di Sandro Renzi
Gli artigiani lanciano il loro grido d’allarme. “Un nuovo lockdown darebbe il colpo del ko” a tutto il settore già provato dalla prima ondata pandemica. I numeri per cominciare. Sono quelli elaborati dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre. Raccontano di un comparto che nei primi sei mesi del 2020 ha perso qualcosa come 4.446 imprese, facendo scendere il numero complessivo presente in Italia a quota 1.291.156. Saldi negativi, forse i peggiori degli ultimi dieci anni, che confermano come l’artigianato, e più in generale il resto delle attività di prossimità, non sia stato in grado di reggere l’urto. “E se fosse proclamata una nuova chiusura totale del Paese, sarebbe il colpo del definitivo ko” denuncia il coordinatore dell’Ufficio studi, Paolo Zabeo “un nuovo lockdown generalizzato darebbe il colpo di grazia ad un settore che da 11 anni a questa parte sta costantemente diminuendo di numero. Dal 2009, infatti, hanno chiuso definitivamente la saracinesca 185 mila aziende artigiane. Questo ha avviato la desertificazione dei centri storici e delle periferie, contribuendo a peggiorare il volto urbano delle nostre città che, anche per questa ragione, sono diventate meno vivibili, meno sicure e più degradate”.
Soluzioni in vista? Lasciando da parte quelle miracolistiche che non esistono “è necessario un imminente intervento pubblico almeno per calmierare il costo degli affitti, ridurre le tasse, soprattutto quelle locali, e facilitare l’accesso al credito. Nonostante i prestiti erogati con il decreto liquidità, sono ancora tantissime le imprese artigiane che non trovano ascolto presso le banche” propone ancora Zabeo.
E nelle Marche qual è la situazione? I dati sono impietosi. Tra gennaio e giugno sono andate in fumo 277 unità. In termini assoluti a fronte di 1404 nuove iscrizioni si sono registrate 1681 cessazioni. Nella Provincia di Fermo il saldo negativo chiude il semestre a – 64 attività artigiane. Nell’ascolano sono sparite 60 imprese (144 iscrizioni e 204 cessazioni), nel pesarese – 90, nel maceratese – 67. La provincia di Ancona è l’unica a reggere ed ad avere un saldo positivo, seppur di poco. Le imprese che si sono iscritte sono state 414 contro le 410 che hanno chiuso la serranda. A rendere ancora più precaria la situazione potrebbero intervenire le nuove regole europee sul credito. “La difficoltà di accedere al credito bancario da parte delle piccolissime aziende potrebbe addirittura peggiorare” sottolinea il segretario della Cgia, Renato Mason “dal prossimo 1° gennaio, le banche italiane applicheranno le nuove regole europee sulla definizione di default. Queste novità stabiliscono criteri e modalità più restrittive rispetto a quelli finora adottati. Altresì, è previsto che le banche definiscano inadempiente colui che presenta un arretrato consecutivo da oltre 90 giorni, il cui importo risulti superiore sia ai 100 euro sia all’1 per cento del totale delle esposizioni verso il gruppo bancario. Se dovesse superare entrambe le soglie, scatterà la segnalazione presso la Centrale Rischi della Banca d’Italia che, automaticamente, bollinerà l’imprenditore come cattivo pagatore, impedendogli così di poter disporre per un determinato periodo di tempo dell’aiuto di qualsiasi istituto di credito. Una situazione che rischia di interessare tantissime partite Iva che tradizionalmente sono a corto di liquidità”. Le banche saranno quindi spinte a tenere un comportamento molto “prudente” nei confronti dei clienti.
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