di Paolo Bartolomei
La giornata del ventunenne erede al trono, proveniente da Ascoli dove il giorno prima aveva inaugurato il monumento ai caduti di piazza Roma, era iniziata di buon mattino con la rapida fermata alle ore 9.30 a Torre di Palme per visitare l’asilo infantile dedicato al Principe di Piemonte (suo nonno), grazie all’interessamento del conte Enrico Cordella e del duca Francesco Caffarelli.
Alle ore 10 in punto l’arrivo a Fermo, il passaggio da Porta Romana (oggi Porta S. Francesco) lungo la “strada nuova” tra due ali di folla a cui partecipavano anche tutte le scuole fermane, i collegi, caserme e le varie associazioni.
L’arrivo in piazza Vittorio Emanuele II (odierna piazza del Popolo) è raccontato con la retorica dell’epoca nell’articolo riprodotto in basso, quindi l’ingresso a Palazzo dei Priori, dove il futuro “re di maggio” venne ricevuto dal podestà (sindaco) Giovanni Longo, dal sottoprefetto di Fermo, conte di San Marzano (Fermo era sede di sottoprefettura, che fu soppressa l’anno dopo), dall’arcivescovo Carlo Castelli e da tantissime altre autorità civili, militari e religiose schierate nel salone degli stemmi.
C’erano anche il conte comm. Tommaso Bernetti, presidente Cassa di risparmio di Fermo, e due ex sindaci fermani, l’on Nicola Ciccolungo e il cav. Luigi Palma; infine l’affaccio di rito dalla finestra del palazzo, rivolto alla folla stipata in piazza.
Seguì subito la visita al Regio Istituto Industriale Nazionale Montani e alle sue moderne officine, vanto della città, dove c’era un gruppo di studenti montenegrini che regalarono al principe un mazzo di fiori in onore di sua madre, loro connazionale.
Contestualmente, su richiesta delle autorità municipali, l’augusto ospite concesse l’utilizzo del proprio appellativo come denominazione dell’Istituto Tecnico Comunale, un’altra scuola fermana che da quel giorno e fino al 1945 si è chiamata “Principe di Piemonte“.
Consumato il pranzo d’onore nella Sala dell’Aquila di Palazzo dei Priori (dove oggi si riunisce il consiglio comunale), Umberto fu ospite dei conti Vinci nella loro villa al Girfalco, dal cui balcone il famoso affaccio, fissato nelle foto terminate nei libri di storia.
Prima di Umberto II, dallo stesso balcone di Villa Vinci al Girfalco di Fermo si erano affacciate anche altre celebrità: le più importanti Giuseppe Garibaldi (nel 1849), papa Pio IX (1857), il principe di Piemonte, poi re Umberto I (1863), il poeta Giosuè Carducci (1876) e il politico e scrittore Felice Cavallotti (1894).
Dopo una passeggiata nei parchi delle Rimembranze e del Girfalco, l’erede al trono visitò la cattedrale e fu ricevuto da mons. Carlo Castelli, terzultimo arcivescovo fermano che ha potuto utilizzare il titolo di “principe di Fermo“: gli altri furono Attuoni e Perini. Una decina di anni prima della nomina del successivo, mons. Bellucci, papa Pio XII vietò l’utilizzo dei titoli nobiliari.
Per la seconda volta in pochi decenni (e probabilmente fu anche l’ultima) il duomo di Fermo vide due principi in un colpo solo.
Nella visita alla cattedrale Umberto ammirò le tante opere d’arte e ascoltò musiche della Schola cantorum del Seminario di Fermo.
Subito dopo l’illustre ospite partecipò alla posa della prima pietra e benedizione del nuovo serbatoio, tutt’ora posto dietro all’abside del duomo, e che da allora consentì alle abitazioni situate in posizione più alta a Fermo di avere sempre acqua corrente e a pressione adeguata.
Ultime due inaugurazioni, quella della rinnovata caserma dei Carabinieri, in via Umberto I, che per l’occasione fu denominata “Caserma Savoia” (è l’odierna sede comunale in via Mazzini) e poi il battesimo del monumento ai caduti in piazza Mentana a Porto S. Giorgio, prima di ripartire.
Ringraziamenti
Il periodico “La Voce delle Marche” qui riprodotto è conservato nel Fondo antico della Biblioteca comunale Romolo Spezioli di Fermo, la cui Direzione ringraziamo per averlo gentilmente messo a disposizione per la riproduzione e pubblicazione.
Le quattro foto sono tratte da volumi storici pubblicati dall’Editore Andrea Livi di Fermo.
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