di Andrea Braconi
Dalla nuova fase del Murri all’organizzazione per le vaccinazioni. Da un’organico ancora sottodimensionato alla gestione delle degenze Covid. Passando, inevitabilmente, per le pensati polemiche emerse negli ultimi giorni. É un Licio Livini dal volto corrucciato ma quantomai deciso nelle risposte, quello che si mostra all’interno del Fermo Forum, dove è in corso lo screening di massa rivolto a studenti, insegnanti e personale delle Secondarie di Secondo Grado del territorio provinciale.
“Da domani (lunedì 25 gennaio, ndr) il Murri passerà dalla Fase 3 ad una nuova Fase – commenta il direttore dell’Area Vasta 4 -. Ci sarà un controllo più marcato su dipendenti e pazienti, un monitoraggio continuo e giornaliero e ancora più sanificazioni in tutti gli spazi coinvolti. Oggi possiamo dire che gran parte di questo lavoro lo abbiamo portato a termine e, fatti tutti gli scongiuri, siamo nelle condizioni di ripartire con una nuova Fase. Avremo quindi un minimo di attività sala operatoria e riposizioneremo gli ammalati nei reparti, con un distanziamento anche nella degenza: in camere da 3 letti si passerà a 2, dove possibile lavoreremo su camere singole”.
Una scelta che comporterà una lieve diminuzione dei posti letto, ma rivelatasi obbligata in conseguenza della delicata situazione creatasi nelle scorse settimane. “Questo ci permette di ridare vita all’ospedale. Sono stati rafforzati ancora di più i percorsi con barriere. Abbiamo la Medicina di Amandola pulita, mentre qui ancora la 2 Medicine Covid, compresa quella creata al quinto piano. L’obiettivo è quello di ridurre i posti letto Covid e creare dove possibile un’area grigia, in modo da mettere il paziente incerto in uno spazio più confortevole”.
È un messaggio di speranza, quello che prova a lanciare il direttore, affiancato dal dottor Renato Rocchi. Ma sono tanti i nodi ancora da sciogliere e, soprattutto, le risposte da dare.
LE CRITICHE
“Le dichiarazioni che sono arrivate dalla parte sindacale che rappresenta i dirigenti medici hanno ferito sia la direzione che l’organizzazione – rimarca -. Ma i miei primari prendono le distanze da queste annotazioni così violente”.
In situazione di emergenza, spiega, le decisioni vanno assunte velocemente e avendo come obiettivo la salute del malato. “Non mi sono creato problemi se un medico della Potes doveva rientrare per lavorare in Pronto Soccorso perché avevamo un grandissimo affollamento. Qui e per altri casi si è però creato il problema sindacale, che poteva essere rappresentato in una maniera molto più collaborativa. Ma rigettiamo tutto: agire così significa creare un alone diffamatorio nei confronti della direzione e dell’organizzazione.”.
Non è dato conoscere il seguito che potrà avere questa situazione, ma Livini ha voluto rappresentare al presidente Acquaroli la situazione chiedendo che dal fronte istituzionale venga presa una posizione chiara. “Se abbiamo sbagliato ci deve essere detto, ma se ci siamo comportati nella maniera giusta questa posizione va difesa dal sistema” ribadisce.
IL PERSONALE CHE NON C’È
A più riprese la Direzione dell’Area Vasta 4 ha fatto presenti i gravi problemi di organico. “Nei nostri servizi deve esserci organizzazione attenta e puntuale, con l’obiettivo di non sprecare risorse. Stiamo lavorando su questo ma se avessimo tutta la dotazione di personale non mi starei a lamentare. Oggi rappresento una difficoltà sul fatto che abbiamo avuto assenze impreviste, con 90 operatori sanitari mancanti più assenze fisiologiche che ogni azienda ha”.
Sono state fatte assunzioni straordinarie, che però hanno avuto l’esito di coprire i “buchi” creati da pensionamenti, trasferimenti e mobilità. “Con i vertici della Regione mi sono lamentato perché ci crea problemi la burocrazia: non è possibile che un concorso per infermieri vada avanti 2 anni, serve qualche provvedimento straordinario per farci prendere personale. Noi stiamo assumendo in deroga a quello che è lo stato di emergenza, che al momento arriva fino al 30 aprile. Le nostre assunzioni dei tempi determinati sono legate a queste tempistiche, ma la proposta di un contratto di qualche mese crea problemi. Altro conto sarebbe poter fare assunzioni a tempo indeterminato”.
IL NODO INFERMIERI
In dotazione organica sono 630 gli infermieri, con defezioni varie che hanno però ridotto il numero di almeno un centinaio di unità. “Le assenze determinate da infezione Covid che ci hanno colpito si sono sommate a quelle che fisiologicamente si hanno – spiega il dottor Rocchi -. Parliamo di organici strutturati 30 anni fa e mai modificati, un elemento che complica l’efficienza dell’organizzazione”.
Ma c’è un altro spetto da considerare: gestire degenze Covid impegna più risorse di una normale degenza. “Questo ha reso necessarie azioni nella componente medica, che non è diversa da quella non medica: l’organizzazione si deve adattare a risorse e bisogni che mutano. Ciò ha reso necessarie azioni a volte importanti, a volte subite dal personale, ma in uno stato emergenziale non tutto può essere condiviso fino in fondo. Qualche malumore è comprensibile, ma l’organizzazione ha retto e continua a dare risposte. Per quanto ci riguarda, contiamo di ripristinare alcuni servizi nei prossimi giorni”.
OBIETTIVO VACCINAZIONI
Quella del Fermo Forum è una situazione logistica che si presta anche alla vaccinazione di massa, come sottolinea Livini, che fa il punto su un passaggio determinante per uscire dall’emergenza sanitaria. “Al momento andiamo piano per una disponibilità limitata. Il cronoprogramma prevede di vaccinare prima il personale sanitario, ospiti e personale delle Rsa, poi over 80, disabilità e non autosufficienze, per arrivare infine a fare la vaccinazione a tutta la popolazione. Definite quantità e dosi da poter utilizzare, che auspichiamo a sufficienza, dovremo mettere in piedi l’aspetto organizzativo che risponda a queste esigenze”.
Con un obiettivo: farlo nel miglior tempo possibile. “Purtroppo siamo condizionati dalle dosi a disposizione, ma questo è un discorso nazionale. Inoltre, abbiamo bisogno di un vaccino facilmente utilizzabile: quello che abbiamo ora richiede scongelamento, lavoro di preparazione e una serie di azioni che complicano i tempi. Con la classica fiala per le vaccinazioni antinfluenzali scorrerebbe meglio, ma comunque siamo fiduciosi”.
In maniera previdente, l’Area Vasta ha accantonato dosi per fare il richiamo. “Fino a 4 febbraio c’è una programmazione dettagliata, ma confidiamo di poter avere qualche altro riferimento. Se non dovessimo avere più niente diventerebbe abbastanza preoccupante. Finora siamo andati secondo calendario, con la collaborazione dei medici di medicina generale, e abbiamo proceduto secondo indicazioni”.
Secondo la Pfizer, azienda produttrice dei vaccini attualmente utilizzati in Italia, il richiamo deve essere fatto dai 19 ai 23 giorni. “Con il vaccino mettiamo dentro l’organismo un’informazione che serve a sviluppare anticorpi e lo allerta per organizzarsi in caso di arrivo del vero virus. Noi qui siamo tarati su un richiamo dopo 21 giorni, finora abbiamo fatto 2.600 vaccini, Rsa comprese, ma se non si fa la seconda dose si annulla tutto”.
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