“Nelle Marche si torna a parlare di aborto. La Regione lo scorso dicembre si era scagliata contro le linee guida del ministero, che ribadivano come la pillola abortiva Ru486 fosse sicura e sancivano che questa potesse essere somministrata anche in day hospital, e ora vuole impedire che questa venga somministrata nei consultori”.
Inizia così una nota dell’assessore alle pari opportunità, Emanuela Ferracuti, nel merito della vicenda ad aver riportato alla ribalta la questione della pillola abortiva.
“La Regione sembra quindi determinata a impedire la somministrazione della Ru486 nei consultori, nonostante le linee guida del ministero della salute solo l’anno scorso abbiano sancito una volta per tutte non solo la sicurezza dell’aborto farmacologico, ma anche questo che possa essere effettuato in laboratorio senza obbligo di ricovero – ha proseguito la quota rosa -. Al momento, la pillola abortiva Ru486 viene somministrata solamente in tre strutture: ad Urbino, San Benedetto e Senigallia. Non è quindi affatto semplice, per una donna, ricorrere all’aborto farmacologico, nonostante le linee guida del ministero della salute non solo dicano che si tratti di una pratica assolutamente sicura, ma ribadiscano anche il diritto di ogni donna ad usufruirne qualora volesse interrompere la gravidanza”.
“Modificare la possibilità di accesso all’aborto farmacologico rivedendo le linee guida ministeriali: la giunta regionale delle Marche mette nel mirino l’interruzione volontaria di gravidanza. E annuncia un passo indietro sulla Legge 194, per mano di Giorgia Latini, unica donna in giunta e per altro assessore alle pari opportunità – ha proseguito la Ferracuti -. Nel 2019 sono state 1.450 le interruzioni volontarie di gravidanze avvenute nelle Marche, erano 1.537 nel 2018. Il tutto in una regione dove il 69,3% dei medici è obiettore di coscienza e dove il ricorso al metodo farmacologico è fermo a una percentuale del 6%, con la media nazionale è al 21%, contro il 37% della confinante Emilia Romagna”.
“La legge 194 regola il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza dal 1978. Che spesso e non volentieri si scontra con un altro, di diritto: quello dei medici che si rifiutano di praticare aborti secondo personali convinzioni etiche o religiose. Da una parte una legge di Stato, dall’altra la possibilità di non adempiere un dovere. La posizione presa dalla giunta della Regione Marche sulla Ru486 è ben più che spiazzante ed allarmante, non solo per la scontata posizione contraria ma, ed è qui la grande pericolosità, sull’interpretazione che ne si offre all’ascoltatore – le conclusioni -. La pillola abortiva è uno strumento per garantire un diritto costituzionale, abortire. Uno strumento meno invasivo, alternativo a quello chirurgico. Mettere in discussione uno strumento collegandolo a una propria posizione ideologica è sbagliato e anche pericoloso poiché rimette in discussione anni di battaglie e il ruolo della donna nella società”.
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