di Leonardo Nevischi
Approfondire il ruolo dell’operatore socio sanitario qualificato e dell’integrazione socio-sanitaria per garantire ai cittadini un’efficiente assistenza sul territorio. È stata la cosiddetta “medicina di prossimità” il tema al centro della tavola rotonda organizzata da Ambito Sociale Territoriale XIX, Iis Carlo Urbani di Porto Sant’Elpidio, Ambito Sociale Territoriale XX, Cna Fermo, Acli Marche, Regione Marche e Wega impresa sociale.
Obiettivo portare la sanità di prossimità al centro, ossia l’assistenza sanitaria di primo livello dove vive e lavora il cittadino. Per farlo, assume ulteriore importanza il ruolo dell’oss. Ed a tal proposito cadono a pennello i due corsi formativi organizzati da Wega impresa sociale: uno in provincia di Pesaro-Urbino ed uno a Fermo. «I due corsi sono di 1000 ore di formazione – ha spiegato il presidente Domenico Baratto -. 550 teorico-pratiche con modalità formative attive e partecipative, con lezioni, simulazioni, seminari e sedute tutoriali; mentre 45o ore sono di stage divise in due modalità: da una parte gli ambiti sociali dall’altra quelli sanitari». Questi due corsi coinvolgono complessivamente 40 allievi (in prevalenza donne) di un’età compresa tra i 30 e 60 anni, provenienti da tutte e cinque le province della regione Marche: 16 da Pesaro, 4 da Ancona, 16 da Fermo, 2 Macerata, 2 Ascoli Piceno. Al termine di essi verrà rilasciata una qualifica professionale da operatore socio sanitario.
Un corso, quello di Fermo, dalla duplice valenza, che interseca alla perfezione formazione e lavoro. «Nel 2022 decidere di lavorare nel settore socio sanitario è una scelta di vita sia professionale sia emozionale – ha sottolineato l’assessore alle politiche del lavoro del comune di Fermo, Annalisa Cerretani -. Grazie alla pandemia ci siamo resi conto dell’importanza delle risorse umane e senza gli aspiranti oss questo settore non potrebbe fare determinati percorsi per il futuro».
Una figura, quella dell’oss, che gioca un ruolo fondamentale all’interno del Ssn. «È una figura indispensabile: prima era vista come una presenza ondivaga che girava nell’ospedale ma ora si è inserita a tutto campo con una connotazione specifica all’interno dell’assistenza, sia ospedaliera sia domiciliare» ha commentato Giampiero Macarri, preside del corso di laurea in scienze infermieristiche della Politecnica delle Marche, nonché Direttore del reparto di gastroenterologia ed endoscopia digestiva del ospedale “A. Murri”.
Il corso da oss negli anni scorsi era a pagamento, ma adesso la grande novità consiste nel finanziamento della Regione. «Le Marche negli scorsi anni ha lasciato questa realtà formativa a pagamento per coloro che avevano interesse a partecipare e ad acquisire conoscenze, poi qualche mese fa ho proposto agli assessori Castelli e Aguzzi una programmazione finanziata perché penso che vista l’importanza che l’oss ha acquisito all’interno delle strutture socio sanitarie la regione doveva avere un ruolo più attivo per la loro formazione – ha spiegato Massimo Rocchi, dirigente del settore formazione professionale della Regione Marche -. Abbiamo proposto una programmazione su tutti gli ambiti provinciali. Penso che con l’emergenza sanitaria che abbiamo avuto sia stato lungimirante pensare al potenziamento di questa figura. Con i fondi che vengono dal Pnrr avremo ulteriore disponibilità finanziaria per fare interventi corposi per riqualificare e formare personale».
Il fatto che il corso sia stato finanziato dalla Regione ha dato un ulteriore stimolo a chi in passato rimaneva titubante davanti alla spesa economica da affrontare. Come Angela, una delle future oss presenti in sala, che ha illustrato come «potervi partecipare gratuitamente è stato un incentivo. Mi sento di essere portata a prendermi cura dei più deboli e sarebbe fantastico se ci sarà anche la possibilità di avere un operatore socio sanitario al fianco dell’infermiere o del medico di famiglia e stare in contatto diretto con quelle persone che una volta dimesse dall’ospedale non avranno quella figura che li assisterà da vicino». A raccogliere l’assist ci ha pensato Macarri: «Non è una promessa ma ho la convinzione che questa figura professionale si concretizzerà. Ci deve essere integrazione con l’ospedale: non più uno specialista del territorio dissociato dall’attività ospedaliera ma uno specialista che collabora perfettamente integrato. Ormai si spinge verso la medicina di prossimità vicina al paziente: c’è la necessità di avere dei percorsi che integrano l’aspetto territoriale a quello ospedaliero. Occorre ripensare ad un modello diverso in cui l’assistenza è vicina al cittadino ma senza creare problemi di tecnologia e di casistica».
«I temi della medicina di prossimità, dell’integrazione socio sanitaria, ma sopratutto dell’ idea di essere itineranti e uscire dalle strutture classiche che abbiamo nel territorio sono fondamentali – ha aggiunto Alessandro Ranieri, coordinatore dell’Ambito Territoriale Sociale XIX -. Gli oss possono agire all’interno di tutte le strutture dislocate nel territorio, come residenze protettte per disabili o per anziani, e strutture semiresidenziali. Dobbiamo avvicinare sempre di più gli operatori al territorio e l’oss da sempre ha svolto questa funzione, che non è solo funzione tecnica ma ruolo di raccordo con la famiglia e le istituzioni».
«Forse sarebbe opportuno che la regione rimetta mano alla terza s di oss (ossia specializzato, per diventare una figura di supporto all’assistenza infermieristica e ostetrica)» è stata la proposta conclusiva di Alberto Cutini, assistente sociale presso l’Asur AV4 di Fermo.
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