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Green economy e sostenibilità, Camera Marche al fianco dell’Università di Camerino a supporto delle piccole e medie imprese

CAMERINO - Una convenzione tra Ateneo e Ente camerale con la collaborazione  di Ecocerved (la società che si occupa di servizi amministrativi in campo ambientale) porterà alla creazione di nuovi servizi  e azioni offerte alle Pmi marchigiane  per favorire lo sviluppo di un mercato circolare. Nella prima fase il progetto sarà incentrato sui sottoprodotti nel manifatturiero con focus dedicato al settore tessile/calzaturiero

 

di Leonardo Nevischi

«Mettere a disposizione delle piccole e medie imprese del territorio regionale tutte le competenze dei ricercatori e delle ricercatrici dell’Università di Camerino nei settori dell’economia circolare, dei nuovi materiali innovativi, del riuso e della sostenibilità». È questo il progetto portato avanti da Camera Marche e Università di Camerino all’interno del “Programma sostenibilità ambientale” di Unioncamere e presentato questa mattina presso il Centro Ricerca Universitario di Camerino.

Si tratta di una convenzione tra Ateneo e Ente camerale con la collaborazione  di Ecocerved (la società del sistema camerale che si occupa di servizi amministrativi alle Pmi in campo ambientale) che porterà alla creazione di nuovi servizi e azioni offerte alle piccole e medie imprese marchigiane per favorire e stimolare lo sviluppo di un mercato circolare. Nella prima fase il progetto sarà incentrato sui sottoprodotti nel manifatturiero con un focus dedicato al settore tessile e calzaturiero.

Da sinistra Claudio Pettinari e Gino Sabatini durante la firma dell’accordo

«La transizione green è iniziata e grazie all’accordo che abbiamo firmato oggi con Camera Marche, e più in generale al progetto che abbiamo avviato per il quale ringrazio l’ente Camerale ed il suo presidente Gino Sabatini, saremo pronti a fornire sostegno, servizi ed azioni mirate agli imprenditori che lo richiederanno per far mantenere alta la competitività dell’azienda – ha esordito il Magnifico Rettore dell’Università di Camerino Claudio Pettinari, che poi ha aggiunto -. C’è grande felicità per questo progetto e mi auguro che non si concluda nei due anni per i quali abbiamo firmato nero su bianco ma che sia un progetto che accompagnerà la nostra regione almeno fino al 2050».

«Nelle Marche ci sono decine di aziende eccellenti, con imprenditori illuminati che da tempo credono nella green economy e hanno investito in progetti e tecnologie abilitanti dell’economia circolare – ha proseguito il presidente di Camera di Commercio Marche Gino Sabatini -. Non siamo, quindi, all’anno zero.  Dobbiamo però essere consapevoli della necessità di diffondere questa cultura e lo  dobbiamo fare tanto più oggi che l’Italia – e non solo le Marche – paga più degli altri suoi competitori il fatto che produce pochissime materie prime. Come Camera di Commercio, da un lato dobbiamo favorire e sostenere la ripartenza del sistema economico regionale, soprattutto delle piccole  imprese che sono state quelle che più hanno sofferto e ancora soffrono per  l’impatto della pandemia, dall’altro dobbiamo approfittare proprio di questo momento di reset per favorire una transizione del maggior numero possibile di Pmi marchigiane verso un modello  di economia circolare, che permetta la riqualificazione dei settori e delle filiere  produttive e il riposizionamento competitivo di interi comparti rispetto ai mercati in  un’ottica green. E non è un caso se la prima fase del progetto che presentiamo oggi sarà incentrata  sui sottoprodotti nel manifatturiero, con un focus dedicato al settore tessile e calzaturiero. Il ruolo dell’università e, in questo caso, dell’Università  di Camerino è assolutamente centrale. Questa è una grande opportunità per le nostre imprese e anche per i nostri giovani».

