di Andrea Braconi
Gustavo Spector ha appena terminato una delle due giornate di formazione allo Zeta Sport Club, alla quale hanno preso parte oltre 30 persone provenienti da Marche e Abruzzo, Bologna, Roma e Perugia. È seduto, all’esterno del bar, insieme al presidente del circolo Francesco Tama e ad un suo collega. Sorride, Spector, perché ancora una volta quello sport che ha scelto come passione e professione ha dimostrato tra i 4 campi della struttura fermana le sue peculiarità: l’aspetto “democratico” e l’inclusività.
Il ct della nazionale italiana di padel, anche responsabile della specifica formazione per la Federazione Italiana Tennis, parte da un aneddoto vissuto al recente World Padel Tour di Cagliari, emblema della forza di questa disciplina sportiva diventata in pochissimi anni un vero e proprio fenomeno mondiale. “Mi si è avvicinato un giocatore, 80 anni. Mi ha detto che gioca 3 volte alla settimana, una con il maestro e due con gli amici, che organizza un circuito con un torneo a squadre, che ha giocato a tennis per 40 anni ma che era arrivato ad un punto che non migliorava più: era sempre più vecchio, sempre più lento, era sempre indietro. Invece a padel sente che ogni giorno qualcosina migliora, è sì più vecchio ma capisce e si gestisce meglio. Allora la vera domanda è: quale sport puoi fare a 80 anni e divertirti?”.
Soprattutto dopo aver affrontato le implicazioni di una pandemia, sempre più gente avverte la necessità di avere una vita salutare, che vuol dire fare attività fisica. “Ma io a 52 anni che posso fare? Giocavo a basket, non posso più farlo. Calcetto? Ci ho giocato tutta la vita e non posso più farlo. A tennis giocavo bene, ma oggi faccio molta fatica, muscolarmente non ci sono più. Quindi, non posso più fare altro”.
E invece… “Se mi metto oggi a giocare a padel, anche contro i più bravi d’Italia, vinco e perdo non importa, ma mi diverto. Non esiste un altro sport simile, dove le differenze fisiche non sono così marcate. Non conosco un altro sport dove giocano così tante donne, forse solo la pallavolo. Nel padel siamo quasi 50-50, e poi giocano insieme.”
Inevitabile, considerata la sua lunga carriera, ripercorre altri episodi emblematici. “Nel 2012 ho messo il primo campo a Milano. Avevo delle signore che avevano iniziato a tennis ma avevano smesso perché difficilissimo. A padel invece giocavano 5 volte a settimana con il maestro, più la partita. Dopo 6 mesi battevano i mariti, che non avevano mai fatto una lezione”.
I primi campi di padel in Italia risalgono al 1991 e al primo mondiale dell’anno successivo l’Italia era presente. “Ma tutto era circoscritto a Bologna, dove erano nate le prime strutture. Io sono arrivato qui alla fine del 2001 e ho seguito l’allora nazionale italiana formata solo da bolognesi. Nel 2008 hanno cominciato a Roma, poi Milano, ma la vera esplosione c’è stata più che altro nella capitale”.
Nel 2013, ricorda il ct, c’erano neanche 15 campi in tutta Italia e meno di 100 tesserati. “Oggi abbiamo perso il conto, dei tesserati, dei giocatori, dei campi. Questo sport è letteralmente esploso. Dal 2016 è stata una crescita molto veloce e il tema del Covid ci ha aiutato perché era uno dei pochi sport che si poteva praticare”.
Nella struttura che per decenni ha ospitato gli appassionati di calcetto, oggi dominano tennis e padel. “A calcetto a volte si vede giocare gente, e lo dico scherzosamente, impresentabile. Lo può giocare chiunque, anche fuori forma, sei in un gruppo di amici, ti diverti. In questo il padel è molto simile ed è molto facile. Arrivi al campo, ti spiegano come è fatta la racchetta, come si fa il servizio e già tu puoi giocare una partita. Basta che ti spieghino le regole, senza fare lezione. Certo, se tu giocavi a tennis hai un vantaggio, ma se lui non ci ha giocato comunque può fare la partita di padel contro di te. Questo nessun altro sport al mondo te lo permette. E il fatto che la racchetta sia una continuazione della mano significa che quasi sempre si arriva vicino alla palla, che la puoi prendere. Inoltre, si gioca in due, quindi significa che gli spazi liberi sono pochi. Con pochi passi riesci a prendere la palla, e quindi non devi essere un super atleta. La distanza da dove sei all’altro campo è breve, massimo 9 metri. E poi ci sono i vetri, che quando tiri forte la palla rimbalza sul vetro e torna. E anche in quel caso la palla arriva vicino”.
Quelli bravi, rimarca, lo fanno ad una velocità. Quelli meno bravi ad un’altra. “Ma alla fine la cosa divertente è che vedi una partita dove c’è comunque una dinamicità”.
Tama, istruttore di padel dal 2015, insieme al fratello Alessandro e ad un terzo socio, Afro Zoboletti, ha puntato fortemente sullo Zeta Sport Club, focalizzandosi su una differente tipologia di clientela. “La nostra è stata una scommessa, rilevando la struttura nell’agosto 2020 dall’ex proprietario Luigi Vesprini, tuttora parte integrante del nostro progetto e per noi una sorta di secondo padre. Ne l976 Luigi aveva acquistato questo spazio, che all’inizio era soltanto una casa ma che per anni ha rappresentato una struttura storica per il tennis ed il calcetto di Fermo e del Fermano. Nel mese di ottobre 2020 abbiamo fatto i primi campi da padel, con riscaldamento a pavimento e con 2 massetti alleggeriti che permettono di avere una situazione più confortevole durante la fase di gioco. Poi, insieme ai campi da tennis, abbiamo sistemato bar, ristorante e pizzeria, per arrivare alla riapertura del 19 dicembre dello stesso anno. Diciamo che il padel ci ha consentito questo investimento su un’area di oltre 25.000 metri quadrati. Abbiamo tolto il calcetto, anche per il crollo della richiesta con il Covid, puntando su altro. È stata una scelta difficile, ma abbiamo intenzione anche di realizzare 2 campi outdoor nella prossima primavera, una spa e farlo diventare un centro polifunzionale che faccia anche recovery and wellness, con ambulatori di fisioterapia, osteopatia, massoterapia e quant’altro. L’Amministrazione comunale ci ha appoggiato sin da subito, in primis il sindaco Calcinaro, consapevole dell’importanza di un rilancio della struttura. Sotto pandemia abbiamo fatto numeri incredibili, in zona arancione abbiamo avuto 400 ingressi, ovviamente senza docce. E questo ci ha fatto capire di essere sulla strada giusta”.
Ma un obiettivo “alto”, come lo definisce Tama, riguarda proprio la formazione. “Vogliamo fare di questa struttura, già affiliata alla FIT, una scuola padel di livello, oltre che organizzare eventi come il prossimo novembre con i regionali indoor. La nostra struttura ha grandissime potenzialità, in questo connubio tra tennis e padel. In queste giornate con Gustavano è stata fatta formazione per istruttori di primo grado. Dopo una parte on line, tra un mese i partecipanti faranno un esame scritto e chi lo passerà farà la prova pratica, nella stessa regione e nello stesso circolo. È così nuovo questo sport che non ci sono così tanti maestri rispetto alla richiesta, quindi dobbiamo lavorare per avere nuove figure”.
“E questa di Fermo – ha chiosato coach Spector – è una struttura perfetta per dare seguito alla nostra attività di formazione”.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati