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Mancano medici e posti letto mentre il Covid cresce: Pronto Soccorso tra incudine e martello. Valentino: “Diamo il massimo con quello che abbiamo”

FERMO - Il punto del primario del Pronto soccorso dell'ospedale Murri di Fermo: "al momento in ospedale abbiamo 21 contagiati di cui 9 con la seconda dose inoculata. E pensate che la scorsa settimana i vaccinati positivi erano il 50% dei ricoverati. Quindi non parliamo di soli no vax tra i contagiati. Molti dei positivi sono anziani ma abbiamo avuto anche 50enni. Al Pronto soccorso, al momento abbiamo 7 pazienti di cui un vaccinato. Bene è stato prevedere al nuovo ospedale di Campiglione un Pronto soccorso per Covid e uno 'pulito'"

di Giorgio Fedeli

Immaginiamo una bilancia. Sul primo piatto i lati positivi, ovvero, un’ottima dotazione tecnologica con dei professionisti anche in grado di usarla al meglio. E poi la dedizione e le competenze di quei professionisti, che siano essi medici, infermieri, operatori socio-sanitari. Sull’altro piatto, i lati negativi: pochi posti letto, grave carenza di medici (che ovviamente comporta quei famigerati tempi di attesa non certo piacevoli per i pazienti), una nuova impennata pandemica. Questa, in sintesi, la fotografia del Pronto soccorso di Fermo, guidato dal primario Alessandro Valentino. Ed è proprio con lui che, con i casi di positività al Covid in aumento, è d’obbligo fare il punto sulle condizioni di salute della reparto-porta d’ingresso dell’ospedale Murri di Fermo. “La situazione legata alla nuova impennata di contagi da Covid è decisamente impegnativa. Abbiamo diversi pazienti in attesa del ricovero e abbiamo finito i posti letto. Fortunatamente di questi, solo un paio hanno mostrato condizioni piuttosto preoccupanti. Per ampliare ulteriormente gli spazi riservati ai malati di Covid19 abbiamo occupato anche altri due sale ambulatoriali. Ma andiamo avanti senza mollare, anche grazie all’aiuto che ci arriva dal reparto di Malattie infettive (guidato dal primario Giorgio Amadio), e dalla struttura sanitaria di Campofilone dove possiamo inviare anche dei pazienti direttamente dal Pronto soccorso”.

Ma cosa prevede sul fronte Covid? I contagi crescono

“Prevedo un peggioramento. E dico questo perché con l’avvicinarsi delle feste crescono le situazioni di assembramento. In molti posti le precauzioni vengono completamente disattese. E questo, purtroppo, non fa altro che favorire i contagi. La variante Omicron, oltretutto, ha una grande facilità di trasmissione ma fortunatamente non sembra più infettiva rispetto alle altre varianti. Non voglio essere pessimista, non lo sono. Ma devo essere realista. Per questo motivo sono spinto a pensare che del virus non ci libereremo molto presto. Ed è anche per questo che oltre ai vaccini, che ad oggi sono l’unica arma che abbiamo per combattere il virus, mi auguro che arrivi presto una terapia ad hoc. Purtroppo, infatti, abbiamo constatato che i vaccini aiutano, e non poco, questo è evidente. Ma non sono una panacea. Parlano i dati: al momento in ospedale abbiamo 21 contagiati di cui 9 con la seconda dose inoculata. E pensate che la scorsa settimana i vaccinati positivi erano il 50% dei ricoverati. Quindi non parliamo di soli no vax tra i contagiati. Molti dei positivi sono anziani ma abbiamo avuto anche 50enni. Al Pronto soccorso, al momento abbiamo 7 pazienti di cui un vaccinato”.

L’ospedale di Campiglione in costruzione

Non se ne esce, dunque? Come si fronteggia il virus?

“Sicuramente aver previsto al nuovo ospedale di Campiglione un Pronto soccorso per il Covid, o meglio per pazienti colpiti, in generale, da virus pandemico, e un Pronto soccorso ‘pulito’, due strutture distinte insomma, è una gran cosa. Abbiamo constatato che se prima i fenomeni pandemici si manifestavano ogni 50 anni circa, ora nell’arco di meno anni sono più frequenti: la Sars, l’Aviaria, la Suina, ora il Covid, solo per menzionarne alcuni. Io credo che essere dinamici e modulari nella loro gestione e nell’apportare modifiche anche sulla logistica sia un aspetto positivo. Non dimentichiamoci poi che ora abbiamo anche una Tac che utilizziamo da una settimana. Ci aiuta molto ed evita ai pazienti contagiosi di spostarsi, seppur con tutte le cautele e le precauzioni del caso, in ospedale. Fra pochi giorni, oltretutto, potremmo effettuare anche delle Tac con mezzo di contrasto. Abbiamo nuovi ecografi e respiratori. Insomma dal punto di vista delle tecnologie il nostro Pronto soccorso è messo davvero bene. E, diciamocelo, anche noi sappiamo usarla bene”.

Non per smorzare l’entusiasmo ma andate bene con la tecnologia ma male, per non dire malissimo, sul fronte medici.

