di Pierpaolo Pierleoni
E’ rimasta in silenzio, Pavlina Mitkova, davanti al gip del tribunale di Fermo, all’interrogatorio di garanzia svolto questa mattina, dopo che il capo d’imputazione a suo carico è stato riformulato nell’accusa più grave: omicidio volontario con l’aggravante del legame parentale. E’ stata lei, secondo la Procura della Repubblica di Fermo, dopo aver acquisito la relazione autoptica, ad uccidere la figlioletta Jennifer, di 6 anni, per poi appiccare un incendio in cucina, la notte dell’8 gennaio nell’abitazione di Servigliano dove viveva insieme al marito Ali Krasniqi e alla figlia minore.
Chiusa in se stessa, apparentemente indifferente ad ogni stimolo esterno, la donna sembra aver eretto un muro, non solo con i magistrati, ma anche con i suoi legali. C’è stato poco tempo, per gli avvocati della difesa, Gianmarco Sabbioni ed Emanuele Senesi, per approfondire il mandato di custodia cautelare e le 25 pagine di autopsia che hanno accertato un decesso di circa 3 ore antecedente il momento del rogo divampato in casa. I legali hanno chiesto, da prassi, la conversione della custodia cautelare in carcere in arresti domiciliari, istanza destinata con ogni probabilità ad essere rigettata, vista la gravità dell’accusa. Seconda richiesta, l’autorizzazione ad effettuare colloqui con la consulente della difesa, la nota criminologa e psicologa Roberta Bruzzone. “La nostra assistita ha un atteggiamento di ermetico distacco e chiusura, per questo riteniamo fondamentale sia concesso il supporto di una specialista, per riuscire a penetrare nei suoi silenzi e comprendere cosa sia accaduto realmente quella notte” commenta l’avvocato Sabbioni.
Intanto il corpo della povera Jennifer resta ancora in una cella frigorifera dell’obitorio. Non c’è stato il nulla osta alla restituzione della salma da parte del sostituto procuratore Francesca Perlini. Un’attesa che fa pensare possano essere disposti nuovi accertamenti sulla salma. Dalla perizia autoptica sarebbero emerse precedenti patologie della bimba a livello polmonare. Nulla però tale da condurre alla morte naturale. Il decesso, secondo i medici, sarebbe stato provocato dal soffocamento con un corpo morbido mentre la bambina dormiva.
Rimane estraneo alla vicenda Ali Krasniqi, il 42enne originario del Kosovo, marito della Mitkova e padre di Jennifer e della sorellina minore. L’uomo ha alibi consistenti a confermare che non si trovava in casa, nè all’ora dell’incendio, nè tre ore prima, quando secondo il medico legale la bimba è deceduta. Una tesi confermata anche dall’altra figlia, da 6 mesi ospite in una struttura protetta. La Procura, con il supporto di uno psicologo, l’ha sentita a più riprese e la bimba avrebbe confermato che il padre quella sera sia uscito dopo cena, mentre lei, la sorellina e la mamma, erano rimaste a vedere un film in televisione. La piccola non avrebbe fornito invece elementi significativi in merito al delitto.
Krasniqi stamattina era in tribunale insieme al suo avvocato Maria Cristina Ascenzo. La legale ha chiesto la possibilità di lasciarlo parlare per qualche istante con la moglie, richiesta però negata dalla Procura. “Depositerò nelle prossime ore una richiesta di colloquio in carcere del mio assistito con la compagna – spiega battagliera la Ascenzo – Inoltre presenterò nuovamente una domanda di incontro, almeno in videochiamata, del signor Krasniqi con la figlia minore, con la quale fino ad oggi non gli è stato ancora consentito alcun contatto. Abbiamo ragione di ritenere che la bimba, di appena 5 anni, possa patire un così prolungato distacco dai suoi affetti. Ali è molto provato da questa situazione. Lui fatica a credere al responso dell’autopsia, credeva nell’innocenza della moglie e non si fa una ragione che possa essersi macchiata di un delitto così tremendo senza aver mai dato prima alcun segnale di disagio o di squilibrio”.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati