di Luca Capponi
«A 5 anni dal terremoto si comincia finalmente ad intuire che la ricostruzione – dopo ritardi ed incertezze – è finalmente avviata. Ma non basta ricostruire il vecchio mondo. Bisogna costruirne uno nuovo. Non basta, cioè, riprodurre le forme del passato, all’insegna “del dov’era e come era”, ma immaginare un mondo nuovo che disegni un nuovo rapporto tra uomo e ambiente».
Cita Bennato ed Arminio, pungola la istituzioni sulla realizzazione della Ferrovia Salaria ma soprattutto ricorda le vittime e guarda al futuro in maniera non retorica.
Le parole del vescovo Domenico Pompili risuonano durante la commemorazione in ricordo delle vittime causate dal sisma del 24 agosto del 2016. Nella notte, alle 3,36 in punto, la raccolta cerimonia al parco di Pescara del Tronto, nel luogo dove i corpi venivano deposti durante quelle maledette ore. Sentita, commovente, silenziosa: un elenco di nomi, tra cui anche bambini e ragazzi, che mette i brividi. E tiene ben saldo il ponte con un passato che non va mai dimenticato.
Oggi pomeriggio, poi, la messa nell’area Sae. Presenti tante autorità civili, militari e religiose, tra cui ovviamente il sindaco Michele Franchi, oltre al presidente della Regione Francesco Acquaroli, all’assessore alla ricostruzione Guido Castelli e al direttore dell’Ufficio Speciale Ricostruzione Stefano Babini, al capo della Protezione civile Fabrizio Curcio e al commissario alla ricostruzione Giovanni Legnini. C’era anche, a sorpresa, Diego Della Valle, il primo imprenditore che qui tornò ad investire dopo la tragedia, aprendo una stabilimento della sua Tod’s pochi mesi dopo la prima scossa.
«Non si tratta di un attacco di nostalgia per la dimensione bucolica, ma di un progetto di investimento economico e di sviluppo demografico -continua Pompili nella sua omelia-. In particolare, il mondo nuovo che va creato riguarda un diverso rapporto tra città e montagna. C’è, infatti, un enorme “debito”, penso all’acqua potabile, all’aria pulita, al cibo di qualità, al legno degli arredi, che va onorato per andare verso quella transizione ecologica da tanti auspicata e da pochi realmente cercata. Non si tratta di ricreare nuovi presepi, ma centri arrivi a presidio di un territorio attrattivo per natura».
«Vorrei con franchezza far emergere una proposta concreta che è condivisa da tanti e attesa da tanto -ribadisce-. Sono infatti convinto che il ponte più urgente da costruire si chiama l’Italia centrale, come confermato di recente da Bankitalia, il ritardo di questa parte del Paese è legata alla arretratezza delle sue infrastrutture. Perché non pensare allora a quella “Ferrovia dei due Mari” di cui si favoleggia dalla fine dell’Ottocento? Tenere distanti due mari per qualche centinaia di chilometri è una imperdonabile leggerezza. Per qualcuno sembra una utopia, ma come in una celebre canzone “chi ci ha già rinunciato forse è ancora più pazzo di te”».
Poi Pompili conclude citando Franco Arminio: «Scrive infatti un poeta contemporaneo: “I paesi italiani non sono mai stati tanto interessanti. E i paesi che hanno subito terremoti lo sono ancora di più. Questa diserzione dai paesi è una delle illustrazioni più efficaci dell’idiozia contemporanea. Solo un mondo poco immaginativo e in fondo rassegnato può permettersi il lusso di non vedere che tesoro stiamo sprecando, quante incredibili risorse contiene un paese”».
Note finale: alla doppia commemorazione erano presenti anche tanti volontari che diedero più di una mano durante l’emergenza, su tutti i ragazzi della Protezione civile, e molti dei Vigili del fuoco che scavarono tra le macerie per salvare più vite possibili.
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