di Loris De Santis
Il complesso rapporto tra il sovraindebitamento e le esecuzioni forzate individuali in corso al momento dell’apertura della procedura concorsuale
L’emergenza socio-economica determinata dalla pandemia e protratta con lo scoppiare della guerra, ha acceso i riflettori sulle difficoltà dei consumatori e delle famiglie. Molto spesso il disagio economico si traduce in un vero e proprio sovraindebitamento. L’incapacità di adempiere le obbligazioni produce i suoi effetti più deleteri proprio nel contesto dei nuclei familiari, costretti a fare i conti con una cronica insostenibilità degli impegni mensili e di quelli connessi alla vita quotidiana. Quasi sempre nelle famiglie i debiti mostrano, tra l’altro, una matrice comune, che si collega ora al mutuo per l’acquisto della casa di abitazione, ora ai finanziamenti per l’auto, ora alle rette per gli studi universitari, ora all’escussione della garanzia rilasciata da un familiare a sostegno dell’attività intrapresa dall’altro e che abbia prodotto risultati ben peggiori di quelli sperati.
Per far fronte a queste problematiche la legge 27 gennaio 2012 n. 3 sul sovraindebitamento, ed in particolare nella disciplina relativa alla liquidazione dei beni del debitore, procedura, quest’ultima, prevista dagli artt. 14-ter e seguenti, non troviamo alcuna norma che consenta ai creditori di dare impulso alla procedura. La liquidazione, infatti, può essere attivata soltanto dal debitore sovraindebitato, a meno che non si verifichi un evento patologico (annullamento, risoluzione, revoca, cessazione degli effetti) in relazione all’accordo di composizione della crisi o al piano del consumatore. Salvo le predette ipotesi eccezionali, dunque, che determinano l’eventuale conversione della procedura in liquidazione, su impulso di uno dei creditori, la liquidazione può essere attivata soltanto su iniziativa dello stesso debitore in via diretta.
Infatti, l’esecuzione individuale, in relazione al sovraindebitamento, assume una duplice funzione: procedura finalizzata al recupero del credito, ma anche strumento di sollecitazione nei confronti del debitore, affinché quest’ultimo possa dare impulso alla liquidazione o alle altre procedure di composizione della crisi. In tale quadro, appare coerente l’avvertimento relativo alle procedure da sovraindebitamento che il nuovo art. 480 comma 2 c.p.c., modificato dall’art. 13 d.l. 83/2015, prevede come obbligatorio all’interno dell’atto di precetto: «Il precetto deve altresì contenere l’avvertimento che il debitore può, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore». Tale avvertimento, pertanto, rappresenta al debitore la possibilità di ricorrere alla legge n. 3/2012, in primo luogo, per bloccare l’esecuzione minacciata dal precetto. Tale possibilità pare essere consentita anche qualora il procedimento richiesto dal debitore è la liquidazione dell’unico bene posseduto dal medesimo qualora si tratti di un immobile sottoposto ad esecuzione forzata e già messo in vendita, purché non sia intervenuta l’aggiudicazione ed il pagamento del saldo prezzo.
Quali sono, dunque, per il debitore, le tutele offerte dalla legge sul sovraindebitamento in relazione alle esecuzioni che potrebbero iniziare o che sono già pendenti?
Il divieto delle esecuzioni individuali nella legge n. 3/2012: aspetti sostanziali e processuali.
In fase di apertura della procedura da sovraindebitamento, al debitore è consentita l’attivazione di un procedimento cautelare atipico e basato esclusivamente sul fumus bonis iuris rappresentato dalla sussistenza dei presupposti di ammissibilità (il periculum in mora deve reputarsi presunto). Il divieto delle esecuzioni individuali nella disciplina del sovraindebitamento, tuttavia, non è assoluto, ma prevede alcune eccezioni, a seconda della procedura incardinata dal debitore, per cui abbiamo due diversi livelli di tutela. Le procedure dell’accordo di composizione della crisi ex art. 7 e della liquidazione ex art. 14-ter prevedono il blocco automatico di tutte le azioni esecutive (c.d. automatic stay). Viene riprodotta, in sostanza, la regola generale prevista in materia di concordato preventivo dall’art. 168 l.f., ai sensi del quale «Dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore». L’unica differenza riguarda il momento di attivazione dell’ombrello protettivo, che nella legge n. 3/2012 è posticipato al decreto di apertura della procedura.
Per quanto riguarda l’accordo, la norma di riferimento è l’art. 10 comma 2 lett. c). Con il decreto di ammissione e di fissazione dell’udienza il giudice «dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali né disposti sequestri conservativi né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo, da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore; la sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili». Il medesimo effetto automatico lo ritroviamo nella liquidazione, atteso che, ai sensi dell’art. 14-quinques comma 2 lett. b), il giudice, con il decreto di ammissione e di fissazione dell’udienza «dispone che, sino al momento in cui il provvedimento di omologazione diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni cautelari o esecutive né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio oggetto di liquidazione da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore».
Si applica l’art. 41 TUB nell’ambito delle procedure da sovraindebitamento?
Nella prassi accade spesso che si ricorra alle procedure da sovraindebitamento in presenza di un’esecuzione immobiliare già pendente, talvolta in fase avanzata (ad esempio già in fase di vendita delegata). In questi casi emergono alcune criticità, in quanto non c’è coordinamento tra la disciplina del sovraindebitamento e le altre leggi (legge fallimentare, codice di procedura civile, testo unico bancario, ecc.). Una prima questione riguarda il subentro del liquidatore nella procedura esecutiva immobiliare ed in particolare l’eventuale applicazione, in queste ipotesi, dell’art. 41 TUB. La questione è stata affrontata recentemente dal Tribunale di Modena, il quale ha escluso l’applicazione della norma sopra richiamata nell’ambito delle procedure da sovraindebitamento.
L’eventuale aggiudicazione dell’immobile può essere revocata in caso di apertura della procedura da sovraindebitamento?
La questione è stata affrontata recentemente dal Tribunale di Potenza. Secondo il Tribunale, in virtù del principio della intangibilità dell’aggiudicazione, che trova fondamento nell’art. 187-bis disp. att. c.p.c., l’aggiudicazione rimarrebbe valida e il giudice dell’esecuzione dovrebbe emettere il decreto di trasferimento, dopo il pagamento del prezzo. Ovviamente, in caso di omologazione del piano, il prezzo che verrà pagato non potrà essere assegnato al creditore procedente, ma andrà a beneficio di tutti i creditori.
Il complesso di norme introdotte, pur di non semplice ed immediata attuazione, rappresenta una spinta risolutiva delle procedure esecutive che attagliano le famiglie sovra indebitate ed oggetto dell’esecuzione sulla prima casa. Essa, se adeguatamente applicata, avrà effetti diretti sul meccanismo del “fresh start” su cui, in materia di sovraindebitamento, il legislatore è ampiamente intervenuto nella riforma dello scorso dicembre.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati