di Sandro Renzi
Solo un mese fa i vertici provinciali della Lega, da quel di Porto San Giorgio, avevano espressamente negato che vi fossero le condizioni per arrivare al giorno delle elezioni provinciali con una lista unitaria ed un candidato alla presidenza che raccogliesse il favore di tutto l’arco costituzionale. A più riprese FdI, che non ha mai disdegnato l’appoggio a Paolo Calcinaro, anche a nome del centrodestra aveva rimarcato di voler strappare la Provincia al Pd. Ed è rimasta coerente fino in fondo, al punto di prendere le distanze a sorpresa dalle altre forze della coalizione bocciando l’ipotesi del mega listone. “Vogliamo la Provincia e vogliamo vincere” tuonavano. Fi e Udc hanno mantenuto invece una posizione più prudente. Stesso copione a sinistra dove il Pd, accantonata subito l’ipotesi di un terzo mandato della Canigola, aveva cominciato a lavorare sommessamente prima dell’estate e, manco a farlo apposta, il nome che per primo aveva iniziato a circolare era stato quello del sindaco di Monte Vidon Combatte, Tano Massucci. L’alternativa rispuntata in extremis dopo il fallimento sul possibile appoggio al primo cittadino di Fermo, suggerito dai Dem ma bocciato dalla sinistra.
Passata anche l’estate, trattative ed incontri si sono susseguiti quasi settimanalmente nel tentativo di arrivare ad una sintesi che fosse, però, quella del centrosinistra da contrapporre a quella del centrodestra. Insomma due candidati, ciascuno appoggiato poi dai piccoli Comuni. A contare, tuttavia, in questa elezione dove i cittadini non sono chiamati alle urne, sono solo i cosiddetti voti ponderati. E quello di Fermo è senz’altro il più pesante. Calcolatrice alla mano, quindi, sembra plausibile che di fronte ad una corsa a due con Massucci appoggiato da Pd ed alleati e il candidato del centrodestra ancora da individuare, il rischio di arrivare ad una parcellizzazione eccessiva o peggio ad uno scontro magari fratricida con conseguente spaccatura del territorio in più fazioni, era fin troppo evidente. Come evidente era il rischio che in una ipotetica sfida tra Massucci e Calcinaro, a subirne le conseguenze sarebbe stata la stessa maggioranza che supporta quest’ultimo. Maggioranza che solo 48 ore prima del colpo di scena, ovvero dell’annuncio di una lista unitaria, aveva chiesto al sindaco Calcinaro di scendere nuovamente in campo anche se a proporsi fosse stato il centrodestra. Ma lui, il sindaco di Fermo, aveva già manifestato le sue intenzioni ribadendo di poter essere solo il candidato di tutti e non di una bandiera. Condizione che non si è verificata. Se è vero che la mossa del Pd aveva spiazzato tutti puntando su Massucci, nel tentativo di sbarrare o quanto meno indebolire la strada proprio ad un accordo centrodestra-Calcinaro, altrettanto ver0 è che il centrodestra a dieci giorni dalla presentazione delle liste non aveva in mano ancora nulla se non il nome del sindaco di Montegiorgio, Michele Ortenzi, che però non aveva convinto tutte le forze della coalizione. Una corsa insomma tutta in salita, con lo spettro di arrivare secondi e nonostante la vittoria a Montegranaro, di non strappare la provincia da sempre in mano al centrosinistra non avendo i voti sufficienti. Di fronte a questo ma non solo, ecco il “compromesso storico” in chiave provinciale. Tutti insieme, o quasi, con una lista ed un candidato Presidente, il sindaco di Montappone Mauro Ferranti. A vincere, si dirà, è il territorio preparato in questo modo ad affrontare le dure sfide che lo aspettano nei prossimi anni. A vincere, in realtà, sono ancora una volta il pragmatismo della politica e la logica dei numeri in un quadro ancora tutto incerto a pochi giorni dalla scadenza dei termini per la presentazione delle liste. E tutto questo quando di pensava già che i giochi fossero chiusi. Invece si torna ai confronti ed alle riunioni. ai summit ed alle telefonare per sciogliere nodi solo apparentemente sciolti.
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