di Giorgio Fedeli
Posti letto, medici, osservazione breve intensiva, area semintensiva, pazienti in attesa e Covid dell’ultimo momento. Un mix fatale per il Pronto soccorso. Barelle full, attese di ore a tre cifre. Eh sì, non c’è pace per il reparto guidato dal primario Alessandro Valentino che, se da un lato si schiera in prima linea con i suoi medici e infermieri (pochi, troppo pochi, per la verità) per fronteggiare le emergenze, dall’altra si spende per cercare di far passare un messaggio bell’e chiaro, un nuovo modo di concepire il Pronto soccorso non solo tra l’utenza ma anche tra medici e primari dell’ospedale Murri. Quale? Semplice: il reparto porta d’ingresso del Murri può funzionare solo se viene supportato dal resto dell’ospedale e lo stesso ospedale, per essere efficiente, non può prescindere da un Pronto soccorso che lavori al meglio.
Un passo indietro. Non è una novità, certamente, che il Pronto soccorso sia un nervo scoperto da troppi mesi, anni. Lunghe attese, turni del personale saltati a causa del gap sulle risorse umane con una specializzazione, quella della medicina d’urgenza, sempre meno attraente per i camici bianchi in erba, vuoi per i rischi che si corrono vuoi anche per gli orari e la mole di lavoro a cui si è chiamati. E poi c’è il nuovo nodo Covid. La nuova variante, come ricordato ieri anche dal direttore di Av4, Grinta, ha un indice di trasmissibilità più alto rispetto alle precedenti ma una virulenza più bassa. Questo comporta, certo, meno ricoveri in ospedale. Ma a fare da contraltare ci sono i casi scoperti in pazienti che arrivano all’ospedale per altre patologie. E in caso di positività si attiva un iter che certo non contribuisce a decongestionare il Pronto soccorso. Sempre il direttore Grinta, per il Pronto soccorso ha parlato della necessità di pensare a un «modello organizzativo diverso», probabilmente ne serve uno che rivoluzioni completamente il modo di approcciarsi al reparto di Valentino, sia da parte dell’utenza che da parte della sanità.
«I problemi che viviamo? Sono costanti – confessa il primario – mancano medici e posti letto. E il concorso per il Pronto soccorso è stato più deludente del previsto. Dobbiamo trovare il personale per aprire al più presto i letti di osservazione breve intensiva e la medicina d’urgenza con i letti di area semintensiva. A mio avviso al Murri deve cambiare la mentalità: bisogna che tutti i primari capiscano che l’ospedale deve essere al servizio del Pronto soccorso. Esiste infatti, ed è sotto gli occhi di tutti, una stretta relazione, biunivoca, tra il mio reparto e il nosocomio nel senso che il Ps non può funzionare se non viene supportato dal resto del Murri. E che l’ospedale, per essere efficiente, non può prescindere da un Pronto soccorso che lavori al meglio. Sto cercando di far passare questo messaggio» in altre parole, sinergia totale che, però, numeri alla mano, è ancora lontana dall’entrare nella quotidianità dell’ospedale. Basti dire che ieri pomeriggio c’erano 70 pazienti in attesa di essere visitati. Barelle finite, tutte occupate, da inizio mattina. E pazienti in attesa anche da 100 ore per l’impossibilità di essere trasferiti nel reparto di riferimento. Nel mare magnum di criticità, Valentino, però, intravede un dato positivo: «Stiamo recuperando medici per la cooperativa con grande esperienza di Pronto soccorso. Tra poco ci sarà il concorso per la direzione medico ospedaliera (che partirà il 22 aprile). L’attuale si spende come può per aiutarci, si impegna per cercare di aiutare il Pronto soccorso. Ma a volte i problemi sono insormontabili».
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