigliere di IV definisce quindi “abnormi” i provvedimenti in questione “se si adottasse, poi, la soluzione interpretativa in base alla quale i Decreti in parola avrebbero violato anche il principio della riserva di legge in materia penale”.
“Anche se il tiro è stato in seguito corretto si è posto rimedio, infatti, alle “manchevolezze” sostanziali dei Ddpcm con la cancellazione delle sanzioni penali e, sotto il profilo formale, “scudandoli” con un decreto-legge ‒ non si può negare lo stupore suscitato dal silenzio, in origine e ancora persistente (almeno fino al momento in cui si scrive), della comunità giuridica: se si è sollevata solo qualche voce a sostegno delle scelte dell’esecutivo ‒ quasi che si fosse formato un tacito pensiero dominante, una sorta di silente monopolio giuridico-culturale –, risultano parimenti inesistenti (a parte quella del costituzionalista Ainis), prese di posizioni nette da parte dei costituzionalisti volte a rimarcare quanto meno l’irritualità e l’inopportunità delle scelte operate dal Governo, e segnatamente del Presidente del Consiglio”.
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