di Leonardo Nevischi
Dal caso di Joshua Kimmich, calciatore tedesco del Bayern Monaco al quale il club aveva sospeso lo stipendio in quanto non ancora vaccinato (salvo poi ricredersi dopo che l’aver contratto il virus gli ha causato un’infiltrazione nei polmoni, ndr), passando per quello del cestista Nba Kyrie Irving a lungo lasciato ai box dai Brooklyn Nets per le stesse motivazioni, fino ad arrivare alla nebulosa situazione che sta tenendo banco in questi giorni legata al numero uno del tennis, Novak Djokovic, che rischia di saltare gli Australia Open in quanto non vaccinato. Insomma, all’estero la lista degli sportivi che hanno scelto di non sottoporsi al siero anti-Covid è lunga, ma in Italia da lunedì scorso questo dato potrebbe sensibilmente diminuire.
Infatti, da due giorni a questa parte, il Green Pass rafforzato è stato reso obbligatorio anche per le attività agonistiche all’aperto, senza distinguerle più con quelle che si svolgono in ambienti chiusi. Tale provvedimento, introdotto dall’ultimo Consiglio dei Ministri per cercare di frenare l’aumento dei contagi nel mondo dello sport, pone così alle strette tutti quegli sportivi che ancora non si sono sottoposti alla vaccinazione. Pertanto tutti i calciatori italiani, così come tutti gli atleti impegnati in sport di squadra, per proseguire le loro attività dovranno essere vaccinati o guariti dal Covid-19 negli ultimi sei mesi.
Una decisione che nel mondo del calcio ha creato non poche polemiche, sia nella massima competizione nazionale sia nelle categorie minori. In Serie A, infatti, l’attaccante del Bologna Nicola Sansone ha manifestato il suo malumore sull’obbligo vaccinale affidandosi ad una storia Instagram: “Viviamo in un mondo di m*, dove i diritti umani non contano un c*. Non esiste più libertà di scelta” – ha scritto in maniera decisamente colorita sul suo profilo.
Tuttavia, se da un lato Sansone ha comunque scelto di sottoporsi all’iniezione della prima dose per continuare a svolgere il suo mestiere, dall’altro, invece, c’è chi la pensa diversamente e pur di non cedere è disposto ad abbandonare quella che negli anni è passata dall’essere una semplice passione ad un vero e proprio lavoro. È il caso di Jacopo Stortini, terzino sinistro classe 1998 con un lungo passato nelle fila del Porto Sant’Elpidio e attualmente in forza alla Sangiustese, il quale ha espresso a chiare lettere tutto il suo disappunto per l’ultimo provvedimento introdotto dal Consiglio dei Ministri.
“10 gennaio 2022: non mi viene più permesso di fare l’unica cosa che ho sempre voluto fare da quando ero piccolo – ha esordito il 23enne -. Non mi viene più permesso di giocare a calcio se non mi vaccino. Non mi viene più permesso nonostante io possa dimostrare la mia negatività con dei tamponi, cosa che fino ad oggi ho sempre fatto a differenza di chi si è vaccinato. E dunque perché non mi permettete di giocare? Di continuare a sognare come facevo all’età di 6 anni quando ho preso il pallone tra i piedi per la prima volta? Perché obbligarmi a fare una cosa di cui non ho bisogno per giocare? Perché togliere i sogni ad un ragazzo di 23 anni ma che dentro, quando gioca e si allena, resta sempre il bambino pieno di speranze di tanti anni prima? Perché far sì che tutti i sacrifici fatti in 16 anni di attività siano vani? Mi trovo costretto ad abbandonare il mio lavoro, la mia passione, l’unica cosa che mi rende e mi ha reso felice in questo tempo. L’unica mia valvola di sfogo, l’unico posto in cui mi sentivo uguale agli altri e non meno, come ho sempre fatto. Il mio unico rifugio, il mio posto sicuro. Non mi permettete più di allenarmi e giocare, e la cosa che più mi fa rabbia è che non c’è un motivo valido o una spiegazione per questa vostra scelta. Spiegatemi perché se dimostro la mia negatività non mi viene permesso comunque di essere trattato come tutti gli altri. Mi avete tolto i miei sogni, la mia passione, i miei compagni che sono sempre stati la mia seconda famiglia. Prendetemi pure per scemo, complottista o no-vax ma non mi toglierete mai la libertà” ha chiosato.
Un messaggio che ha trovato sponda in diversi suoi colleghi, ma sebbene sulla questione si stanno studiando delle soluzioni con diversi scenari possibili, al momento, il provvedimento imposto dal Governo per le attività sportive all’aperto non prevede deroghe. L’obbligo vaccinale o la guarigione dal virus negli ultimi sei mesi rappresentano quindi le uniche due strade per poter continuare a praticare sport a livello agonistico.
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