“Questo, in effetti, è un grosso fardello. A breve la direzione dovrebbe prolungare il contratto di collaborazione con la Cooperativa che ci fornisce dei medici. Il loro apporto, per noi, è fondamentale. Sono giovani e preparati. E secondo me, stando così le cose, il futuro sta proprio nell’amalgamare le collaborazioni esterne con gli interni”. Anche se queste hanno un costo per la sanità pubblica. “Vero ma bisogna fare di necessità virtù per dare risposte puntuali all’utenza. Sono collaborazioni agevolate dai fondi Covid. Nella medicina d’urgenza ci sarà un concorso ma c’è una domanda di 19 medici per tutta la Regione. Certo, magari qualcuno arriverà da noi ma non sarà comunque sufficiente a colmare il nostro gap”. Passiamo a qualche numero sui medici. E a sentirli c’è da mettersi le mani nei capelli: “Beh quelli della Cooperativa sono una quindicina che effettuano il turn over. Di medici al Pronto soccorso attualmente ne ho 4 su un totale di 22 previsti. Di quelli del 118 12 su 23 previsti”.

Ma perché i giovani medici non si avvicinano più alla medicina d’urgenza?

“I motivi sono diversi, in effetti: che vita facciamo noi della medicina d’urgenza? Non conosciamo festivi, notti, molti di noi devono ‘dimenticarsi’ di avere una famiglia, non abbiamo spazi per la libera professione”. Lui, Valentino, non vorrebbe ammetterlo ma, ad esempio, arriva da due notti nell’arco di una settimana. E le mattine resta in Pronto soccorso. “Ho tappato qualche buco nell’area Covid – taglia corto sulla sua persona – essendo in prima linea, poi, i medici d’urgenza corrono anche rischi di natura medico-legale. Per me la medicina d’urgenza è il lavoro più bello che ci sia ma devo riconoscere che è stressante”. E allora come se ne esce? Maggiori incentivi al medico d’urgenza? Più tutele? “Parlare solo di incentivi è riduttivo. Più soldi quando uno non se li può godere? Che senso ha? Bisognerebbe, invece, a mio avviso, ridare dignità a questa specializzazione. Bisognerebbe evitare gli scontri quotidiani con altre specializzazioni. Il ruolo della medicina d’urgenza deve tornare ad essere prioritario, fondamentale. Basta col pensare che si arriva al Pronto soccorso perché non si è riusciti da altre parti. Chi si avvicina a questa specializzazione, deve avere tutte le garanzie di poter svolgere bene il suo lavoro. E soprattutto vorremmo che i pazienti sapessero che siamo in campo per dare il meglio nell’assisterli”.

Non solo Covid, comunque. Al Pronto soccorso arriva comunque di tutto. Unica porta d’ingresso dell’unico ospedale di una provincia che spesso non brilla per essere la ‘prima scelta’ tra le destinazioni dei camici bianchi.

“Certo, da noi arriva di tutto. E cerchiamo di dare tutte le risposte a tutti i pazienti nel minor tempo possibile. Non siamo la ‘prima scelta’? E allora invertiamo tutti insieme questa tendenza. Per ciò che concerne la medicina d’urgenza stiamo portando avanti la bellissima collaborazione con la scuola di specializzazione dell’Università. Al riguardo, ad inizio dicembre, abbiamo organizzato a Fermo, alla sala dell’ordine dei medici, un convegno di caratura nazionale sulla sepsi, dunque sulle infezioni gravi, a cui hanno partecipato medici di prim’ordine arrivati anche dall’Emilia Romagna (Valentino ne ha curato la segreteria scientifica). Quattro giovani specializzandi, di cui due attualmente impegnati da noi, hanno avuto occasione di esporre le loro relazioni. Altri specializzandi hanno chiesto informazioni su come poter collaborare. E poi, molto importante, abbiamo invitato tutti i primari del Murri. Ecco, questa è la chiave di volta per fronteggiare tutte le difficoltà: collaboriamo, insieme siamo forti, più forti. E perché Fermo non può diventare sempre più punto di riferimento sanitario, anche sul fronte scientifico-culturale? Nonostante il momento difficile che stiamo vivendo, c’è una grande voglia di aggiornarsi, di crescere culturalmente”.

Capitolo infermieri? Stesso ritornello dei medici?

“Da quel punto di vista non siamo messi malissimo. Non abbiamo un grave problema infermieristico. Certo, la caposala è costretta a chiedere dei sacrifici ma reggiamo bene l’urto” anche perché gli accessi sono in lieve diminuzione. “Sì, vero, non abbiamo i numeri di inizio autunno quando gli accessi quotidiani al Pronto soccorso si aggiravano sui 110. Oggi siamo intorno agli 80/90”. Ma ci sono pazienti che attendono anche qualche giorno al Pronto soccorso prima di poter essere ricoverati in un reparto. “Quest’aspetto dipende dalla carenza di posti letto. Sappiamo bene che stare in barella non è certo il massimo ma noi facciamo di tutto per rendere meno gravosa la permanenza in Pronto soccorso dove, sia chiaro, al paziente viene comunque somministrato il trattamento come se si trovasse in reparto. Insomma tutti siamo impegnati, dalla direzione di Area vasta fino all’operatore socio-sanitario, a dare il massimo. La nostra gratificazione più grande sarebbe che il paziente riconoscesse che con i mezzi a nostra disposizione, abbiamo dato il massimo”.


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