di Giorgio Fedeli
«Beh all’aperto va bene toglierla ma al chiuso, in luoghi dove vi è particolare aggregazione, la mascherina potrebbe essere ancora una garanzia, una protezione in più contro il Covid», ne è convinto Giorgio Amadio, direttore del reparto di Malattie infettive dell’ospedale Murri di Fermo, ieri ospite al “Di Sera” di Radio FM1 condotto da Roberto Mazzaferro. Una serata al microfono in cui il direttore ha ripercorso le tappe vissute nel suo reparto dall’avvento del Coronavirus per poi, inevitabilmente, lanciare uno sguardo al futuro, all’immediato futuro che vedrà nel primo maggio una tappa fondamentale, quando ossia potrebbe essere tolto definitivamente il Green Pass, e l’obbligo di utilizzo delle mascherine potrebbe registrare una drastica riduzione (si parla dell’utilizzo solo sul trasporto pubblico, cinema e teatri).
Partiamo con un pò di storia del reparto: «Sicuramente va distinta dalla fase pre Covid a quella del Covid – spiega Amadio – certamente tutti i reparti hanno subito il virus, noi in particolar modo. Siamo stati i primi ad essere stati interessati anche perché eravamo quelli più formati a gestirlo e avevamo anche logisticamente le stanze separate, a pressione alternata. Non sono stati anni facili, abbiamo dovuto continuare a seguire anche tutte le altre patologie che, ovviamente, continuavano ad arrivare, garantendo le cure a tutti i pazienti. E’ stata davvero una sfida importante, anche considerando il fatto che nel Fermano abbiamo un solo ospedale, che questo era anche ospedale Covid, e che le Malattie infettive del Murri coprono tutte le Marche sud (gli altri reparti omologhi sono ad Ancona, con la Divisione e la Clinica, e a Pesaro). Credo, comunque, che l’abbiamo gestito bene, grazie soprattutto a un impegno umano davvero incredibile. Nel mio reparto, tutti hanno dato il massimo».
E adesso come è la situazione in reparto? «Ora abbiamo 29 ricoveri di cui 26 Covid. L’età media è di circa 80 anni. Hanno praticamente tutti la terza dose fatta. Ma sono arrivati con patologie diverse e poi è stata riscontrata la loro positività al Covid. Quindi sono venuti nel nostro reparto. Ma fortunatamente non registriamo più forme gravi, e questo grazie al vaccino, non abbiamo più le gravi patologie polmonari che sono costate tante vite». Ora però la variante Omicron si trasmette con molta facilità: «Vero – replica Amadio – è molto trasmissibile ma non si localizza, come la Delta, nel tessuto polmonare bensì nelle vie aeree superiori. La Omicron buca il vaccino? Ma il vaccino ci evita le gravi complicazioni polmonari. Ecco perché è importante la quarta dose soprattutto per gli over 80 e per i pazienti fragili, è un’ulteriore protezione. Vero anche che la Omicron è più ‘benevola’ rispetto alle altre varianti, soprattutto con i vaccinati». C’è chi ormai non conta più i vaccini e inizia a parlare di richiami. «Come succede per gli altri vaccini. Magari saremo chiamati a fare proprio i richiami, magari con vaccini ancor più efficaci ma quello che abbiamo adesso, e i dati sono innegabili, ha migliorato sensibilmente la situazione. Altrimenti a maggio saremmo stati come a maggio dello scorso anno. E quindi eventuali disposizioni più morbide sarebbero state impensabili».
Ecco, appunto, dal primo maggio potrebbero scomparire i Green Pass base rafforzati e le mascherine potrebbero restare obbligatorie nei luoghi chiusi come cinema, teatri, trasporto pubblico: «A questo punto direi che è una buona cosa toglierle all’aperto, andiamo anche incontro alla bella stagione – spiega il direttore di Malattie infettive – Tenerle anche all’aperto mi sembra esagerato. Però in luoghi al chiuso, pubblici, dove si creano assembramenti, sarebbero una garanzia in più, una protezione in più: in un autobus affollato, ad esempio, toglierla non mi sembra una bella idea. Vero che andiamo incontro all’estate ma non dimentichiamoci che il Covid non sta troppo a guardare temperature o disposizioni della politica. Poi noi infettivologi guardiamo all’autunno. Credo che ci arriveremo bene, anche grazie all’ottima percentuale di vaccinati che abbiamo». In reparto come ci si arriverà? «Beh noi siamo autorizzati per 13 posti letto. Nei picchi della pandemia siamo arrivati ad averne 33. Oggi ne abbiamo 30. E, come dicevamo, quasi tutti occupati da pazienti che trovati positivi. Ma se prima venivano col Covid, ora vengono per il Covid anche se le Malattie infettive, se non per l’agente eziologico, hanno poco a che vedere con la gestione della malattia. E’ soprattutto un trattamento pneumologico. All’inizio sono venuti da noi perché giocoforza eravamo i più addestrati a trattare con un virus. E avevamo anche le strutture, come le stanze a pressione negativa. Non dimentichiamoci che noi siamo l’unico reparto di Malattie infettive delle Marche sud. E se siamo pieni non possiamo sostenere le altre Aree vaste. Questo è un problema che va risolto in fretta». Da 13 posti letto a 33 e ora a 30. E il personale? Sempre lo stesso? «Eh si, in sette eravamo e in sette siamo rimasti. Se dovessimo tornare a 13 posti letto, siamo un numero adeguato ma se dovessimo restare sopra ai 13 ci sarebbe bisogno di almeno un altro paio di medici. Ora comunque è stato bandito un concorso. Vediamo come andrà a finire».
Ma quanto sta succedendo in Cina, con una recrudescenza dei contagi, non deve preoccupare? «Io con quello che succede in Cina ci andrei cauto. Innanzitutto non sappiamo con chiarezza cosa accade, non sono sicuro delle informazioni che ci arrivano. Poi sappiamo che loro hanno scelto da sempre la tolleranza zero. Ma soprattutto non hanno fatto una vaccinazione a tappeto come noi, e il loro vaccino è meno efficace del nostro. Mettiamoci anche che hanno un’altissima densità demografica e con la trasmissibilità della Omicron per il virus diventa tutto più semplice. Idem Taiwan, ad esempio, o Corea: non vaccinazioni forti e quindi crescono i casi. Ma la Cina va comunque osservata perché può essere pericolosa per la diffusione di varianti»
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