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IL PUNTO
Elezioni regionali, il presidente della Fondazione San Giacomo della Marca Valentini: “Come la politica può sostenere un nuovo sviluppo?”

FUTURO - "Non abbiamo bisogno di centralismo consociativo, né di farci governare dalle lobby, ma di mettere al centro della politica il sostegno alle comunità economiche e sociali che sono in grado di esprimere vera innovazione e vera qualità"

di Massimo Valentini, Presidente Fondazione San Giacomo della Marca

Il recente studio della Banca d’Italia sull’economia regionale ha confermato la crisi del modello economico regionale che proviene da lontano e che il Covid-19 sta solo aggravando. Visto che si avvicinano le elezioni regionali e che è molto più interessante parlare di programmi più che di candidati si pone la domanda : come la politica può sostenere un nuovo sviluppo regionale ? Ultimamente è in corso un serrato dibattito sulla reale efficienza delle politiche di centralizzazione regionale. Le politiche di centralizzazione culturalmente sono state imposte dal capitalismo finanziario che ha potuto governare in tal modo i processi e che la politica spesso ha fatto proprie per preservare un proprio ruolo sempre più marginale. Un esempio di questo dibattito in corso è stato ultimamente quello sulla reale efficienza realizzata con le politiche di centralizzazione regionale della sanità.

Penso che sia a tutti ormai evidente che il pretesto delle economie di scala non ha realizzato le efficienze promesse, sia certamente servito a coprire i buchi prodotti da gestioni dissennate, ma anche a garantire un controllo da parte di gruppi sempre più ristretti. Anche l’amministrazione regionale negli anni ha assunto questo modello con la speranza che il centralismo consociativo potesse creare quell’efficienza promessa, ma la realtà ci dice che l’obiettivo non è stato raggiunto. Si elencano due esempi a suffragio di questa tesi.

Se guardiamo i dati dell’avanzamento della spesa del Psr a fine 2019 le Marche occupano il penultimo posto in Italia con il 31,01% nonostante i servizi regionali all’agricoltura siano stati attrezzati da tempo con i Centri di Assistenza Agraria gestiti dalle associazioni di settore implicando notevoli costi di gestione, ma con risultati scadenti in ordine al raggiungimento dell’obiettivo di efficienza e qualità legato al rilancio del settore centrato sulle filiere produttive.

Lo stesso dicasi per le politiche adottate nei confronti dei confidi gestiti dalle associazioni imprenditoriali che negli anni sono stati oggetto di ricorrenti e sostanziosi contributi pubblici sino all’atto finale degli ultimi anni in cui l’amministrazione regionale ha favorito l’aggregazione dei confidi gestiti dalle suddette associazioni mettendo sul piatto risorse pubbliche per 24 milioni di euro e nel corrente anno, stante anche alle recenti dichiarazioni apparse sulla stampa, svariati milioni di euro per il finanziamento diretto da parte dei Confidi. Anche in questo caso si pone la domanda se questo è uno uso efficiente di risorse pubbliche quando è ormai noto che la garanzia diretta da parte dello Stato attraverso Medio Credito Centrale ha tolto una centralità al sistema dei confidi e che la garanzia dello Stato al 100% prevista dal Decreto Liquidità non rende necessario drenare in questo momento altra liquidità sulle imprese con il finanziamento diretto.

Il modello del centralismo consociativo che ha fallito il suo obiettivo parte da una lettura della realtà regionale che vede nelle “tribù localistiche” il nemico da abbattere in quanto freno allo sviluppo. Il localismo chiuso in se stesso è certamente un grave limite, ma nelle nostre realtà sono presenti altri due fenomeni che vanno considerati. In primis il fenomeno delle “lobby” che attraversano la politica indirizzandola per il raggiungimento di obiettivi a cui sono interessati gruppi ristretti. E’ una realtà che esiste e che non ha una visione indirizzata al bene comune. Poi nella nostra regione c’è un altro fenomeno che invece costituisce la leva strategica per una ricostruzione e che spesso è dimenticata. Parlo di quelle “comunità territoriali” che sono esperienze in atto sia nel sociale che nell’economia, generatrici di filiere di prossimità e di settore in cui la produzione di bene comune è un dato evidente.

Non abbiamo bisogno di centralismo consociativo, né di farci governare dalle lobby, ma di mettere al centro della politica il sostegno alle comunità economiche e sociali che sono in grado di esprimere vera innovazione e vera qualità. Sulla scia di questa affermazione alcuni punti per una nuova politica sono discriminanti. Innanzitutto occorre mettere al centro delle misure di sostegno le eccellenze che provengono dalle comunità territoriali sociali ed economiche in grado di attivare filiere e percorsi di innovazione in quanto oggi non è centrale solo la dimensione d’impresa, ma soprattutto l’attitudine a collaborare. Occorre inoltre superare una concezione elitaria dell’innovazione, in quanto certamente le start-up innovative sono importanti, ma tutti i settori e tutti i tipi di imprese debbono e possono percorrere la strada dell’innovazione.

Le azioni devono essere selettive e pertanto I contributi di sostegno non possono essere a pioggia e indistinti in quanto si costruisce sui più meritevoli e sulle filiere che essi creano. Infine abbiamo sempre più bisogno non di presenza sulla stampa da parte del governo regionale riguardo alle iniziative intraprese, ma di controlli di qualità della spesa pubblica regionale rispetto al bene comune prodotto che devono essere pubblici e quindi a disposizione dei cittadini. ll centro sinistra ha voluto dare un segno di discontinuità cambiando il candidato presidente, il centro destra e i 5 Stelle si propongono come alternativa rispetto alla politica sin qui espressa in regione. Chi saprà interpretare la necessità di un cambiamento in linea con quanto sopra espresso ?

 


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