di Sandro Renzi
Bar e ristoranti riaprono nelle Marche con servizio al tavolo (massimo 4 persone) fino alle 18. Poi scatteranno asporto fino alle 22 e consegna a domicilio senza restrizioni. Effetto “zona gialla” in cui la regione resterà fino al monitoraggio settimanale del Cts ed in attesa delle annunciate restrizioni che il Governo si appresterebbe a varare già con il nuovo Dpcm del 16 gennaio. Nel frattempo i pubblici esercizi possono tirare un sospiro di sollievo, anche se per pochi giorni, perché il rischio di finire nuovamente in area arancione è concreto per il nostro territorio. E stavolta con misure ancora al vaglio delle autorità ma sicuramente più dure per contrastare l’aumento dei contagi che corre da nord a sud. Mentre per le scuole superiori il buio resta sempre fitto. L’ordinanza firmata da Acquaroli le tiene chiuse fino al 31 gennaio ma le Marche, si fa per dire, sono in buona compagnia. Più della metà dei governatori ha optato per uno slittamento della data di rientro in classe dei loro studenti prorogando di fatto la Dad. Con buona pace dei genitori e di ragazzi e ragazze che attendono di rimettere piede a scuola anche al 50% delle presenze.
Non si tratta di mettere a confronto la riapertura di attività fiaccate economicamente da lunghe chiusure con quella delle scuole a loro volta chiuse da settimane. E’ un paragone che non ha senso fare. Perché diverse sono le legittime aspettative delle attività produttive da quelle offerte dai servizi scolastici pubblici e privati. Chiudere gli istituti sarà anche una scelta difficile e a tratti impopolare, comunque a costo zero, che non prevede ristori, ma che avrà tuttavia un costo in termini sociali ed educativi sulle nuove generazioni. La Dad non può essere l’alternativa ad una lezione in presenza per un tempo così lungo che sembra proiettarsi ormai vicino alla primavera. La domanda sorge allora spontanea. Se, come pare, il rischio contagio nelle istituzioni scolastiche è bassissimo e le misure studiate molto efficaci, ed i riflettori sono puntati invece principalmente sugli assembramenti esterni e sui mezzi di trasporto, per quale motivo da maggio ad oggi non si è cercato di porre rimedio in maniera concreta ad entrambi i problemi per consentire ingressi scaglionati, turnazioni in classe, potenziamento dei mezzi di trasporto stessi, insomma per scongiurare il più possibile una chiusura a tempo praticamente indeterminato delle scuole superiori?
Ed i piani a cui hanno lavorato le prefetture italiane in vista della riapertura del 7 gennaio, poi slittata all’11, cosa prevedono e perché non possono essere attuati da subito? Si dirà che i numeri sul contagio di questi giorni probabilmente spingono ad una cautela che si traduce nell’adozione di provvedimenti che ritardano il ritorno in classe. Che altri Paesi europei si sono orientati verso questa scelta. E che le misure aventi per oggetto le scuole possono contribuire a dare una mano nella battaglia contro il Covid 19. Ma, osservando gli ultimi dati, così non sembra. L’incremento dei contagi c’è stato anche con le scuole chiuse per le vacanze natalizie. L’impressione allora è, che su due punti chiave nella gestione della pandemia, sanità e trasporti, che sono prerogative regionali, proprio le regioni abbiano fallito, optando per l’adozione di provvedimenti che non riescono a conciliare le legittime esigenze di una fetta importante della popolazione studentesca con la necessità di convivere ancora a lungo con il Covid 19 come più volte ricordato anche dal premier Conte.
Secondo l’ultimo monitoraggio della cabina di regia, la classificazione complessiva del rischio nelle Marche è considerata “Alta”. Dopo l’abbassamento della soglia dell’Rt per determinare il posizionamento nelle fasce, l’esecutivo sta pensando di imprimere un ulteriore giro di vite: se l’incidenza settimanale dei casi è superiore a 250 ogni 100mila abitanti scatta in automatico la zona rossa. La quota ideale, per non far saltare il contact tracing, è 50 casi su 100 mila abitanti: durante la seconda ondata si è raggiunto un picco di 350/400 mentre attualmente siamo, come media nazionale, fra 150 e 170. La proposta, avanzata dall’Istituto superiore di Sanità, è stata condivisa dal Cts e dovrà essere concordata con le Regioni in un incontro tra il governo e i governatori fissato per domani. Le Marche hanno una incidenza di 201 calcolato nella settimana compresa tra il 28 dicembre e il 3 gennaio.
Il 16 gennaio dunque partirà il nuovo Dpcm, che verrà illustrato dal ministro della Salute Roberto Speranza il 13 gennaio. Il principio ispiratore delle nuove misure potrebbe essere quello di andare verso una zona gialla rinforzata. Saranno probabilmente confermati i weekend arancioni anche nelle regioni gialle, con la libertà di muoversi all’interno del proprio comune e della propria regione, negozi aperti ma bar e ristoranti chiusi. Resterebbe anche il blocco dei confini regionali, sempre ed indipendentemente dal colore, consentendo lo spostamento solo per motivi di urgenza, lavoro e salute. Nelle regioni rosse, dove si approda con un Rt a 1,25 si pensa di mantenere le restrizioni natalizie che consentivano le visite a parenti e amici solo a due adulti con minori di 14 anni. Una tiepida apertura si sarebbe avuta per palestre e piscine. Si stanno valutando nuove linee guida infatti per le lezioni individuali.
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