di Andrea Braconi
Un fallimento annunciato. I 5 referendum sulla giustizia voluti da 9 Consigli regionali guidati dal Centrodestra non hanno raggiunto l’obiettivo quorum, fermandosi ad un’affluenza inferiore al 21%. Un risultato addirittura peggiore del referendum del 2009 sulla legge elettorale, che si fermò al 23%.
In una domenica di election day, l’andamento del voto sui referendum si era già delineato intorno alle ore 12, quando meno del 7% degli elettori aveva scelto di recarsi ai seggi. Alle ore 19 la conferma del trend negativo, con una rilevazione intorno al 15%. E a urne chiuse, dopo le ore 23, l’inequivocabile verdetto, un 20,9% (nelle Marche il 20,7% mentre nel Fermano un 24,6%) che sancisce il fallimento dei promotori dei 5 quesiti referendari ammessi dalla Consulta:
1. Abrogazione del Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi.
2. Limitazione delle misure cautelari: abrogazione dell’ultimo inciso dell’art. 274, comma 1, lettera c), codice di procedura penale, in materia di misure cautelari e, segnatamente, di esigenze cautelari, nel processo penale.
3. Separazione delle funzioni dei magistrati. Abrogazione delle norme in materia di ordinamento giudiziario che consentono il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa nella carriera dei magistrati.
4. Partecipazione dei membri laici a tutte le deliberazioni del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari. Abrogazione di norme in materia di composizione del Consiglio direttivo della Corte di cassazione e dei consigli giudiziari e delle competenze dei membri laici che ne fanno parte.
5. Abrogazione di norme in materia di elezioni dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura.
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