Ristoranti deserti di sera, meglio a pranzo: rimostranze per il freddo e pochi coperti, il bilancio dalla riapertura

PORTO SANT'ELPIDIO - Nelle due serate appena trascorse, a causa delle condizioni climatiche avverse e del coprifuoco alle 22 molti locali sono rimasti chiusi. «Mangiare al ristornate dovrebbe essere un piacere, invece così è snervante»

 

di Leonardo Nevischi

Dopo 56 lunghissimi giorni, finalmente, anche le Marche sono tornate in zona gialla. Tanto è passato da quel 28 febbraio in cui il presidente regionale, Francesco Acquaroli, aveva comunicato il passaggio in zona arancione e la conseguente chiusura di bar e ristoranti. L’ennesima per un settore, quello della ristorazione, che nell’ultimo anno è stato senz’altro tra i più martoriati dalle restrizioni anti-contagio. 

Da lunedì, però, il nuovo decreto Covid firmato dal Governo Draghi ha consentito la riapertura di bar e ristoranti, introducendo la possibilità di lavorare anche la sera, ma solo per le attività dotate di spazi all’aperto. Un particolare che ha creato diversi malumori tra i ristoratori, anche e soprattutto perché il coprifuoco è rimasto invariato (leggi il nostro servizio in merito). 

Infatti, complice la perturbazione meteorologica di questi giorni, il bilancio delle prime 48 ore di riapertura racconta un esito piuttosto negativo. A Porto Sant’Elpidio visto il freddo e il coprifuoco delle 22 che non ha permesso di cenare tranquillamente, molti locali sono rimasti deserti. «Lunedì sera avevamo una prenotazione di 8 persone per un compleanno, ma considerando le condizioni climatiche avverse alla fine hanno preferito prendere l’asporto ci racconta Jury Piergentili, titolare del ristorante “Le Grottacce” –. A pranzo abbiamo servito una quindicina di coperti ed il bilancio è stato leggermente migliore, ma è stato comunque difficile lavorare con l’incognita meteo. Ieri nel bel mezzo del pranzo ha iniziato a piovere e, paradossalmente, quando i clienti sono andati via è tornato il sereno. Per questo motivo prevedo che anche nei prossimi giorni sarà difficile lavorare la sera, mentre mi aspetto parecchie prenotazioni nei weekend, quando a partire dal primo maggio con l’arrivo del bel tempo la gente avrà maggiore voglia di uscire».

Sulla stessa linea d’onda anche il parere di Ines Cipriani de “Il Veliero”: «Dopo mesi di chiusura le persone hanno moltissima voglia di mangiare al ristorante, ma poi quando si siedono a tavola non vedono l’ora di andarsene a causa del freddo. Noi siamo fortunati perché abbiamo una grande richiesta e nonostante la paura per il Covid stiamo ricevendo tantissime prenotazioni, tuttavia riaprire in queste condizioni non ha senso perché mangiare al ristornate dovrebbe essere qualcosa di piacevole, mentre invece con il freddo non è affatto possibile. È per questo che, nonostante la buona volontà, al momento abbiamo scelto di non rimanere aperti di sera».

Tuttavia, anche per i ristoratori più coraggiosi che hanno scelto di lavorare anche a cena, l’esito non si discosta molto. «Noi abbiamo una veranda aperta: all’interno non vi piove ma è comunque parecchio freddo – spiega Marco Marozzini dell’Osteria “Dal Fosco” –. Lunedì a cena abbiamo fatto una decina di coperti ma già alle 21.30 non vi era più nessuno, mentre ieri sera il meteo avverso non ci ha permesso di lavorare. In questo momento stiamo prendendo le misure: tutto sta nell’organizzarsi e non prendere prenotazioni oltre le 21. Stiamo tenendo duro adattandoci al momento storico che stiamo vivendo, ma non posso dire di essere favorevole a queste restrizioni assurde. Io preferirei lavorare normalmente con l’utilizzo delle mascherine e le regole base di distanziamento: tutto il resto lo reputo superfluo. Il nostro è un ristorante a conduzione familiare che fortunatamente non deve porsi il problema dei dipendenti, ma a livello organizzativo gli interrogativi rimangono. Ad esempio rimane difficile valutare quanta merce ordinare, perché magari ho un certo numero di prenotazioni ma poi le condizioni meteorologiche costringono i clienti a disdire. Così come non so quanto e se mi convenga investire sul ristornate ampliando gli spazi all’aperto, perché non so fino a quando questa situazione potrà andare avanti: può darsi che continui per un altro mese oppure che finisca tra una settimana. Lavorare così è snervante».

È proprio per questo motivo che c’è anche chi, come Stefano Alessandrini di “Trattoria Trentasette”, ha scelto di ricevere un feedback dai colleghi e rimandare l’apertura a giovedì prossimo oppure chi, come Samuele Boldrini, che ha deciso di non riaprire affatto. «Io non aprirò fino al primo giugno – ci ha confessato il titolare del ristorante “Non ti scordar di me” –. Pur avendo moltissimo spazio all’aperto, non sono munito delle strutture di copertura necessarie e le temperature sono ancora troppo rigide: è impossibile con queste regole pensare di far ripartire la ristorazione. Questa è una decisione senza senso ed è una mancanza di rispetto per chi non ha i dehor e per coloro che non si trovano in zone dove il clima consente di stare all’aperto. Per me è come se fossimo in zona rossa – seguita Boldrini spiegando i motivi che l’hanno spinto a non riaprire -. Il ristorante è un’attività che necessita di organizzazione e dovendo lavorare tutti i giorni con prodotti freschi non si riesce a mantenere una giusta continuità. Noi abbiamo anche scelto di non effettuare il servizio di asporto perché significherebbe scendere a compromessi e per me la cucina a casa è ben diversa da quella che proponiamo normalmente all’interno del nostro locale, dunque, prima di adattare il mio ristorante e trasformarlo in una rosticceria, ho preferito stringere i denti. Fino ad ora abbiamo adottato questa politica, ma se questa sarà la realtà del futuro dovremo rimodulare i nostri piani».


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