Giorgio Menichelli

A rappresentare sia i bisogni delle imprese sia le risposte che l’Ente camera sta predisponendo ci ha poi pensato il presidente dell’Albo Gestori Ambientali Marche Giorgio Menichelli, il quale ha sottolineato come «sono 5000 imprese iscritte a livello regionale all’interno dell’Albo e sono 5600 le categorie attivate da queste imprese per un totale di oltre 17mila veicoli che tutti i giorni trasportano rifiuti a vario titolo. L’albo ha un’alto elevato grado di efficienza di risposta alle imprese ed è un organo che si è fortemente messo in rete con un sistema di organi di controllo che attraverso l’accesso alla nostra banca dati può svolgere il suo lavoro anche su strada nei veicoli che trasportano rifiuti. Sappiamo che le nostre imprese producono una sostenibilità tacita – ha spiegato Menichelli – e se ci fosse un percorso per farla emergere sarebbe molto importante, anche in funzione degli elementi pubblici legati alla transizione ecologica. Infine – ha concluso – ribadisco che la sostenibilità dell’impresa è fortemente determinata dalla selezione e dalla qualità dei propri fornitori: se un’impresa è inserita in una filiera ecosostenibile riesce a gestire la propria transizione ecologica e ad aprire il fronte con i propri fornitori nel rifornire prodotti compatibili con l’ambiente».

Daniele Bucci

A seguire, in rappresentanza di Ecocerved è intervenuto Daniele Bucci: «Questo è un progetto che consente di accompagnare le imprese in sistemi innovativi – ha dichiarato -. Facendo quadrato in filiera si possono trovare soluzioni di economia circolare realizzando azioni ambientali non di facciata. Il progetto prevede un’assistenza gratuita alle imprese per aiutarle a comprendere se e come poter reimmettere i propri residui di lavorazione in questo circuito virtuosi e inserirsi nel mercato virtuale della domanda e offerta di sottoprodotti con molteplici ricadute: si abbattono i costi di smaltimento e di trasporto che per sottoprodotto è genericamente più basso rispetto a quello rifiuti di circa il 50% – 60%. Le imprese attualmente iscritte nell’Elenco sottoprodotti a livello nazionale sono circa 1.100, tra produttori e utilizzatori: poco più di 40 hanno sede nelle Marche (4% rispetto all’intera Italia). Quasi il 90% del totale degli iscritti svolge un’attività che rientra nei settori primario, manifatturiero, energia e paesaggio1 (Primep); nel dettaglio oltre il 40% delle imprese opera nel manifatturiero e quasi il 30% nel primario, a fronte di quote intorno al 10% per i settori della produzione di energia elettrica e della cura del paesaggio. Nel portale www.ecocamere.it/progetti/marche le imprese disposte a rimettere in circolo i propri scarti di lavorazione si presentano nel mercato a potenziali partner: vale a dire, ad esempio, altre realtà d’impresa che possono avere interesse ad usare sottoprodotti altrui come propria materia di lavorazione.  In questo modo il primo imprenditore trova nel residuo di produzione una fonte di guadagno ed evita che diventi un rifiuto (con gli oneri economici e ambientali che ne conseguono). Il secondo imprenditore trova sul mercato un materiale già lavorato ma ottimamente funzionale nel suo ciclo produttivo; è il principio del second hand: acquista materia fondamentale per la sua attività a prezzi contenuti (il che in questa stagione di caro materiali è particolarmente vantaggioso e opportuno), risparmia i costi e i tempi legati alla gestione di un rifiuto (il sottoprodotto è trattato da prodotto: non finisce nel deposito temporaneo dei rifiuti. Non viene stoccato in cassoni adibiti a rifiuti) e dà vita a un modello di economia circolare».

Prima della firma ufficiale dell’accordo di convenzione tra la Camera e l’Università, è intervenuto anche Francesco Balducci, ricercatore Unicam, che ha sottolineato che «l’obiettivo che noi ci poniamo è essere dei facilitatori per tutte quelle aziende che intendono intraprendere un percorso di innovazione e circolarità. Per far questo dovremmo prendere in considerazione quattro aspetti: conoscere la parte teorica dell’economia circolare, le sue norme, le sue direttive, i suoi strumenti e anche la sua mappatura; misurare ci permetterà di utilizzare gli strumenti dell’economia circolare che già esistono; innovare, inteso come essere aperti e recepire le informazioni sia a livello locale sia internazionale, facendo scouting di nuove start up con idee sostenibili; infine comunicare facendo attenzione a non cadere nel green washing e a valorizzare quello che di buono si è fatto e che di buono si ha con la nostra manifattura».

Nuove sfide per il futuro anche per gli studenti, i quali «attraverso gli insegnamenti universitari acquisiranno conoscenze in ambito chimico-ambientale e saranno pronti a risolvere problemi come individuare fonti di inquinamento, trattare e caratterizzare i rifiuti» – ha concluso la docente di Unicam Rita Giovanetti.


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