«Il Governatore Acquaroli vinse le ultime elezioni regionali, giocando le sue carte, alla grande, sulle macerie lasciate, in campo sanitario, dall’ex giunta Ceriscioli. Comitati locali, in difesa della sanità e degli ospedali, lo votarono in massa. Anche noi, dopo averlo ascoltato in una pubblica assemblea a Montefortino, dove pronunciò convincenti parole per un’immediata ripresa dei servizi sanitari montani e per la riapertura degli ospedali chiusi, fummo folgorati sulla via di Damasco e lo votammo convintamente, come, probabilmente, stante la residua fiducia che abbiamo nei suoi confronti, ancora rifaremmo. Quanto detto, però, non ci esime dall’esternare un malcelato dissapore nei confronti della Regione per come stanno procedendo le vicende sanitarie che ci riguardano un pò tutti». Sono le parole di Riccardo Treggiari, ex sindaco di Amandola, che, in una lettera aperta torna a far sentire la sua voce sulla sanità montana.
«Sono trascorsi quasi due anni, ma tutto è rimasto come prima e, in qualche caso, vedi Amandola e zona dei Sibillini che conosciamo più da vicino, la situazione è addirittura peggiorata. I Comitati, delusi ed inascoltati nelle stanze dei bottoni, sono sul piede di guerra e c’è già chi, non a torto, invoca la possibilità di ripetere quella riuscitissima manifestazione di protesta sotto le finestre di Palazzo Raffaello. E, all’epoca, sotto quelle finestre, a manifestare con noi, c’era anche un attuale assessore regionale, che stimiamo molto, ma che, una volta insediatosi, sembra aver dimenticato anche lui i motivi che mossero la nostra protesta. E veniamo alla nostra zona montana. Siamo in pieno deserto sanitario. L’ospedale nuovo è in costruzione, per il suo completamento passerà ancora qualche anno e, comunque, anche quando sarà completato, bisognerà pur metterci qualcuno e qualcosa dentro. Ma, soprattutto, che cosa sarà? Non è accettabile che si giochi sulle parole e sulle definizioni del nosocomio. Sappiamo tutti che Amandola, in base a quanto detta il decreto Balduzzi, sarebbe l’unico centro, nelle Marche, ad avere le caratteristiche per essere sede di un “ospedale in zona disagiata”; questo significa avere un nosocomio con reparti, diretti da un primario, di Medicina, Chirurgia, ancorché ridotta, laboratori e, soprattutto, un Pronto Soccorso nelle ventiquattro ore, con tanto di anestesista e chirurgo dedicato: purtroppo per noi, dalle prime avvisaglie, non sarà così. Non voglio scendere nei tecnicismi e gli addetti ai lavori mi perdoneranno per il linguaggio poco tecnico, ma, sicuramente comprensibile. I posti letto riservati ad Amandola, tredici di Medicina e cinque di Day Surgery, non giustificano la presenza di un primario e, senza dirigenti di questo livello, il cosiddetto ospedale può essere solamente una dépendance del Murri di Fermo; la retrocessione del Pronto Soccorso a Punto di Primo Intervento la dice tutta sulla qualificazione dello stesso nosocomio. La cosa che ancor più ci preoccupa è che Amandola è rimasta da sola a rivendicare quel diritto; in verità, a farle compagnia, tirata per i capelli dall’ex giunta Ceriscioli, c’era anche la pesarese Pergola che, malgrado non rientrasse pienamente nei parametri del Balduzzi, fu inserita a far coppia con Amandola. Oggi, però, la situazione è completamente cambiata; Pergola sembrerebbe essere stata addirittura promossa ad ospedale di base, con la presenza di Chirurgia, Medicina, Ortopedia, in un recinto ben protetto a completamento della rete ospedaliera con Pesaro, Fano ed Urbino. E Amandola? Sedotta e abbandonata come don Falcuccio. Attendiamo smentite che possano tranquillizzarci sulla presenza almeno dei…minimi sindacali, ma, in tutta sincerità, ci crediamo poco».
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