La rimodulazione dell’attività di ricovero, con la pandemia in corso, varata dall’amministrazione regionale, manda in fibrillazione la sanità fermana. In queste ore tra i corridoi dell’ospedale e delle varie strutture residenziali, è iniziata a circolare la delibera 55/2022 con cui la giunta regionale ha rimodulato “l’attività di ricovero in corso di pandemia a seguito del potenziamento della dotazione regionale di posti letto”. E a far scalpore è in particolar modo una tabella, nell’allegato 1 della delibera nella quale viene riportata la distribuzione dei posti letto per ogni fase epidemica di pandemia. Una suddivisione, sì per fasi (di gravità), ma anche per Aree vaste. E qui emergono frizioni, preoccupazioni e maldipancia, soprattutto a leggere i numeri della Fase 3 per l’unica Area vasta, la nostra, che dispone di un solo ospedale, oltretutto dalla doppia veste Covid e no-Covid. Ci si aspettava un alleggerimento del carico di eventuali pazienti affetti dal virus, considerata la scarsità di posti letto e personale, e invece per il Murri nella fase più critica (fatti i debiti scongiuri) la Regione ha previsto 31 posti letto ordinari, 4 intensivi, 50 a Campofilone, 18 all’Rsa di Sant’Elpidio a Mare per i post-acuzie, e 20 all’Inrca.
Sono distribuiti su più strutture, si dirà. Vero ma se quei pazienti ospitati nelle strutture distrettuali dovessero aggravarsi, dove vengono trasferiti? Al Murri, ovviamente. Non è affatto improbabile, infatti, come capitato altre volte che i nosocomi di altre province rispondano “mi dispiace, tutto pieno qui da noi”. Tornando ai numeri dei posti letto per pazienti Covid, indicativo il paragone con le altre Aree vaste confinanti. Nel Maceratese a Civitanova sono previsti 7 posti semintensivi e 5 intensivi, a San Severino 30 ordinari e a Macerata 8 semintensivi. Spostandoci a sud, nell’Ascolano 12 posti letto per ordinari e 6 semintensivi all’ospedale di Ascoli, 10 semintensivi e 5 intensivi a quello di San Benedetto del Tronto, oltre a 20 intensivi nella Rsa di Ripatransone. «Beh di certo non si può parlare di alleggerimento – il commento di due medici in ingresso al Murri – se non altro perché come stiamo messi qui – indicano il nosocomio – con poco personale e posti risicati, sarebbe (il condizionale d’obbligo scaramantico) una missione praticamente impossibile. Ci aspettavamo non un occhio di riguardo ma un trattamento in linea con le nostre reali capacità di intervento».
E’ la stessa delibera ovviamente a definire anche le varie fasi, dalla 1 alla 4. «La disponibilità di posti letto che gli enti del Servizio sanitario regionale dovranno garantire ai fini assistenziali viene distribuita su 4 livelli, in base all’evoluzione della pandemia. Prima Fase: verranno prioritariamente occupati i posti letto di malattie infettive e quelli previsti ai sensi del DL 34/2020. Seconda Fase: si prevede il graduale coinvolgimento dei restanti stabilimenti ospedalieri, cercando di preservare, per quanto possibile, le specialità e l’attività chirurgica dei percorsi puliti, per il rispetto dei tempi di attesa. Terza Fase: si determinerà necessariamente la contrazione delle attività programmate, garantendo in ogni caso le attività non procrastinabili sia ambulatoriali che di ricovero e tutte quelle programmate in ambito oncologico e quelle volte alla tutela della salute materno-infantile. Quarta Fase: in caso di ulteriore incremento delle necessità assistenziali, si valuterà l’opportunità di rendere disponibili i posti letto del “Covid Hospital”, struttura ospedaliera temporanea di interesse regionale, realizzata presso i locali della Fiera di Civitanova Marche, articolata in 6 moduli di 14 posti letto (totale 84 posti letto), di cui 3 moduli di terapia intensiva e 3 di semi-intensiva; l’attivazione di tale struttura sarà in capo agli enti del Servizio sanitario regionale mediante la gestione diretta di singoli moduli di ricovero».
Numeri, quelli previsti per il Fermano, che dovrebbero dare una scossa a chi ancora tace dinanzi agli accorati e ormai ciclici appelli di sanitari, sindacati e cittadini che chiedono a gran voce che accorati si corra in soccorso della sanità fermana, e far riflettere chi prende le decisioni sulla sanità fermana. Due corpi amministrativi, quello locale e quello regionale, ancora troppo distanti. Ma ormai i silenzi sono divenuti assordanti, e spesso ingiusti nei confronti di chi lavora nella sanità e di chi quella sanità la paga e chiede legittimamente risposte con la miglior assistenza possibile. Insomma, senza troppi giri di parole, alla politica regionale, con in testa il presidente Acquaroli e l’assessore alla Sanità, Saltamartini, si chiede di potenziare la sanità fermana, almeno per ciò che le spetta di diritto. Ma in attesa di risposte, almeno di decongestionarla. Alla politica locale, che certo non può esimersi dalle proprie responsabilità di far sentire la sua voce, possibilmente all’unisono. E nel catino ci finiscono tutti, sindaci, presidente e consiglieri provinciali, consiglieri regionali, tutti nei rispettivi ruoli e competenze. E se mai verrà fissata una Conferenza dei Sindaci, anche se il suo presidente Paolo Calcinaro non sembra intenzionato a convocarne una ad hoc nonostante le pressioni dei sindaci di Porto Sant’Elpidio e Sant’Elpidio a Mare, Nazareno Franchellucci e Alessio Terrenzi, il nodo posti letto, punta dell’iceberg dei grattacapi in camice bianco, non potrà certo essere ignorato.
