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Il retroscena dietro le dimissioni di Livini: un provvedimento disciplinare la goccia che ha fatto traboccare il vaso

LE DIMISSIONI - Un rapporto sottilissimo di equilibri durato settimane ma che di fronte al paventato provvedimento disciplinare nei confronti di Livini non ha più retto arrivando alla scelta estrema di lunedì scorso.

 

 

di Paolo Paoletti

Licio Livini

Con il passare delle ore emergono nuovi dettagli e indiscrezioni sulle motivazioni che hanno portato il direttore dell’Area Vasta 4 Licio Livini a rassegnare le dimissioni in maniera irrevocabile. Bocche cucite sulla vicenda da parte dell’assessore regionale alla Sanità Filippo Saltamartini e del presidente Acquaroli. Stesso discorso da parte di Livini che eccetto le poche parole di congedo nel giorno delle dimissioni non ha più rilasciato dichiarazioni.

Quello che viene fuori però, è uno scenario di grandi tensioni, soprattutto nelle ultime settimane.   La goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso, lo scorso lunedì, sarebbe stato infatti un paventato provvedimento disciplinare aperto proprio nei confronti del direttore dell’Area Vasta 4 Livini. Sembrerebbe che alla base del richiamo ci siano anche  le dichiarazioni rilasciate alla redazione di Cronache Fermane. Di fronte all’attività dell’ospedale Murri, bloccata da una situazione di emergenza pandemica fuori controllo, Livini aveva dichiarato: “Siamo ormai ben oltre il piano pandemico, qui non abbiamo più fase 1, 2 o 3. Tutti i reparto sono pieni, in affanno. E purtroppo dagli altri ospedali delle Marche ci rispondono che non hanno posto. Nei giorni scorsi siamo stati costretti a trasferire una donna, intubata, a Teramo. La situazione è a dir poco critica“.

E ancora in un altro passaggio Livini aveva detto: “Ci diano piuttosto personale, risorse umane, di questo abbiamo bisogno. Noi andiamo avanti con enorme difficoltà, ci siamo arrangiati anche con personale in pensione. Ma non abbiamo ricevuto alcun rinforzo. L’origine del problema è che la politica, a tutti i livelli, non è allineata con la realtà, sanitaria in questo caso. L’intero sistema ha fallito, non è dimensionato nemmeno nelle capacità degli operatori. Non possiamo fare alcuna programmazione e, da meri esecutori, dobbiamo far fronte al nemico Covid con quel poco che abbiamo. Come mi sento? Preoccupato, e anche tanto, oggi più che mai. Sì, sicuramente, come mai sono stato da un anno a questa parte. Lo ripeto, il sistema non ha funzionato, e l’attuale zona rossa ne è la riprova.

L’assessore Saltamartini

Da quelle dichiarazioni in poi il clima si sarebbe fatto sempre più bollente.  Una situazione di tensione percepibile anche dalle dichiarazioni dall’assessore regionale Saltamartini fatte qualche giorno dopo quelle di Livini in un’intervista in risposta all’editoriale di Cronache Fermane: “È ora che i dirigenti alla sanità la smettano di dire che la colpa è della politica in generale o non si capisce come stanno le cose – ha detto Saltamartini –  I dirigenti sono responsabili. Sono aziende che hanno ricevuto finanziamenti e se c’è qualcosa che non va, un fallimento, questo deve essere ascritto ai dirigenti. La politica si occupa di indirizzo, noi non gestiamo le scelte della sanità. Se quest’ultima è disorganizzata a Fermo, c’è una precisa responsabilità dei dirigenti, perchè sono aziende private, quindi con tutti i poteri. Io non mi sono mai inserito,  da quando sono assessore in 5 mesi, nelle scelte tecniche che fanno i dirigenti. Tant’è vero che l’ultima volta, quando si era previsto che per la vaccinazione non fosse stata fatto un centro a Fermo, e si capisce bene qual’è la sensibilità che c’era su Fermo, sono dovuto intervenire io per dire che il centro vaccinazione andava fatto a Fermo, pensa un po’. Se si può immaginare che in una provincia le vaccinazioni non si fanno nel capoluogo. Non lo so io se è una cosa normale”.

Un rapporto sottilissimo di equilibri durato settimane ma che di fronte al paventato provvedimento disciplinare nei confronti di Livini non ha più retto arrivando alla scelta estrema di lunedì scorso.

 

 

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