“Dobbiamo tutti assumere un atteggiamento responsabile di distanziamento sociale ed elementari precauzioni sanitarie tutti i giorni ed in special modo nei fine settimana”. Questo il messaggio, chiaro, incontrovertibile, che arriva dall’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri della provincia di Fermo per mano del suo presidente, Anna Maria Calcagni. Insomma ora siamo sì in fase 2 ma sarebbe quanto di più sbagliato abbassare la guardia e assumere comportamenti irresponsabili. Basta un attimo, basta un solo ‘incosciente’ perché si torni all’emergenza, al contagio dilagante. E tutti siamo chiamati alla più totale responsabilità.
La presidente Calcagni inizia il suo intervento ricordando “l’impegnativo lavoro delle autorità, dei sindaci e degli operatori sanitari con l’inizio della fase 2”. “Finalmente – scrive la presidente dei camici della provincia di Fermo – abbiamo superato il periodo del lockdown della fase 1 che tanti sacrifici ha comportato per tutti noi per avviarci lentamente alla fase 2 con la progressiva apertura della maggior parte delle attività imprenditoriali.
Imprescindibile e gravoso il compito delle autorità preposte, degli operatori sanitari e, in special modo, dei sindaci stretti tra le pressanti richieste delle associazioni delle categorie produttive, artigianali, commerciali, per lo svago e il tempo libero per una ripresa delle attività la più celere possibile e le giuste preoccupazioni della autorità sanitarie perché il non rigoroso rispetto dei protocolli possa provocare un improvviso ritorno di focolai di Covid 19.
Purtroppo alcuni hanno interpretato l’inizio della fase 2 come una ‘tana libera tutti’ rischiando di vanificare i due mesi di sacrifici di tutti gli italiani.
Come per un focolaio che cova sotto la cenere in una foresta è sufficiente un alito di vento per provocare un incendio spaventoso, così il virus è presente tra noi e basta un asintomatico positivo e comportamenti scorretti di distanziamento sociale per riaccendere l’epidemia.
In Corea del Sud, che grazie ai ‘supertracciamenti’ era uscita dalla fase 2, è bastata una sola persona in una notte per contagiarne, per ora, 101 e determinando il lockdown di interi quartieri della capitale Seul e in Cina dove a Wuhan, dopo oltre 30 giorni di contagio zero, verranno obbligatoriamente testati tutti gli oltre 8 milioni di abitanti per individuare gli asintomatici positivi che hanno riacceso l’epidemia. E’ chiaro che questo tipo di provvedimenti che può prendere solo un paese come la Cina non sono ipotizzabili in Italia.
Da qui la necessità di non abbassare la guardia perché a Campobasso è bastata una non corretta partecipazione ad un funerale per avere in poco tempo 72 contagiati già conclamati ed in costante aumento.
Le tv ci hanno fatto vedere e le cronache giornalistiche leggere assembramenti senza precauzioni né distanziamento sociale nei luoghi della ‘movida’ di parecchie città; questi comportamenti scriteriati potrebbero portare al riaccendersi, in quelle città, di focolai importati con l’ovvia necessità di istituire nuove ‘zone rosse’ e la conseguente richiusura delle attività appena aperte.
Se vogliamo avviarci ad uno stile di vita abbastanza accettabile e con la quasi totalità delle attività aperte ma con la co-presenza del virus sempre in agguato dobbiamo tutti assumere un atteggiamento responsabile di distanziamento sociale ed elementari precauzioni sanitarie tutti i giorni ed in special modo nei fine settimana, giorni in cui il virus non va in vacanza, ma approfitta dei comportamenti irresponsabili di pochi per accelerare la diffusione.
Leggere sulla stampa di genitori che tolgono nei parchi le fasce di distanziamento dai giochi dei bambini per farli utilizzare senza sanificazioni e senza precauzioni, e di giovani che si accalcano senza protezioni individuali non pone a favore di una positiva evoluzione dell’epidemia.
Bene fanno i sindaci a tenere alta la guardia e a far reprimere anche severamente comportamenti irresponsabili anche perché poi a pagare le maggiori conseguenze di un eventuale brusco ritorno al lockdown saranno proprio le attività produttive e le fasce più anziane e deboli della popolazione”.
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