Punta dell’iceberg, sì. Non dimentichiamoci infatti che alla grave ed impattante carenza di personale e di posti letto, nel Fermano si aggiungono dal primo febbraio i problemi al 118: due medici del 118 non sono più in forze nel Fermano. Restano dunque solo in dieci. E ogni Potes (quattro nel Fermano: tre H24 e una H12) richiede 6 medici per coprire i turni. Carenza di personale diffusa, senza alcun dubbio: in ospedale si soffre, dalla Pediatria alla Cardiologia per finire al cuore del problema: il Pronto soccorso dove il gap è così critico che devono arrivare medici da altri reparti per dar manforte ai colleghi della prima linea (oltre a quelli della cooperativa che, pur essendosi rivelati indispensabili, hanno pur sempre un costo per la sanità pubblica, dunque per i cittadini).
Nella delibera viene citata anche una classifica del tasso di incidenza del Covid su 100mila abitanti, nel periodo dal 29 dicembre al 9 gennaio. E proprio dal 3 al 9 gennaio il tasso su 100mila abitanti ha la seguente distribuzione territoriale: provincia di Ancona 1120, Fermo 1028,2, Pesaro-Urbino 403,7, Macerata 576,5 e Ascoli Piceno 946,7 su 100.000.
E intanto arrivano quattro medici per il Pronto soccorso di Civitanova Marche. I medici delle Forze Armate presteranno servizio al Pronto Soccorso di Civitanova Marche «per sopperire alle necessità del momento. Due di loro, appartenenti all’Aeronautica militare, sono arrivati (ieri) e sono già operativi, altri due invece – fanno sapere dalla Regione – inizieranno il loro lavoro domani e si fermeranno per 15 giorni. L’Area Vasta 3 ricorda che nel Pronto Soccorso sono presenti un’area di osservazione Covid, un’area di degenza medica Covid con 6 posti letto e la semi-intensiva Covid che conta 7 letti. E che la situazione nel Pronto Soccorso civitanovese è stata complicata anche dalla non disponibilità di medici, risultati positivi a Covid 19. La Regione ha potuto contare nel mese di gennaio anche su due medici e due infermieri militari per le vaccinazioni in Area Vasta 2, e di un medico e due infermieri per il tracciamento in Area Vasta 3». E l’area vasta 4? Una notizia che ha fatto comprensibilmente storcere il naso, per usare un eufemismo, al Murri.
«L’attuale situazione pandemica – ha affermato l’assessore alla Sanità, Filippo Saltamartini a corollario della notizia dei quattro medici a Civitanova – vede una crescita degli accessi in Pronto Soccorso sia per patologia Covid che per altre cause e questo comporta una gestione diversificata dei pazienti. Il reale problema – prosegue – è che in questi anni i medici del 118, di continuità assistenziale, di base e guardie mediche non sono stati formati. Ringraziamo quindi i militari in arrivo per la disponibilità e tutti coloro che si sono adoperati per la riuscita dell’operazione di supporto».
Il direttore di Av4, Roberto Grinta, nei giorni scorsi, ha comunque rimarcato come nel Fermano tutti i livelli essenziali di assistenza siano garantiti: gli obiettivi iLea, ossia appunto i livelli essenziali di assistenza, definiti a livello nazionale, sono stati tutti raggiunti dall’Area vasta 4 di Fermo. Certo, incontrovertibile. Ma allargando le maglie della disamina e uscendo dai canoni normativi, è difficile conciliare il concetto di ‘rispetto dell’essenziale’ quando, tanto per fare un esempio, al Pronto soccorso si sono registrate attese anche di 100 ore di pazienti su una barella. Le lacune e le carenze, evidenziate a più riprese anche dal segretario regionale Cisl, Giuseppe Donati, restano sotto gli occhi di tutti, e ormai si stanno progressivamente incancrenendo. Carenze che fra 24 ore finiranno anche sul tavolo del prefetto di Fermo che ha accolto la richiesta dello stesso Donati ad incontrare i sindacati. E, sì, alcuni primari del Murri stanno iniziando a guardarsi intorno. Ma purtroppo chi dovrebbe farsi sentire, anzi meglio, passare dalle parole ai fatti, gli amministratori locali per intenderci, sembra essere ancora lontano anche dal semplice profferir parola con un Fermano che, da Cenerentola, rischia di perdere anche la sua bellezza fatta di professionisti dediti al loro lavoro con costante abnegazione, diventando così il Calimero delle Marche.
LEGGI LA DELIBERA 55/2022
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