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“Il Murri non può diventare
un ospedale Covid”,
il ‘no’ categorico di Articolo Uno

SANITA' - Del Monte: "Occorre un interessamento dei lavoratori della Sanità, dei medici, degli infermieri, degli Oss e certamente della dirigenza che hanno contezze mediche e sul territorio, affinché, anche per il tramite delle parti sindacali, con il fondamentale contributo di tutti quindi, si possa garantire in tempi stretti il migliore coordinamento per una verifica ed una azione positive"

Si è più volte discusso di come il dramma planetario della pandemia da Covid-19, abbia fatto emergere, come  purtroppo non di rado accade in situazioni emergenziali, i limiti generali di un sistema, compreso quello sanitario. L’attuale Governo, a poco più di un anno dal suo insediamento, è riuscito ad invertire la rotta dei tagli e messo mano a quel processo di “aziendalizzazione” della sanità, derivante da una cultura liberistica sfociante inevitabilmente in insufficienti ed erronei accentramenti nosocomiali e scarsi investimenti sulla medicina territoriale, con miliardi di risorse. Nondimeno la situazione al tempo del Covid non può che restare critica”. Inizia così la nota di Articolo Uno, con il suo segretario provinciale Alessandro Del Monte, sulla sanità in generale, e sull’ospedale di Fermo in particolare.  

“A livello locale Articolo Uno provincia di Fermo, a fronte dell’annunciata ipotesi di trasformare l’Ospedale di Fermo in ospedale di riferimento Covid, assume una posizione di netta contrarietà.  La provincia di Fermo, come ha anche richiamato l’assemblea dei sindaci nel rivolgersi al presidente della Regione Marche Acquaroli,  trova nel ‘Murri’, a differenza di altre province che possono contare su più  presidi, l’unico riferimento sanitario del territorio. Costituire pertanto nel nosocomio fermano un punto di riferimento covid vorrebbe significare quantomeno assommare prestazioni e ricoveri del già bacino di quaranta Comuni della Provincia, e non solo, all’impegno abnorme, per pronto soccorso, rianimazione, degenze e terapie, per la gestione Covid 19 in regime di riferimento. Tutto questo verrebbe a tradursi, specialmente in una struttura che peraltro per sua stessa architettura non può ampliarsi in alcuna flessibilità e senza pensare al personale sanitario da dedicare a tali più articolati contesti, in una inevitabile quantomeno congestione organizzativa e quindi in una relativa contrazione di diverse prestazioni sanitarie ordinarie. E questo non possiamo permettercelo.

E se è pur vero che il reparto di Malattie infettive di Fermo, Uoc di Area Vasta, rappresenti il principale riferimento in seno a tale specializzazione per le Marche sud, la suddetta eccellenza non può tuttavia produrre un automatismo tale che dalle 15 degenze disponibili  in regime ordinario si possa passare ad un carico indeterminato con inevitabile interessamento di altri reparti e con tutto quanto questo comporti. Così come non è più ammissibile si vada a comprimere e saturare l’Unità Operativa Complessa di Anestesia e Rianimazione sino a farne una esclusiva destinazione Covid con la conseguente impossibilità di accoglienza di pazienti affetti da altre patologie. 

La materia sanitaria è sempre complessa e maggiormente si complica quando deve interfacciarsi con la politica e le sue doverose scelte giacché non può mai prescindersi la dimensione medico-organizzativa rispetto alla lungimiranza delle decisioni che andranno ad impattare, nel presente e nel futuro, ed ancor più in una pandemia, sulla salute e quindi sulla vita delle persone.  Ma proprio per questo, sgomberare il più possibile il campo da resistenze di tipo meramente contrappositivo o da generici slanci risulta un imperativo morale oltre che istituzionale e sociale. E quindi il Covid center di Civitanova. In questo momento è davvero poco utile riaffrontare la questione, sebbene sostanziale, se sul Covid center di Civitanova sia stato tutto giusto o meno. Stimiamo invece oggi ben più utile il verificare le condizioni di piena fruibilità di quella struttura, che adesso c’è, e nel più breve tempo possibile avere riscontro circa la sua totale potenzialità di utilizzo al fine di alleggerire il carico sulle strutture sanitarie, in particolare quelle di Fermo

Occorre comunque a nostro avviso un interessamento dei lavoratori della Sanità, dei medici, degli infermieri, degli Oss e certamente della dirigenza che hanno contezze mediche e sul territorio, affinché, anche per il tramite delle parti sindacali, con il fondamentale contributo di tutti quindi, si possa garantire in tempi stretti il migliore coordinamento per una verifica ed una azione positive. Ma poi deve essere la Regione a decidere. Il massimo problema è certamente nel reperimento di personale che nella sua già scarsità dovrà essere individuato, con tutte le professionalità, garanzie e remunerazioni del caso, nella verifica regionale ed oltre in ausilio. Un tavolo quello sul Covid center di Civitanova, e non solo, che forse si sarebbe dovuto già attuare, dal momento che tutti sapevano vi sarebbe potuta essere questa altra ondata. Ed è la Regione Marche, anche per competenza, che deve occuparsi in ogni caso, ma ancor più allorquando ci si trovi di fronte ad un pandemia, di simili risoluzioni. Il Personale sanitario dell’Ospedale di Fermo, ben coordinato dalla dirigenza, ha dato al Fermano già dalla prima ondata pandemica ben più del suo massimo. Come ovunque riconosciuto. Come anche la rete di medici di base ha ben funzionato. Tutti sono pronti a fare nuovamente la loro parte. Ma non si può scaricare sulla sanità fermana e sul territorio provinciale, alle condizioni date e non ora mutabili, un carico così massivo di pazienti Covid che rischia di far collassare l’intero sistema. Insieme ce la faremo certamente. Insieme però.


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