Da sinistra: il presidente di Cna Fermo, Emiliano Tomassini, il presidente di Confindustria, Arturo Venanzi, ed il presidente di Confartigianato, Enzo Mengoni
di Leonardo Nevischi
Il giorno tanto atteso è finalmente arrivato. Dopo due anni fortemente condizionati dalla pandemia e dall’utilizzo delle mascherine, divenute l’emblema del Covid-19, da ieri è decaduto ufficialmente l’obbligo dell’uso dei dispositivi di protezione individuale in tutti i luoghi al chiuso pubblici o aperti al pubblico. Tra questi, dunque, rientrano anche i luoghi di lavoro. E oggi, dopo la giornata di festa di ieri, primo maggio, si è tornati al lavoro, nelle aziende, nelle imprese, nelle fabbriche, fatta eccezione, ovviamente, per chi anche ieri ha lavorato.
Attenzione però, non stiamo parlando di un “tana libera tutti”, perché l’ordinanza firmata il 28 aprile dal ministro Speranza ha regolato l’uso delle mascherine lasciandole obbligatorie sino al 15 giugno per l’accesso ai mezzi di trasporto, ai palazzetti sportivi, ai cinema, ai teatri, agli ospedali e alle Rsa. Insomma – sintetizzando – resterà l’obbligo di indossarle esclusivamente in tutti quei luoghi chiusi dove è maggiore il rischio di contagio. Ma le novità non sono finite qui, perché il primo maggio segna un cambio di fase anche per il Green Pass, che non sarà più richiesto per viaggiare, sedersi al tavolo di un ristorante o assistere ad uno spettacolo all’aperto.
«Non abbiamo ancora sondato tutti i nostri iscritti, ma la sensazione che sta andando per la maggiore è quella di liberazione – ha confessato Emiliano Tomassini, presidente della Cna Territoriale di Fermo -. Il Governo ha lasciato il libero arbitrio e non sta a noi indicare agli associati come comportarsi. È una scelta individuale, ma sicuramente questo passo in avanti rappresenta una semplificazione per le aziende, soprattutto perché negli ultimi due anni caratterizzati dalla pandemia hanno sempre rispettato le regole, adeguandosi a tutti i protocolli sanitari. Tuttavia secondo me molti dipendenti, in maniera autonoma, ovvero senza una reale imposizione dei titolari, continueranno ad indossare le mascherine. Non mi sorprenderebbe tale prudenza».
Prudenza è anche la parola chiave scelta dal presidente di Confartigianato, Enzo Mengoni: «La previdenza non è mai troppa. Io ad esempio indosso la mascherina anche nei luoghi all’aperto, qualora questi risultino affollati. Secondo me togliere le mascherine nei luoghi chiusi è prematuro, soprattutto nell’eventualità in cui il personale si trovi a contatto con il pubblico senza barriere o in stanze in comune con uno o più lavoratori. Tuttavia non è stata adottata una linea comune condivisa con i nostri associati, pertanto ogni azienda ha libera scelta di imporsi o meno sull’obbligo della mascherina. Da quello che ci risulta, però, nessuno vuole assumersi la responsabilità di prendere una tale decisione a scapito dei propri dipendenti. La gente ormai si è stancata ed è comprensibile».
Di tutt’altro avviso, invece, Arturo Venanzi: «Ormai indossare la mascherina è diventata un’abitudine – ha sottolineato il presidente di Confindustria -. Nei nostri associati abbiamo riscontrato l’intenzione di voler proseguire con l’utilizzo delle mascherine, ma non ci sarà nessuna imposizione da parte delle imprese: sarà solo una raccomandazione, poi a prevalere sarà il buon senso. Attenersi alle regole può rappresentare anche un segnale di attenzione nei confronti dei clienti».
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