di Monia Orazi
Cinque anni di terremoto vissuti da dietro le vetrine dei loro negozi, a cercare clienti sempre più rari, in territori montani dove per anni non si è vista nemmeno l’ombra di una gru e dove in questo difficile anniversario, a spazzare via le poche certezze rimaste si è messa anche la pandemia. Graziano Pazzelli gestiva la libreria di Muccia, non si è arreso al sisma ed ha diversificato la sua attività, riaprendola nella zona commerciale dentro ad un container. All’assortimento di libri, ha unito un’attività di bar ed assicurazione, ma ora la pandemia lo sta mettendo in ginocchio e sta pensando di lasciare. Convinto che il diritto al lavoro non possa essere subordinato a nessun permesso, sta attuando quello che lui stesso ha definito lo “sciopero del green pass”. A Camerino sono solo due le attività riaperte in un centro storico, dove per contare i cantieri aperti bastano le dita di una mano, il primo a rientrare nello stesso locale rimasto agibile sin da dopo le scosse, ma circondato dal silenzio della zona rossa è stato Roberto Frifrì, che gestisce la sua attività di bar e ristorazione. Non ha mai voluto lasciare Visso, Alessandro Morani, prima del sisma gestiva un negozio di telefonia, è rientrato nel negozio, il primo ristrutturato nella parte moderna del paese. Ha vissuto per due anni in roulotte, si è improvvisato vigilante, era lui a firmare i lasciapassare quando per due anni il transito verso Ussita e Castelsantangelo, era bloccato dalla presenza dei militari e senza quel documento, nessuno poteva transitare.
Racconta Graziano Pazzelli: «Il green pass ci sta mettendo in ginocchio, io e la mia compagna stiamo pensando di chiudere l’attività. Da un punto di vista economico con il terremoto si va avanti difficilmente, è stato un atto di fede rimanere qua dopo le scosse. In zona rossa potevo venire qua a lavorare, il green pass ci penalizza, abbiamo diritto di lavorare senza essere penalizzati. Sono chiamato a controllare i clienti che si mettono seduti a prendere un caffè o una bibita, violando la loro privacy, io non sono un carabiniere, non mi presto, resto fuori dal gioco. Siamo fortemente penalizzati come bar, i clienti non possono consumare fuori, siamo già nel periodo freddo. Tutto questo ci sta mettendo in ginocchio». Conclude il libraio, che in nome della libertà ha scelto questa singolare forma di protesta: «Siamo consapevoli di essere una piccola goccia nel mare, sicuramente di zero peso politico, ciò che sta avvenendo è di una gravità assoluta, intendiamo lasciare un piccolo segno. Perdiamo delle entrate economiche molto preziose in questo duro periodo, ma che a fronte della perdita della libertà ed il venir meno del diritto al lavoro, sia poca cosa».
Prima del terremoto, il Noè Errante, il locale di Roberto Frifì era il punto di ritrovo di tanti studenti della scuola di italiano per stranieri, oggi è diventato un punto di riferimento per chi transita per le vie del centro, piene di vetrine vuote. Il Noè Errante aveva riaperto al Sottocorte village, ma appena è stata tolta la zona rossa, il ristoratore è tornato nei vecchi locali, salvati dalle scosse di terremoto. «Dopo il Covid sta accadendo l’effetto farfalla, un battito d’ali provoca un ciclone dalla parte opposta del globo, siamo agli inizi di un periodo in cui tante realtà avranno dei problemi – racconta l’esercente – stanno aumentando i prezzi dei carburanti, ci saranno ripercussioni nei trasporti ed in tutti i settori. Spenderemo tutti di più, diventando di conseguenza più poveri e le persone inizieranno a guardare a tutto, ci sarà il momento del risparmio, aspettando tempi migliori. Per qualche anno affronteremo questo periodo di cambiamento epocale, portato dal Covid, un evento che farà da spartiacque tra il prima ed il dopo. Ormai anche per un’attività come la mia, impossibile fare previsioni. Si naviga a vista, occorre attendere come evolveranno le cose». Il timore di Frifrì è che la ricostruzione subisca una battuta d’arresto: «Il superbonus del 110 per cento ha portato ad un notevole aumento ed all’accaparramento di materie prime, non c’è più cemento, il costo del ferro è raddoppiato, il legno è aumentato del 40 per cento, alle ditte non conviene fare impalcature. La ricostruzione di Camerino subirà inevitabilmente un arresto, perché mancheranno le materie prime. Ci sono tante pubblicità che parlano di consegna del cibo a casa, ma per Camerino questa è un’attività improponibile. Fino ad agosto dovevo mandare via venti persone al giorno, per mancanza di posti disponibili, complice il Covid e la pandemia si è vista tantissima gente, per maggio e giugno andavano gli apericena, poi luglio ed agosto abbiamo lavorato con il menù. Adesso è un lusso se si presentano tre, quattro persone a pasto, una decina al massimo la domenica, quando si vede qualche turista. Il mio locale ha costi fissi per 4500 euro al mese, per il futuro regna l’incertezza più assoluta. La pausa dopo agosto è sempre stata fisiologica, ma adesso non so cosa pensare. Sono voluto a tutti i costi tornare in centro, mi ha portato bene perché in estate grazie agli eventi ed alla voglia di uscire della gente, ho lavorato davvero tanto, ma tutto il resto rimane avvolto dall’incertezza».
A Visso è tornato già da tempo nel suo negozio ristrutturato, Alessandro Morani che ha dato il suo nomignolo Sasha all’attività di telefonia, che dopo il sisma è stato un punto di ritrovo, il luogo dove chiedere informazioni, farsi rilasciare il lasciapassare. Racconta Alessandro Morani: «Ho fatto tutto quello che potevo fare per Visso. Qualche cantiere si vede, non dobbiamo essere per forza distruttivi. Questo non giustifica i ritardi accumulati, la complessità nel ricostruire un borgo storico come Visso, obbliga a studi approfonditi su come rifarlo. Visso deve mantenere l’aspetto che aveva prima del terremoto, per non perdere la sua bellezza secolare. Dopo cinque anni siamo quasi pronti a partire con la ricostruzione del centro storico, è stato messo mano a qualche messa in sicurezza. C’è un cantiere anche davanti al mio negozio. Lo confesso, questi cantieri avrei voluto vederli minimo due anni fa, in occasione del terzo anniversario del terremoto. Se non si sbrigano a ricostruire, visto che viene in media un terremoto forte ogni vent’anni, ne faranno due in una, di ricostruzione». A cinque anni dalle scosse, la situazione economica rimane molto difficile, spiega il commerciante: «Per quanto riguarda la situazione economica in estate c’è stato movimento e gente, chi come i ristoranti ed i bar hanno patito per via del Covid, non si possono lamentare. La mia attività invece deve andare avanti ogni giorno, a me manca gente che viva in questo territorio. Il turismo mordi e fuggi non mi aiuta, servono turisti che restino qua diverso tempo. Se le attività di Visso lavorano con i turisti, circola denaro fresco da fuori, di riflesso lavora anche un’attività come la mia. Covid e sisma sono stati un binomio difficile da gestire, speriamo che la ricostruzione parta in modo definitivo, vedere venti, trenta gru, porterebbe sollievo economico».
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